La rivoluzione della medicina nucleare: atomi per la salute - Comin and Partners

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Negli ultimi decenni, la medicina nucleare ha trasformato il panorama diagnostico e terapeutico, offrendo strumenti sempre più avanzati per individuare e curare patologie oncologiche, neurologiche e cardiologiche. In questa intervista, Maria Luisa De Rimini, esperta di riferimento nel settore e Presidente dell’Associazione Italiana di Medicina Nucleare, Imaging Molecolare e Terapia, ci guida attraverso le più recenti evoluzioni della medicina nucleare, le sue applicazioni cliniche e le prospettive future di una disciplina destinata a rivoluzionare il modo in cui affrontiamo la diagnosi e il trattamento di numerose malattie.

Come è evoluta la medicina nucleare e quali sono stati i momenti chiave della ricerca?

La medicina nucleare utilizza sorgenti radioattive non sigillate per fini diagnostici e terapeutici. A differenza di altre tecniche di imaging impiega radiofarmaci, cioè farmaci marcati con isotopi radioattivi, che permettono di ottenere immagini dettagliate sul funzionamento degli organi e sulle loro patologie. Questa disciplina fornisce, infatti, dati funzionali e metabolici degli organi in esame, consentendo non solo diagnosi di malattia, ma anche precoci informazioni prognostiche, in considerazione del fatto che spesso le alterazioni funzionali precedono l’evidenza di quelle morfologico-strutturali.

In linea di massima in diagnostica si impiegano radioisotopi con decadimento gamma e beta+, mentre per la terapia quelli a decadimento beta- e, più recentemente radioisotopi con decadimento alfa, per i quali è  descritto un notevole potenziale terapeutico.

Negli ultimi decenni, gli spazi dell’imaging molecolare e della terapia medico nucleare si sono ulteriormente ampliati grazie all’uso di nuovi radiofarmaci e all’introduzione di tecnologie avanzate e multimodali. Tra questi, ad esempio, la tomografia a emissione di positroni (PET/TC) con Fluoro18-desossi-glucosio (18F-FDG), un tracciante radiometabolico, è un riferimento essenziale nella  definizione di potenziali caratteri di aggressività di un tumore. Allo stesso tempo, l’introduzione di radiofarmaci innovativi oggi rende possibili diagnosi accurate e selezione di trattamenti mirati per tumori che esprimono caratteristiche biologiche differenti dal precedente. Tra questi, ad esempio, alcuni tumori neuroendocrini, studiati con radiofarmaci che identificano in essi una patologica espressione dei recettori della somatostatina.

Quali vantaggi offrono i radiofarmaci rispetto alle tecniche tradizionali?

Oltre l’accuratezza, uno dei maggiori vantaggi è la personalizzazione della diagnosi e della terapia in rapporto alle caratteristiche biologiche del singolo tumore, che sono riconosciute con grande precisione. Per una particolare tipologia di carcinoma prostatico, ad esempio, il target studiato con la PET-PSMA è proprio l’espressione di questo antigene di membrana: Prostate-Specific Membrane Antigen – PSMA, per cui la PET è, capace di identificare con precisione quel tumore ed esprimere per quel paziente il più corretto criterio di eleggibilità allo specifico trattamento mirato con radioligandi. Quanto indicato rappresenta il più straordinario approccio medico nucleare, la teragnostica, secondo cui se un tumore esprime un bersaglio identificabile con un radiofarmaco diagnostico, può essere curato con quella medesima molecola, questa volta, legata a un radioisotopo per uso terapeutico. É evidente che questo approccio identifica il più interessante esempio di medicina personalizzata sulle caratteristiche del singolo paziente ed assicura un effetto tumoricida mirato direttamente alle cellule malate, dove si internalizza, risparmiando le cellule sane.

La medicina nucleare è, inoltre, centrale anche in patologie neurologiche, oggi in particolare nei disturbi cognitivi dove consente diagnosi differenziale tra le differenti forme di demenza. Nella diagnosi dell’Alzheimer la PET-amiloide, permette diagnosi di malattia più precocemente grazie alla capacità di individuare i depositi di amiloide nel cervello, principali indicatori di malattia.

