Glioblastoma: nuovo anticorpo sperimentale sembra in grado di rallentare la progressione del tumore

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Il farmaco è stato testato in uno studio preclinico condotto da un team internazionale di ricerca guidato dall’Università di Padova in collaborazione con il CNR-IBBC

Un team internazionale di ricercatori guidato dal prof. Fabio Mammano, docente al Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Padova e associato con incarico di ricerca all’Istituto di Biochimica e Biologia Cellulare del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IBBC), ha sviluppato una nuova terapia a base di anticorpi che in uno studio preclinico si è dimostrata efficace nel rallentare la crescita del glioblastoma, la forma più aggressiva di tumore cerebrale negli adulti. Oltre a ostacolare la progressione tumorale, il trattamento riduce anche l’iperattività neuronale causata dalla patologia, una condizione spesso associata a crisi epilettiche nei pazienti. 

Come spiegato in uno studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Cell Communication and Signaling, i ricercatori hanno mirato a un bersaglio molecolare preciso: i canali emisomici delle connessine (connexin hemichannels), che nei tumori sono iperattivi e rilasciano segnali pro-tumorali come ATP (una molecola energetica essenziale per la crescita e la proliferazione delle cellule) e glutammato. 

Utilizzando colture cellulari derivate da pazienti con glioblastoma e un modello murino rappresentativo della malattia, i ricercatori hanno testato un anticorpo monoclonale chiamato abEC1.1, in grado di bloccare selettivamente alcune connessine (Cx26, Cx30 e Cx32). I risultati ottenuti hanno evidenziato una riduzione della migrazione e dell’invasività delle cellule tumorali, l’inibizione del rilascio di ATP e glutammato, una diminuzione significativa del volume tumorale ed un aumento della sopravvivenza nei topi, nonché una normalizzazione dell’attività sinaptica anomala indotta dalla patologia.

“È la prima volta che un anticorpo terapeutico si dimostra capace di contrastare contemporaneamente la crescita del glioblastoma e l’iperattività neuronale che il tumore induce nei tessuti circostanti”, spiega Fabio Mammano. “Questo approccio apre la strada a nuove strategie terapeutiche che mirano non solo alle cellule tumorali, ma anche alle loro interazioni patologiche con l’ambiente cerebrale”. 

“Con questo studio abbiamo chiaramente evidenziato l’importanza di contrastare specificamente i componenti molecolari che attivano e rafforzano la comunicazione tra le cellule tumorali e il tessuto circostante, alimentando la proliferazione incontrollata del glioblastoma”, aggiunge Daniela Marazziti, ricercatrice del CNR-IBBC e coautrice del lavoro.

L’anticorpo abEC1.1 è stato somministrato nei topi sia come proteina purificata, sia tramite terapia genica con vettori virali AAV (virus adeno-associati), una modalità che potrebbe consentire effetti terapeutici duraturi con una sola somministrazione. Lo studio rafforza l’idea che i canali emisomici delle connessine 2 siano un bersaglio farmacologico promettente per il trattamento del glioblastoma. La tecnologia è oggetto di brevetto in contitolarità tra l’Università di Padova, il CNR, l’Università degli Studi di Milano e la ShanghaiTech University. 

La ricerca è stata condotta in collaborazione con istituzioni accademiche in Italia e Cina ed è stata finanziata da Ministero dell’Università e della Ricerca (PRIN), Fondazione Cariparo, Fondazione Giovanni Celeghin, ShanghaiTech University e Fondazione Umberto Veronesi. 

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