Saldo IMU entro il 16 dicembre - SIULP

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È ormai prossima la scadenza del termine stabilito per il pagamento della seconda rata IMU. È un appuntamento che riguarda solo i proprietari di seconde case o di abitazioni principali qualificate catastalmente come case di lusso, oltre che i proprietari di terreni agricoli, poiché, com’è ben noto, l’IMU non è dovuta per l’abitazione principale definita come l’unità immobiliare in cui il soggetto passivo e i componenti del suo nucleo familiare risiedono anagraficamente e dimorano abitualmente (art. 1, comma 741, lett. b), primo e secondo periodo, L. 160/2019).

Ricordiamo, dunque, che chi, alla scadenza del 16 giugno, ha versato solo il primo acconto dell’imposta, deve corrispondere il saldo entro il prossimo 16 dicembre.

Per calcolare correttamente il saldo, occorre la rendita catastale aggiornata dell’immobile, contenuta nella visura catastale. Senza questo dato è facile commettere errori di calcolo e rischiare sanzioni.

La Corte di Cassazione – con l’Ordinanza n. 9620 del 13 aprile scorso e prima ancora con quella n. 4292 del 19 febbraio – ha risolto la questione dell’applicabilità dell’esenzione IMU per i coniugi che possiedono e hanno residenza in abitazioni separate nel senso che, in assenza di coabitazione, ogni coniuge ha diritto all’esenzione dall’IMU sulla propria “prima casa “.

Il chiarimento elimina ogni incertezza e va contro le interpretazioni più restrittive spesso applicate dai Comuni, mentre permane ancora oggi il vincolo nei casi di semplice dimora abituale differente, nonostante il parere della Consulta espresso nel 2022.

In passato, la normativa richiedeva che l’intero nucleo familiare risiedesse nella stessa abitazione per beneficiare dell’esenzione IMU. Tuttavia, la Corte Costituzionale, con la storica sentenza n. 209/2022, ha dichiarato incostituzionale l’obbligo di coincidenza della residenza e della dimora abituale per l’intero nucleo familiare ai fini dell’esenzione IMU.

La Cassazione, però, con Ordinanza n. 19684 del 17 luglio 2024, ha chiarito che per usufruire dell’esenzione IMU doppia ai due coniugi è necessario che ogni contribuente abbia la residenza anagrafica presso l’immobile per il quale richiede il beneficio.  Solo in questo modo è garantito per ogni coniuge di beneficiare dell’esenzione per la propria abitazione principale, in ragione di residenze separate, mentre resta una zona d’ombra sulle fattispecie in cui la dimora abituale non è anche per legge la prima casa anagrafica del contribuente.

La Cassazione, in sostanza, fino ad oggi nella maggior parte dei casi si è limitata a confermare che la residenza separata non comporta la perdita dei benefici legati alla “prima casa” ma non avallando appieno anche il concetto di prima casa inteso come nella sentenza della Corte Costituzionale, la quale invece lo estende alla dimora abituale.

Questo significa che, per avere certezza del diritto all’esenzione, nel caso di coniugi con diversa residenza, ciascuno in un immobile eletto come abitazione principale, ognuno potrà continuare a usufruire dell’esenzione IMU per la propria, evitando così il rischio di doppi addebiti.

Con la già menzionata sentenza n. 209 depositata il 13 ottobre 2022, la Consulta ha altresì stabilito che, ai fini dell’esenzione, per “abitazione principale deve intendersi l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente”, e questo a prescindere dal Comune in cui detti immobili si trovano. Precedentemente, se i coniugi avevano residenze e dimore separate in due immobili diversi, situati nello stesso Comune, l’esenzione IMU poteva applicarsi solo a una delle due abitazioni.

Dopo la sentenza, pertanto, i coniugi che risiedono e hanno dimora abituale in due differenti immobili hanno diritto entrambi all’esenzione IMU, anche se i due immobili si trovano nello stesso comune.

Al fine del riconoscimento della dimora abituale, un parametro ritenuto utile dalla consolidata giurisprudenza è quello costituito dai consumi delle utenze a rete (Cass. n. 8627/2019). Tuttavia, sul punto la Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, con sentenza n. 432 del 10 febbraio 2025, ha stabilito che gli scarsi consumi delle utenze domestiche, comunque, non giustificano la revoca dell’agevolazione IMU prima casa per il venir meno del requisito della dimora abituale. La Corte fa presente che gli scarsi consumi vanno contestualizzati rispetto al caso specifico.

In definitiva, non è sufficiente dichiarare di abitare nella seconda casa per ottenere l’esenzione dall’IMU: è necessario provare che la residenza sia effettiva e non solo formale.

Per questo motivo, oltre all’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente, il Comune richiede documenti che confermino la presenza stabile del nucleo familiare nell’immobile.

Tra le principali prove che possono essere presentate figurano:

–    la scelta del medico di base effettuata con l’indirizzo della casa in cui si dichiara di risiedere;

–    le bollette delle utenze domestiche (luce, gas, acqua) che attestino consumi regolari e costanti durante tutto l’anno, non solo nei mesi estivi o in brevi periodi.

Se, attraverso la documentazione delle utenze, si dimostra che l’immobile è abitato in modo continuativo, si può avere diritto all’esenzione IMU.

A tal scopo si può presentare una dichiarazione IMU all’ufficio tributi per comunicare che l’abitazione non è più soggetta ad imposta essendosi modificata la situazione.

La dichiarazione va presentata all’ufficio tributi del comune entro il 30 giugno dell’anno successivo alla variazione, specificando che l’immobile sito in [indirizzo] è adibito ad abitazione principale, con residenza anagrafica e dimora abituale del (specificare il sottoscritto/a); che il coniuge [nome] risiede anagraficamente e dimora abitualmente nell’immobile sito in [indirizzo], e che pertanto ciascun coniuge ha diritto a beneficiare dell’esenzione IMU sulla propria abitazione principale, ai sensi della sentenza Corte Cost. n. 209/2022 e successive pronunce della Cassazione.

La dichiarazione dovrà essere presentata direttamente al Comune competente, che verificherà i dati e la documentazione fornita. In alcuni casi, l’amministrazione può effettuare ulteriori controlli, ad esempio sui consumi idrici ed elettrici, per accertare la veridicità della residenza dichiarata.

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