Qual è il ruolo della medicina nucleare in Italia e con quali istituzioni collabora?

L’Associazione Italiana Medicina Nucleare, Imaging Molecolare e Terapia (AIMN) ha come riferimenti Istituzionali il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità. Collabora con altre associazioni scientifiche mediche e non mediche, producendo procedure e documenti utili per i pazienti e per aggiornare normative e protocolli di sicurezza. Il Decreto Lgs.101/2020 ha modificato i criteri di accesso ai trattamenti con radiofarmaci e limitato l’obbligo di degenza protetta alla terapia con radioiodio, ad esempio, consentendo di eseguire altri trattamenti terapeutici con radioligandi con accessi esterni, ad esempio il day hospital. Questa possibilità ha migliorato il potenziale di gestione di queste cure, consentendo ai pazienti di tornare a casa non appena le condizioni cliniche lo permettono.

Come viene garantita la sicurezza dei pazienti?

Le normative in vigore hanno migliorato la gestione della sicurezza radiologica. A questo si associa, grazie alle nuove tecnologie, l’utilizzo di dosi più basse di radioattivo, riducendo l’esposizione dei pazienti, particolarmente utile in quelli pediatrici, più sensibili agli effetti delle radiazioni. 

Su questo tema, AIMN ha sviluppato protocolli specifici per garantire la sicurezza dei trattamenti e migliorato la comunicazione con i pazienti, fornendo istruzioni dettagliate su precauzioni e norme da seguire dopo la somministrazione di radiofarmaci.

Qual è l’impatto ambientale della medicina nucleare?

Il settore opera nel rispetto di normative legali e ambientali rigorose, che riguardano, tra le varie, la gestione del quotidiano e delle deiezioni dei pazienti trattati con radioligandi, poiché nelle prime ore successive alla somministrazione la radioattività è più elevata. Per la terapia sono state inoltre stilate, in un documento congiunto tra AIMN e l’Associazione Italiana dei Fisici Medici, raccomandazioni e procedure per lo smaltimento corretto dei rifiuti radioattivi e per la sicurezza ambientale.

Quali sono le prospettive future della medicina nucleare?

Il futuro della medicina nucleare, come per ogni disciplina medica, è legato alla ricerca scientifica e all’innovazione tecnologica. Un’area di grande interesse è lo studio del microambiente tumorale, dove la terapia con radioligandi potrebbe rivoluzionare le terapie oncologiche, permettendo di colpire le cellule tumorali con precisione senza indurre danni ai tessuti sani.

Attualmente questi trattamenti sono disponibili solo per alcune patologie, come già indicato, ma l’obiettivo è estenderli ad altri tumori, cosiddetti “big killer” per incidenza e prognosi sfavorevole, con personalizzazione dei trattamenti per cure ancora più efficaci e adattabili alle esigenze di ogni paziente.

Anche nel trattamento dell’Alzheimer, la medicina nucleare ha un ruolo cruciale sia in termini diagnostici, sia per validare la risposta terapeutica ai nuovi farmaci attesi per la cura di questa patologia. La Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti ha infatti riconosciuto nella PET-amiloide lo strumento affidabile di monitoraggio di questa risposta terapeutica. 

Maria Luisa De Rimini è Dirigente Medico, Direttore della UOC Medicina Nucleare e Capodipartimento dei Servizi Diagnostici dell’AORN dei Colli di Napoli.

É Presidente dell’Associazione Italiana di Medicina Nucleare, Imaging Molecolare e Terapia. 

Si è laureata in Medicina e Chirurgia nel 1979 presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, specializzandosi successivamente in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Medicina Nucleare e Radiodiagnostica. Attualmente insegna presso l’Università degli Studi della Campania, Scuola di Specializzazione in Cardiologia. Nel corso della sua carriera ha partecipato a numerosi congressi scientifici nei settori della Medicina Nucleare, Radiologia, Oncologia e Cardiologia.

Immagine: ©Framatome

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