Dott. Nicola Malacchini (Treviso): “Fondamentale il ruolo dei medici di medicina generale, che possono intercettare i casi sospetti e inviarli agli specialisti”
In certi contesti è inquadrato come una “malattia” in sé, invece il deficit di alfa-1-antitripsina (DAAT) è più correttamente classificato come una condizione genetica ereditaria che predispone a numerosi disturbi, soprattutto enfisema polmonare e altre malattie croniche respiratorie, ma anche patologie che compromettono la funzionalità del fegato. Da questa definizione si può dunque iniziare a capire cosa sia davvero il DAAT e, soprattutto, come diagnosticarlo senza ritardi, allo scopo di metterlo eventualmente in relazione con le patologie respiratorie di cui soffrono i pazienti o i loro familiari. Infatti, il DAAT è prima di tutto un disordine genetico che, per esser affrontato in maniera adeguata, richiede allo pneumologo competenze di genetica e una solida conoscenza clinica.
DAAT: NON TRASCURARE IL SOSPETTO DIAGNOSTICO
“Il deficit di alfa-1-antitripsina è una condizione genetica sottostimata che si riscontra, spesso con un certo ritardo, negli individui afferenti ai reparti di Pneumologia di tutta Italia in seguito a svariate problematiche del respiro”, afferma il dottor Nicola Malacchini, in forza all’U.O.C. di Pneumologia dell’AULSS2, Ospedale Ca’ Foncello di Treviso. “La più nota criticità connessa al DAAT risiede nella difficoltà con cui si giunge alla diagnosi, tappa indispensabile per accedere al trattamento e prevenire un aggravamento delle condizioni generali del paziente”. Una posizione chiara, che riflette quella espressa poco tempo fa dal prof. Fulvio Braido, dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova, secondo cui è evidente una “limitata predisposizione ad indagare il deficit di alfa-1-antitripsina da parte di tanti medici, soprattutto colleghi di medicina generale”.
La raccomandazione condivisa degli esperti consiste perciò nel suggerire il dosaggio dell’alfa-1-antitripsina non solo nei pazienti con problemi respiratori, ma anche nei loro familiari. “La valutazione del nucleo familiare non è un aspetto di secondo piano”, riprende Malacchini. “Ricercando il DAAT attraverso screening familiare di pazienti con disturbi respiratori risultati positivi a questa rara condizione, spesso accade di individuare portatori di un DAAT in eterozigosi (con un allele sano e uno deficitario, forma più frequente dell’omozigosi) affetti da una lieve sintomatologia. Infatti, all’interno del medesimo nucleo familiare possono essere presenti più persone con patologie respiratorie anche differenti e di diversi livelli di gravità”. Il DAAT si configura come l’elemento chiave non solo per una diagnosi tempestiva ma soprattutto per la prevenzione dall’insorgenza di malattie in persone all’apparenza sane.
ATTENZIONE AI PAZIENTI ETEROZIGOTI
Il gene SERPINA1, che codifica per la produzione della proteina alfa-1-antitripsina (AAT) a livello delle cellule epatiche, ha una natura altamente polimorfica: esistono oltre 500 varianti di questo gene, incluse le più frequenti S e Z, che possono essere associate a una ridotta o assente produzione di AAT, oppure alla produzione di forme disfunzionali della stessa proteina. A livello del fegato, questo si traduce in un elevato rischio di epatopatia cronica, epatocarcinoma e cirrosi epatica, mentre a livello dei polmoni insorgono sintomi respiratori che possono condurre a enfisema e broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), entrambi con insorgenza precoce (35-50 anni). Nel corso degli anni sono state individuate molte varianti più rare del gene SERPINA1 di cui risulta portatore quasi un quarto dei pazienti con DAAT severo: tali mutazioni sono distribuite in maniera abbastanza omogenea in tutta Italia.
