Cattolici e Resistenza non è tema particolarmente frequentato. Eppure l’ora che stiamo vivendo chiede di considerare con attenzione quella stagione che inizia dopo l’8 settembre 1943 con l’annuncio dell’armistizio: un periodo segnato dal disorientamento delle forze armate, dall’entrata in clandestinità dei politici, dalla nascita di gruppi che salgono sulle montagne, dalla lotta armata, dalla guerra civile che si protrae, soprattutto nel Nord del Paese, fino all’aprile 1945 (Ribelli per amore fa parte del dossier di Segno nel mondo dedicato al 25 aprile, da oggi con Avvenire).
Superare l’oblio e la rimozione
La memoria delle vicende che hanno caratterizzato quella fase della storia italiana ha conosciuto una singolare evoluzione: la Resistenza è divenuta “proprietà” prevalente di una sola parte politica ed è stata, per così dire, ideologizzata. Inoltre, il principale partito di governo,
la Dc, per favorire un sostegno ampio che veniva anche dalla fascia di popolazione che aveva dato il consenso al fascismo, non ha bilanciato quella appropriazione. Dopo un progressivo dissolversi della memoria e un revival negli anni della contestazione (con parole d’ordine co-me “ora e sempre Resistenza”), si è tornati all’oblio, motivato anche dalla necessità di ricomporre il Paese frammentato e di favorire una sorta di pacificazione.
Ma il futuro non può che essere costruito sulla conoscenza e condivisione delle pagine fondative della storia nazionale, in primis di quelle che hanno portato alla Costituzione nata con il contributo determinante dei cattolici.
Di qui la necessità, in una stagione nuova, di evitarne la rimozione e di conferire alla Resistenza il giusto rilievo tra gli elementi portanti dell’identità repubblicana e costituzionale, come contributo alla convivenza pacifica.
Resistenza e carità: la memoria dei ribelli per amore
Per i credenti la Resistenza ha una radice quasi paradossale: non nell’odio, nell’ideologia, ma nell’amore di patria, che secondo una visione teologica, è capace di essere provato dalla persecuzione. Certo, è risposta alla violenza del potere, è lotta contro l’ingiustizia e per la libertà, ma si esprime in un modo diverso, non dimentica le esigenze della fraternità.
Non coltiva l’odio né ama la violenza, ma comprende come la libertà debba essere difesa, anche con le armi, vivendo in proposito una lacerante tensione interiore. Fare memoria dei giovani che hanno saputo scegliere, in quei frangenti, di stare dalla parte della libertà, di creare le premesse per un futuro libero e solidale, può aiutarci a ricostruire una memoria condivisa.
Per farlo dobbiamo avere una visione ampia di quella fase storica. La presenza dei cattolici nella Resistenza non sta solo nella partecipazione alla guerra partigiana, ma anche nel più vasto movimento morale che portò migliaia di uomini e di donne (si pensi alle staffette partigiane e tra queste a Tina Anselmi) a opporsi alla guerra, così come alla dominazione straniera e a maturare il distacco progressivo da un diffuso consenso al regime.
I cattolici si spesero in una fattiva solidarietà
Come per tanti italiani, anche per i credenti il passaggio attraverso cui si forma e matura la presa di distanza dal regime è la guerra con i suoi lutti e distruzioni. La Chiesa e i cattolici si spesero, infatti, in una fattiva solidarietà, promuovendo preghiere per la pace, perché cessasse «l’immane flagello»: un atteggiamento letto dalle autorità del regime e della Rsi come disfattista. Lo sfollamento, cioè il massiccio e forzato esodo delle popolazioni civili, offrì alla Chiesa, al clero, ai cattolici un’occasione per “prendere parte” alle vicende nazionali, fu un’occasione di solidarietà e di carità vissuta con generosità da parte della struttura territoriale della Chiesa: parrocchie, conventi, circoli cattolici, una rete che non si era disgregata e costituiva anzi, in quei mesi, uno dei pochi riferimenti possibili per la popolazione.
Una Resistenza morale e solidale quindi, che prende parte alla guerra partigiana e che la affianca, la sostiene in vari modi, che allunga lo sguardo verso il periodo della Ricostruzione in cui si tratterà di dare un nuovo ordinamento allo Stato.
Costruire una convivenza pacifica e un’ethos condiviso
Per tanti il richiamo alla Resistenza suona oggi come qualcosa di lontano, di anacronistico. Un ricordo sfocato e polveroso. Così però non è. L’eredità di quella stagione sta nella capacità di incontro tra culture diverse, fino alla costruzione di un ethos condiviso. In una prospettiva di pace di cui l’articolo 11 della Costituzione è garanzia; così come l’esperienza drammatica della guerra ha costituito il vero collante espresso dall’imperativo: «mai più la guerra!»
Le biografie resistenti
Tanti, anche in Ac, hanno sacrificato la vita per questo ideale: da Alberto Marvelli a Gino Pistoni, da Leda Bevilacqua a Odoardo Focherini… – si veda l’articolo che parla del progetto “Biografie resistenti” a cura dell’Isacem, con alcuni profili biografici messi in risalto. Si tratta di giovani che non avevano una formazione politica specifica ma che nell’associazione avevano appreso il senso della vocazione cristiana e di un amore condiviso.
Furono, questi laici e sacerdoti, 1.481 ribelli per amore (fonte: Archivio Isacem). Storie di vita che ci dicono l’importanza della formazione cristiana e il valore di crescere in associazione nell’amore per i fratelli e chiedono di essere all’altezza delle difficoltà del presente e del compito, che ogni generazione ha, di costruire il futuro.
La Resistenza costituisce un monito morale per la coscienza di ciascuno, per la vita politica della democrazia italiana e far crescere una visione europea e internazionale non ristretta nei sempre angusti confini nazionali ma aperta all’accoglienza e all’integrazione, dove sia possibile vivere nella pace, faticosamente conquistata anche con le morti e il sacrificio di tanti.