Una Chiesa che cammina insieme - Azione Cattolica Italiana

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Leggere questo primo discorso del nuovo Papa ai vescovi italiani è come affacciarsi su un cammino che inizia, ma che ha radici profonde. Leone XIV non alza la voce, ma si percepisce la forza di chi ha chiaro il compito che lo attende. Non cerca effetti speciali, non lancia proclami: mette subito sul tavolo parole essenziali – collegialità, pace, dignità umana, dialogo – e non come slogan, ma come direzioni di marcia concrete, dentro un tempo complicato che chiede visione, coraggio e umiltà.

Colpisce il tono familiare, persino affettuoso. L’inizio, con quel riferimento alla Loggia centrale e all’ultimo affaccio di papa Francesco, è una specie di ponte tra ciò che è stato e ciò che verrà. Un modo semplice ma potente per dirci che il cambiamento non cancella, ma continua. E quando Leone XIV ricorda il suo primo gesto da Papa – “La pace sia con voi!” – si ha la sensazione che stia cercando di dire fin da subito quale sarà il cuore del suo pontificato: la pace, intesa non come parola astratta, ma come presenza attiva nei conflitti della vita reale.

Il richiamo alla collegialità, poi, non è solo ecclesiale: è uno stile. È il contrario dell’accentramento, è la fiducia nell’altro, nella corresponsabilità, nella capacità di costruire insieme. Non è un Papa che “ordina”, ma uno che invita, che chiede, che si mette accanto. Anche quando affronta temi impegnativi come l’intelligenza artificiale o la crisi demografica, non si rifugia nel giudizio, ma rilancia: servono riflessione, discernimento, umanità. E non perché sia “alla moda” parlarne, ma perché in gioco c’è l’umano, la carne viva delle persone.

È significativa anche la sottolineatura sul legame tra il Papa e la Chiesa italiana: un rapporto “comune e particolare”, come lo chiamava Paolo VI. Non una Chiesa che aspetta direttive dall’alto, ma che cammina con il Vangelo tra le mani, nei quartieri, nei luoghi di fatica, tra chi si sente ai margini. E la frase “ogni comunità diventi una casa della pace” non è solo un desiderio: è un programma pastorale, concreto e provocante. Perché chiede di mettersi in gioco davvero, come singoli e come comunità.

Un altro passaggio chiave è quello sull’identità della persona. In un’epoca che rischia di ridurre tutto a funzioni e prestazioni, Leone XIV riporta al centro il mistero e la bellezza dell’essere umano. Non per fare poesia, ma per ricordarci che senza questa visione, la fede stessa si svuota, si disincarna. E questa è una sfida che riguarda ogni ambito: la scuola, la politica, la tecnologia, le relazioni. Ogni luogo in cui l’umano è messo alla prova.

Alla fine, le esortazioni sembrano piccole ma sono potentissime. “Andate avanti nell’unità”, “non abbiate paura di scelte coraggiose”, “nessuno potrà impedirvi di stare vicino alla gente”. C’è dentro tutto: il sogno di una Chiesa viva, aperta, capace di essere prossima, credibile. Una Chiesa che non si difende, ma si dona. E che non teme di affidarsi ai laici, di riconoscere in loro non semplici “collaboratori” ma veri protagonisti della missione evangelica.

In sintesi, questo discorso non è solo per i vescovi. È un testo che interpella tutti: chi crede, chi cerca, chi ha smesso di cercare. Perché in fondo ci ricorda che il Vangelo non è un’idea, ma una strada da percorrere. E Leone XIV sembra dirci, con voce mite ma decisa: andiamo insieme, con fiducia, perché Dio è già all’opera. Sta a noi accorgercene.

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Antonio Martino