Semel in anno licet insanire, letteralmente “una volta all’ano è consentito fare follie”, indica la possibilità di concedersi una trasgressione in un tempo stabilito ed è di origine medievale.
Il proverbio si riferiva alla festa dei Saturnali, che, a partire dall’età di Domiziano, durava una settimana, dal 17 al 23 dicembre: tale festa prevedeva la celebrazione rituale e collettiva per il dio Saturno, simbolo di rinascita, di pace e di una sostanziale equità in terra, con l’obiettivo di ricreare un primordiale benessere sociale, fatto di allegria, leggerezza e ilarità, sia banchettando, sia scambiandosi regali – un’ usanza, questa, di cui Marziale in Xenia e Apophoreta delinea un quadro minuzioso e dettagliato. Risulta evidente il sincretismo religioso e culturale che la avvicina molto alla festa cristiana del Natale, intesa come celebrazione di una rinascita, con lo scambio di doni e l’istituzione di banchetti condivisi. La caratteristica principale della festa era però la possibilità per gli schiavi di essere insolenti nei confronti dei padroni e di farsi servire da loro a tavola, al fine di ristabilire – almeno per una settimana – la primitiva uguaglianza tra tutti gli uomini.
Il proverbio medievale, che prelude ad un mondo rovesciato, al di fuori delle norme sociali, ha dei precedenti in autori classici e postclassici che attribuivano all’espressione uno spazio di libertà, di folle trasgressione. Così ricorre Virgilio, nel dialogo fra Dameya e Menalca (Buc. III, 35-39), con riferimento alla volontà di prendersi una licenza di leggerezza, e in Orazio (Carmina, IV, 12) con un significato piuttosto assimilabile al proverbio; anche Seneca vi si riferisce (De tranquillitate animi XVII, 10-11) sottolineando il valore artistico dell’eccitazione dell’animo, ma è attribuibile a Sant’Agostino il riuso del proverbio nella sua accezione originale (De civitate Dei, VI, 10).
Il collegamento con il Carnevale cristiano è quasi immediato, poiché è durante questa festa che ci si concede la possibilità di fare follie prima dell’inizio del periodo quaresimale. Ed è proprio al Carnevale che è legato il riuso letterario più famoso in età moderna: Carlo Goldoni, nella sua poesia La stagion del Carnevale (1751), usa il motto per invitare tutti alla spensieratezza e alla leggerezza e a un ritorno alla felicità primitiva.