Un impianto fotovoltaico “consuma” il suolo? Quali sono gli impatti ambientali dell’installazione di pannelli fotovoltaici a terra? L’editoriale di Gianluca Ruggieri, un po’ di numeri oltre le polemiche
Si parla spesso e tanto di fotovoltaico a terra. La politica di ènostra credo sia chiara: abbiamo deciso nelle nostre regole di non fare impianti su terreni agricoli e finora abbiamo sempre realizzato solo impianti su tetto. Adesso abbiamo in programma un impianto a terra ma in un’ex cava a Trani (Puglia), quindi un terreno già compromesso, dove è difficile generare impatti negativi significativi.
Il nostro approccio, confermato anche dal percorso condotto con socie e soci un paio d’anni fa, è quello: meglio gli impianti su tetto e, quando non è possibile, su terreni degradati (consulta la policy di sostenibilità di ènostra). Va però detto che molte polemiche sul fotovoltaico a terra hanno relativamente poco di scientifico.
Di recente abbiamo intervistato Alessandra Scognamiglio, ricercatrice all’Enea, che ci ha parlato di agrivoltaico, cioè la possibilità di far convivere coltivazioni e fotovoltaico. L’ombreggiamento può aiutare alcune colture ad affrontare i cambiamenti climatici, perché ne migliora le condizioni di crescita e riduce evaporazione e consumi d’acqua. In altri casi invece l’integrazione è sconsigliata perché impatta negativamente sulle coltivazioni.
Gli impatti sul suolo del fotovoltaico a terra
Ma anche dove non c’è integrazione tra coltivazione e fotovoltaico la questione è più complessa da come spesso appare nelle polemiche. Si è visto, per esempio, che in diversi casi, quando si sostituisce o si affianca una coltura agricola intensiva con impianti fotovoltaici, alcuni parametri dei cosiddetti servizi ecosistemici – come la biodiversità – addirittura migliorano. Altri usi del suolo, come il pascolo, sono totalmente compatibili con la presenza di impianti fotovoltaici.
Quindi gli impatti ci sono, ma non sono solo negativi. Tanto è vero che quest’anno Ispra, nelle sue statistiche, ha per la prima volta distinto l’uso del suolo derivante dal fotovoltaico a terra, introducendo i concetti di “suolo occupato” o di “consumo reversibile” e distinguendo finalmente un impianto fotovoltaico da un’autostrada o da un polo logistico: l’impatto c’è, ma è una modifica dell’uso, non un consumo irreversibile.
L’ipocrisia della difesa biocombustibili
Mi colpisce sempre che si dica che dovremmo tenere i campi per la produzione di cibo, quando spesso ciò che si coltiva non è cibo ma mangimi per animali. Sappiamo benissimo che, se riducessimo i consumi di carne, potremmo ridurre la produzione di mangimi e quindi gli impatti agricoli. Esistono poi molti terreni dedicati a colture industriali finalizzate alle energie, cioè piante coltivate unicamente per produrre energia. Per esempio, in Pianura Padana ci sono moltissimi ettari coltivati a granoturco destinato esclusivamente alla produzione di biogas.
E il nostro governo è in prima fila nel proporre un più vasto utilizzo dei biocombustibili, con un approccio piuttosto ipocrita. Si pensi infatti che negli Stati Uniti sono stati fatti calcoli sulla produzione di bioetanolo da mais, usato come carburante, e questo occupa da 75 a 200 volte più terreno di quanto sarebbe necessario per un impianto fotovoltaico a produrre energia elettrica per alimentare un’auto delle stesse dimensioni per percorrere analoghe distanze. Con energia elettrica prodotta da fotovoltaico a terra si avrebbe quindi una riduzione del 98-99% dell’utilizzo del suolo.
Se avessimo 100 ettari coltivati a mais per produrre bioetanolo, potremmo dedicarne uno alla produzione di elettricità con cui muovere un’auto elettrica, e gli altri 99 potrebbero essere rinaturalizzati o dedicati a colture alimentari, se questo è ciò che interessa.
Questo non significa che il fotovoltaico a terra vada sempre bene, ma indica come un approccio basato sulla scienza, che cerchiamo sempre di seguire a Il Giusto Clima, stia producendo risultati spesso sorprendenti. L’ultimo esempio: in Cina, in terreni desertici, la presenza – in quel caso molto massiccia – di impianti fotovoltaici ha creato condizioni di maggiore umidità. Dove prima non cresceva nulla, oggi cresce l’erba, e terreni prima desertici non lo sono più.
Lascio a voi giudicare se questo sia un impatto positivo o negativo; certamente è molto diverso da quanto immaginiamo quando pensiamo a un impianto a terra.
“Le Note del Prof” è il titolo della rubrica settimanale energetica a cura di Gianluca Ruggieri, in onda tutti i mercoledì sera a Il Giusto Clima su Radio Popolare. Questo testo è tratto dall’editoriale della 10 dicembre 2025.