26.9.25 IsICult avvia una collaborazione con “HuffPost Italia”: “Cinema e cultura: l’eleganza retorica di Giuli non ferma il crollo dell’occupazione nel settore”
La premier Giorgia Meloni esalta la “meritocrazia” contro l’“amichettismo” (ovviamente quello sinistrorso), ma la politica culturale del Governo resta erratica, contraddittoria, confusa
Sabato sera 20 settembre 2025, a Roma presso il Laghetto dell’Eur, i giovani di Fratelli d’Italia (ovvero il movimento Gioventù Nazionale), nell’economia della kermesse nazionale “Fenix”, hanno proposto un dibattito con tre protagonisti del sistema culturale nazionale: il ministro della Cultura Alessandro Giuli, il presidente della Commissione Cultura della Camera Federico Mollicone, l’amministratrice delegata di Cinecittà Manuela Cacciamani, affiancati dal direttore de “Il Secolo d’Italia”, Antonio Rapisarda.
Il titolo della kermesse prendeva spunto da una poesia di Charles Baudelaire: “Estrarre l’eterno dall’effimero”. Sottotitolo: “La sfida del nuovo immaginario nazionale e popolare, senza filtri”. In perfetta sintonia col titolo del libro che il ministro Alessandro Giuli ha recentemente dato (a metà aprile) alle stampe: “Antico presente. Viaggio nel sacro vivente” (Baldini + Castoldi).
In coda, la proiezione del lungometraggio di Giulio Base, “Albatross”, dedicato a Almerigo Grilz, controversa figura di inviato di guerra indipendente ucciso durante il suo lavoro, già militante del Fronte della Gioventù e del Movimento Sociale Italiano. Film prodotto dalla One More Pictures srl, di cui Manuela Cacciamani era amministratrice – assieme a Gennaro Coppola – fino a pochi giorni prima della sua cooptazione a Cinecittà… Film costato oltre 3 milioni di euro, con un contributo pubblico nell’ordine di 1,5 milioni, e incassi irrisori nell’ordine di 20mila euro (a proposito di film “invisibili” attribuiti dalla destra alla “mangiatoia” dei sinistrorsi, grazie al “bancomat” dello Stato Pantalone)…
Ma “Estrarre l’eterno dall’effimero” era anche stampato sulle t-shirt dei militanti e degli attivisti (maglietta indossata con orgoglio anche da Arianna Meloni): la scritta è accompagnata dalla “fiamma”, simbolo di Fratelli d’Italia, in passato al centro del dibattito politico. In sostanza, un’evocazione dell’essenza eterna e universale delle cose attraverso l’apparenza passeggera e transitoria del presente. Secondo alcuni analisti e studiosi, la fiamma si pone comunque come indiretta evocazione del fascismo, mentre Giorgia Meloni l’ha interpretata come riconoscimento del percorso evolutivo compiuto da una destra democratica nella storia della Repubblica.
Simboli e allusioni a parte, l’incontro a “Fenix” ha consentito di comprendere – una volta ancora – l’idea di “cultura nazionale” alla quale si ispirano gli attuali “decision maker” della politica culturale italiana: un ritorno alle radici culturali e spirituali, alla memoria storica del Paese, una visione metapolitica che si concentri sul concetto di “identità nazionale”, una identità basata su valori tradizionali (la famiglia, in primis) e su personaggi fondanti come Dante Alighieri (si ricorderanno le polemiche scatenatesi allorquando, nel gennaio 2023, l’ex ministro Gennaro Sangiuliano lo definì provocatoriamente “fondatore del pensiero di destra in Italia”). Il presidente della Commissione Cultura ha rievocato quella che gli piace definire la sua “rivoluzione dolce” e il ministro della Cultura ha teorizzato una “rivoluzione gentile”, rispettosa delle diversità ma orientata al recupero e rilancio dei valori tradizionali.
Un’osservazione antropologica e ambientale: platea di giovani – età media 20 anni – con un terzo dei posti a sedere vuoti… look da ragazze e ragazzi “puliti” e “per bene” (ovviamente lontani dagli outfit da “maranza” o da “coatto” o da “zecca”).
Al di là di questo scenario generale, il ministro Alessandro Giuli ha rimarcato – nell’agenda politica di Fratelli d’Italia – la assoluta primazia del “merito” (tecnico) sull’“amichettismo” (partitocratico), ha sostenuto che lui intende premiare chi è bravo e non chi ha in tasca una tessera, ha rivendicato di aver confermato Christian Greco come direttore del Museo Egizio di Torino perché se lo merita, indipendentemente dall’essere considerato o meno un uomo di sinistra (contraddicendo così la logica abituale dell’italico “spoil system”). Ha sostenuto che la destra sta comunque posizionando un suo “personale politico”, ben qualificato, nei posti-chiave, citando giustappunto Manuela Cacciamania Cinecittà spa come esempio perfetto di questo rinnovamento (l’interessata ha reagito con un sorriso).
