28 giugno 2025: l’accessibilità digitale entra ufficialmente in azienda - Noetica

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Segnatevi questa data: il 28 giugno 2025 entra in vigore anche in Italia l’European Accessibility Act (EAA). Si tratta di una vera e propria svolta per i servizi digitali che, da quel giorno, non potranno più permettersi di escludere nessuno. La normativa europea, infatti, impone alle aziende di garantire l’accesso ai servizi digitali anche ai soggetti con disabilità, siano esse visive, uditive, motorie o cognitive.

Se sei un responsabile marketing o lavori nel reparto IT di un’azienda, questo è un tema che ti riguarda da vicino. Perché non si tratta solo di “essere a norma”, ma di fare in modo che il tuo sito, la tua app, il tuo e-commerce e molti altri servizi a disposizione dei consumatori siano davvero accessibili a tutti. Tradotto: più persone che possono usare i servizi digitali, più utenti soddisfatti e più awareness per la tua impresa.

Avevamo già parlato di questo argomento qualche mese fa, anticipando i contenuti di questa normativa e concentrandoci sull’aggiornamento delle linee guida WCAG 2.2, che stabiliscono i requisiti tecnici per rendere i contenuti web più accessibili alle persone con disabilità. Oggi torniamo su questo tema per riflettere sull’impatto che questa direttiva europea avrà su touchpoint digitali, aziende e addetti ai lavori.

Cosa cambia per le aziende italiane con l’European Accessibility Act?

In Italia l’European Accessibility Act si affianca alla normativa esistente, la Legge Stanca che, già nel lontano 2004, stabiliva obblighi di accessibilità per i siti web e i servizi online della Pubblica Amministrazione.

Con l’entrata in vigore dell’EAA questi obblighi si estendono anche al settore privato e si applicano a molti più prodotti e servizi digitali come, ad esempio, bancomat, casse automatiche e molti altri touchpoint digitali impiegati dalle aziende italiane per comunicare con i propri clienti. Si preannuncia, quindi, una rivoluzione che avrà impatti soprattutto sulle realtà BtoC che dialogano direttamente con i consumatori e sul settore bancario, trasporti, GDO e sul mondo dell’e-commerce.

Al momento restano escluse dagli obblighi dell’European Accessibility Act le microimprese con un fatturato inferiore ai 2 milioni di euro e fino a 10 dipendenti.

Ma attenzione: la direzione tracciata da questa normativa è chiara e, anche se la tua azienda oggi non è soggetta a questi obblighi, dovrebbe iniziare a familiarizzare con i requisiti richiesti, almeno per quanto riguarda il sito web aziendale. Prepararsi adesso, infatti, vuol dire arrivare pronti di fronte ad un obbligo futuro e magari essere un passo avanti rispetto ai competitor.

Cosa vuol dire avere un sito accessibile?

Il sito internet aziendale resta ancora oggi uno degli strumenti più importanti nella comunicazione digitale della maggior parte delle imprese. È per questo che abbiamo scelto di concentrarci proprio su questo canale strategico e di approfondire cosa significa rendere un sito “accessibile”.

Un sito accessibile è, prima di tutto, un sito ben progettato che rispetta standard tecnici precisi (le già citate WCAG 2.2) ed è facilmente utilizzabile anche da chi non può usare il mouse e naviga solo tramite tastiera, da chi si affida a tecnologie assistive (come gli screen reader) o da chi ha difficoltà visive, uditive o cognitive.

Ma l’accessibilità non è solo una questione di codice. Vuol dire garantire anche un buon contrasto tra i colori, usare caratteri leggibili, inserire testi alternativi per le immagini ed evitare elementi che ostacolino la navigazione. Significa anche curare i contenuti: testi chiari, comprensibili e strutturati in modo da non disorientare l’utente.

Per questo motivo l’accessibilità coinvolge diverse figure professionali – sviluppatori frontend, UX designer, specialisti SEO, team marketing e copywriter – ed è, a tutti gli effetti, un lavoro di squadra.

Cosa rischia chi non si adegua all’European Accessibility Act?

Le aziende inadempienti rischiano sanzioni fino a 40.000 euro e, in caso di reiterazione, una multa fino al 5% del fatturato annuo e, inoltre, danni reputazionali e perdita di opportunità commerciali.

Il termine chiave è il 28 giugno 2025: i siti pubblicati dopo questa data devono essere già conformi. Quelli già online ma non aggiornati strutturalmente possono avere più margine, ma chi aggiorna o rinnova il proprio sito rientra a pieno nel nuovo obbligo. Ecco perché è così importante approcciarsi al cambiamento normativo nel modo giusto…

3 consigli pratici per affrontare il cambiamento imposto dall’European Accessibility Act

Come avrai capito, l’accessibilità non è un processo che si può improvvisare e richiede un lavoro congiunto e una visione strategica condivisa tra marketing, IT e comunicazione.
Per aiutare la tua azienda a muovere i primi passi nella direzione giusta, abbiamo raccolto alcuni consigli pratici che possono fare davvero la differenza: azioni concrete, spesso semplici da implementare, che permettono di iniziare a lavorare (bene) sull’adeguamento del tuo sito alla normativa EAA.

1. Prevedi un audit tecnico

Il primo consiglio è quello di affidare ad un team specializzato un audit tecnico volto a identificare eventuali problemi e pianificare un percorso di adeguamento agli standard WCAG 2.2.

2. Pubblica sul sito una dichiarazione di accessibilità

Concluso l’audit, inserisci nel footer del tuo sito una dichiarazione chiara per spiegare all’utente cosa è accessibile, cosa no e come segnalare eventuali problemi. È un piccolo gesto, ma trasmette trasparenza e volontà di fare le cose per bene.

3. Evita scorciatoie e pensa all’accessibilità by design

I plugin che modificano l’aspetto del sito (widget overlay) non sono conformi alla normativa e non risolvono le vere criticità del tuo sito. Ti consigliamo, quindi, di non cercare scorciatoie né compromessi, e di mettere in conto una progettazione che non dovrà prescindere da un’accurata attività di UI e UX Design.

L’accessibilità è una leva strategica e non solo un obbligo normativo

Molte aziende temono che l’accessibilità limiti la creatività. In realtà, è vero il contrario: un sito ben progettato, moderno e accessibile funziona meglio per tutti, anche per utenti anziani o poco digitalizzati. Ed è più facilmente indicizzato dai motori di ricerca.
Investire nell’accessibilità significa rendere l’azienda più autorevole, responsabile e inclusiva. È un segnale chiaro di attenzione verso i clienti, un fattore reputazionale e un driver di fiducia e fidelizzazione.

L’accessibilità digitale non è una tendenza, è un nuovo standard a cui è necessario adeguarsi. Se vuoi essere guidato attraverso questa trasformazione rivolgiti a Noetica

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Sara Mariani