Il Codice deontologico dei commercialisti che il Consiglio nazionale della categoria approvò nella seduta del 21 marzo 2024, è legittimo.
La Quinta sezione bis del TAR del Lazio, con sentenza n. 13710/2025, ha rigettato il ricorso dell’ANC (Associazione Nazionale Commercialisti), che – adito il TAR – adduceva 7 motivi di gravame. Tra essi:
– violazione della libera concorrenza;
– violazione del diritto di critica e delle linee guida in materia di consultazione pubblica.
Nel dettaglio della sentenza del TAR che dichiara legittimo il Codice
L’art. 44, comma 2 del Codice deontologico (così pure il 3 e il 4, che vietano informazioni “enfatizzanti, superlative o suggestive”) vieta l’invio, anche tramite terzi, di comunicazioni telematiche e messaggi elettronici a potenziali clienti, offrendo le proprie prestazioni professionali senza che essi ne abbiano fatto richiesta. L’Associazione dei commercialisti, ha ritenuto il divieto contrario alla direttiva Bolkestein in materia di libera comunicazione ai fini commerciali. Ma, per il TAR quello prescritto dal Codice deontologico non è un divieto assoluto, è relativo. Sì, perché è “limitato a una specifica modalità di promozione commerciale, quella effettuata mediante comunicazioni telematiche e messaggi elettronici, sul presupposto del carattere più pernicioso e molesto di tale modalità, soprattutto se realizzata in forma massiva”.
Il “divieto relativo” è, dunque, compatibile con la direttiva Bolkestein ed è giustificato da motivi di interesse generale finalizzati a garantire i valori di:
- indipendenza,
- dignità
- integrità della professione.
Segue la disamina intorno all’art. 14, sempre comma 2: la ratio sottesa viene accolta dal TAR: i professionisti dell’Albo non devono usare espressioni sconvenienti e denigratorie, screditare o svilire le attività e le prestazioni professionali dei colleghi, incluse quelle di carattere istituzionale o espletate in organismi istituzionali di categoria. Qui, il tribunale amministrativo non rintraccia una compressione del diritto di critica costituzionalmente garantito,
Il TAR legittima l’inasprimento delle sanzioni in tale ambito, anche di quelle aumentate con riguardo all’art. 39, comma 1, che prescrive di astenersi da qualsiasi commento sia suscettibile di ledere l’onorabilità delle istituzioni nell’utilizzo dei social network.
Un punto focale era, per l’ANC, l’assenza di trasparenza nell’approvazione del documento per non aver pubblicato le osservazioni inviate da Ordini e associazioni.
La sentenza precisa, in merito, che commercialisti ed esperti contabili hanno “garantito ampia partecipazione procedimentale nella fase antecedente alla definitiva approvazione del codice deontologico, nonostante l’assenza di una disposizione normativa che imponesse al Consiglio nazionale particolari modalità procedimentali o garanzie partecipative”.
Il CNDCEC ha, anzi, deciso di “sottoporre al più ampio ed aperto dibattito le proposte di aggiornamento del codice deontologico”. Sono stati coinvolti gli Ordini territoriali, le cui osservazioni, “sebbene non vincolanti alla luce del quadro normativo innanzi descritte, sono state esaminate dal CNDCEC che, condividendone alcune, le ha fatte proprie nel testo finale”.
Respinta, perciò, anche questa doglianza, il TAR Lazio rigetta in toto il ricorso dell’ANC, certificando la legittimità del nuovo Codice ed il preliminare lavoro alla formazione del testo.
Redazione redigo.info