Ha omesso di ricordare le polemiche scatenatesi con la nomina nel febbraio 2024 (confermata nel maggio 2025) di Fabio Tagliaferri come presidente e Amministratore delegato di Ales Spa (la potente società “in house” del Ministero della Cultura, oltre 110 milioni di fatturato): Tagliaferri può vantare indubbiamente un cv di militanza a destra e una stretta amicizia con Arianna Meloni, ma è oggettivamente privo di esperienza e competenza nel settore culturale. E se Manuela Cacciamani può vantare un discreto Cv nel settore della produzione cinematografica, il ministro ha ovviamente omesso di citare la sua amicizia con Arianna Meloni, Capo Segreteria Politica di Fratelli d’Italia. E comunque il ministro si è ben guardato dall’attivare una procedura realmente innovativa, per il rinnovo del Consiglio di Amministrazione di Cinecittà spa, quale sarebbe (stata) un “call” a presentare candidature, attivando finalmente una pratica trasparente di valutazione comparativa dei Cv.
In sostanza, il centro-destra sta riproducendo le patologie dell’uso (e abuso) del criterio dell’“intuitu personae”, che in Italia purtroppo da sempre prevale nelle scelte politiche delle pubbliche amministrazioni. E quindi il rischio di “amichettismi” e “clientelismi” e la prevalenza di valutazioni soggettive sono sempre latenti.
Con un eloquio forbito ed elegante (le capacità affabulatorie del Ministro sono senza dubbio eccellenti, al di là di una qualche deriva astratta), Giuli si è tra l’altro fatto vanto di aver incrementato i fondi a favore delle biblioteche e di aver messo in atto politiche che stimoleranno la rigenerazione culturale delle periferie…
Nessun cenno concreto alle varie e variegate criticità che emergono da una lettura oggettiva dei fenomeni in atto nel sistema culturale italiano: crisi dei consumi (nel cinema così come nell’editoria, fatta salva l’unica eccezione dei concerti pop-rock, che registrano una crescita enorme) e crisi nell’occupazione (in particolare nel settore cine-audiovisivo).
A fronte di una crisi oggettiva, il ministro cerca di volare alto con la sua retorica quasi metafisica, e non vede il malessere che attanaglia molti settori: ignora completamente il grido di lamento di soggetti associativi indipendenti – che rappresentano migliaia di lavoratori – come #Siamoaititolidicoda (lavoratori delle troupe cinematografiche e audiovisive), l’Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo (Unita), il Registro Attrici e Attori Italiani(Raai), Vogliamo Tutt’Altro (artistə, lavoratə, operatə dello spettacolo in mobilitazione), Mi riconosci? (collettivo di Professionisti/e Lavoratori/trici dei Beni Culturali)…
Nel settore cine-audiovisivo, il ministro continua a lasciar carta bianca (e finanche “licenza di uccidere”) alla Sottosegretaria leghista, la senatrice Lucia Borgonzoni, forte di un suo rapporto di fiducia assoluta con il leader della Lega: come è noto nei corridoi del Collegio Romano, il ministro non condivide alcune dinamiche della “sua” Sottosegretaria, ma deve subire l’asse Meloni-Salvini, perché è di livello politico ben superiore alle sue chance di operatività e agibilità. Non è lontana dalla realtà la definizione che il deputato “dem” Francesco Verducci ha dato – durante un recente dibattito parlamentare – a Lucia Borgonzoni: la “Sottosegretaria onnipotente”. E Borgonzoni continua a rilanciare, continuamente, una visione pervicacemente ottimista del settore, utilizzando numerologie erratiche come una fantasiosa giocoliera…
Da molto tempo, il Ministero della Cultura, in materia di cinema e audiovisivo, è paralizzato, a causa del sostanziale fallimento della “riforma Borgonzoni” della “Legge Franceschini” del 2016, avviata due anni fa ed ancora incompiuta: basti osservare che sono trascorsi 3 mesi dalle dimissioni dello storico Direttore Generale Nicola Borrelli e la Direzione Cinema e Audiovisivo continua ad essere senza guida. Eppure il Ministro ha annunciato la nomina del nuovo Dg – in varie occasioni – come imminente. E che dire della Commissione Promozione Cinema e Audiovisivo, la maggioranza dei cui membri si è dimessa da mesi, e che non viene ricostituita?! Ma il Ministro Alessandro Giuli – anche in questo caso – ben si guarda dal promuovere un avviso pubblico per sollecitare candidature: improvvisamente, da un giorno all’altro (senza alcuna procedura selettiva di comparazione dei cv) verrà pubblicato un decreto a sua firma, con un elenco di una eletta schiera di 12 consiglieri, scelti chissà con quali criteri… “meritocratici”. Banalmente viene da sintetizzare che la destra al governo predica bene ma razzola male.
Sarebbe opportuno che Giuli e Borgonzoni uscissero dalle ovattate stanze del Palazzo e si confrontassero finalmente con i lavoratori del settore, e studiassero finalmente i numeri veri dell’economia culturale del Paese, senza doparsi con un ottimismo della volontà e con una autoreferenzialità narcisistica prive di capacità di autocritica.