Inoltre, studi di recente realizzazione hanno puntato l’obiettivo sulle forme di DAAT in eterozigosi semplice, ossia dovute alla presenza di due alleli diversi del gene SERPINA1, uno normale e uno deficitario, sullo stesso locus cromosomico, forme piuttosto frequenti che, però, non sono sempre inquadrate. “Presso il nostro centro, gli individui eterozigoti semplici e con varanti rare di SERPINA1 rappresentano più della metà di tutte le diagnosi di DAAT”, precisa Malacchini. “Molti di essi hanno una funzionalità respiratoria già compromessa e alcuni sono in valutazione per iniziare la terapia enzimatica sostitutiva. Il fenotipo di questi individui, infatti, non corrisponde perfettamente a quello dei genotipi omozigoti (solitamente più gravi) ma la presenza di fattori di rischio - come il fumo di sigaretta - può favorire l’instaurarsi della malattia polmonare, in alcuni casi anche grave”.
UN AMBULATORIO DEDICATO AI PAZIENTI CON DAAT
Alla luce di tutto ciò si intuisce perché proporre il test per il dosaggio dell’alfa-1-antitripsina a tutti i pazienti con problematica respiratoria sia essenziale. “Da diversi anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e le principali società scientifiche di pneumologia ne raccomandano l’esecuzione sia nei pazienti con bronchiectasie che in quelli con disturbi ostruttivi come l’asma. Limitare l’esecuzione del test solo ai casi di BPCO o enfisema è riduttivo, perché la valutazione del paziente deve essere completa, comprendendo la clinica, gli esami radiologici e le prove di funzionalità respiratoria. Nel giusto contesto, l’alterazione anche solamente di uno di questi esami può essere sufficiente per suggerire il dosaggio sierico di alfa-1-antitripsina”.
Da circa un anno, presso la Pneumologia di Treviso è stato aperto un ambulatorio dedicato ai pazienti con DAAT, attivo su segnalazione di pneumologi o medici di base; lo scopo è poter monitorare con costanza i pazienti da avviare al trattamento. “Abbiamo iniziato da nuclei familiari selezionati in cui, col passare del tempo, attraverso una serie di visite, sono stati scoperti casi di DAAT di varia gravità, sia in pazienti scarsamente sintomatici che in quelli con storie decennali di patologia respiratoria”, prosegue Malacchini. “In certi casi le prove di funzionalità respiratoria non hanno messo in evidenza il problema, ma abbiamo deciso di effettuare il dosaggio di AAT in seguito al riscontro di bolle enfisematose o di uno pneumotorace, oppure perché questi pazienti già presentavano forme di asma o BPCO a rischio di riacutizzazione. Così facendo, abbiamo osservato un aumento dei casi di DAAT nel tempo, collegato anche alla maggior sensibilizzazione del personale medico”.
FAR CONOSCERE IL DAAT A PNEUMOLOGI E MEDICI DI MEDICINA GENERALE
Tra le priorità per individuare i pazienti affetti da deficit di alfa-1-antitripsina con indicazione prioritaria alla terapia sostituiva emerge l’informazione verso i medici di medicina generale, che possono intercettare i casi sospetti e inviarli all’ambulatorio dedicato. “Non possiamo escludere a priori nessun caso dall’approfondimento attraverso i test per il DAAT”, chiarisce Malacchini. “Spesso si trovano pazienti con deficit lieve o moderato, molto più lento a presentarsi, perciò occorre valutare tutti, anche perché il DAAT è una condizione trasmissibile: perciò, sapere in anticipo di essere portatori di una mutazione nel gene SERPINA1 aiuta ad attuare uno screening familiare e ad estendere le procedure di prevenzione ai figli”.
Attualmente, circa il 10% dei casi di DAAT in valutazione a Treviso è in trattamento ma, tramite la ricerca delle nuove varianti genetiche patologiche e il controllo degli eterozigoti, il numero assoluto dei pazienti che potranno beneficiare della terapia andrà crescendo. “Per questo è utile informare i medici di medicina generale, che conoscono bene il caso indice e gli altri membri della famiglia”, conclude Malacchini. “La formazione del personale sanitario sul deficit di alfa-1-antitripsina è fondamentale per aumentare le diagnosi, ed è per questo che stiamo organizzando un evento apposito sul tema, dedicato proprio ai colleghi medici”.