«A 27 anni ho deciso di lasciare Torino e il marketing per prendere in mano l’antica cascina di mio nonno. Seguivo corsi serali per imparare il mestiere, ma non è stato semplice inserirsi nel settore, sia come donna che come agricoltrice alla prima esperienza. Però ho capito che nella vita per seguire i propri sogni bisogna anche andare controcorrente».
È stato un cambio di professione, ma soprattutto di vita, quello intrapreso nel 2008 da Alice Cerutti, agricoltrice e proprietaria di Cascina Oschiena a Crova, nel Vercellese. Una scelta audace che negli anni l’ha resa una vera ambasciatrice della biodiversità e che oggi fa di lei una delle Dieci donne che salvano la terra, il progetto di Slow Food Italia che vuole dare valore e voce alle donne piemontesi che – spesso nell’ombra – lavorano per custodire la terra, produrre cibo buono, pulito e giusto, e cambiare il futuro.
«Nonno Mario, lungimirante, aveva acquistato la cascina negli anni 50, avviando la tradizione delle risaie. Ed è qui, tra queste mura, che mi sono resa conto del potenziale dell’agricoltura. Grazie al prezioso aiuto di mia mamma e mio marito, ho intrapreso una restaurazione conservativa della struttura, utilizzando solo tecniche di bioedilizia, e così, mattone dopo mattone, ho ricostruito il legame con la natura».
Vecchi tetti utilizzati per realizzare il pavimento, due impianti di pannelli fotovoltaici per trarre energia dal sole, antichi fienili ora diventati dimora di gufi e barbagianni: Cascina Oschiena è una realtà sempre più autosufficiente. A guidare Alice infatti è la convinzione che «si può e si deve coltivare unendo alla qualità del prodotto la tutela del prezioso patrimonio che appartiene a tutti noi: l’ambiente e le forme di vita che lo abitano».
Nel 2019, dopo 4 anni di lavoro, Alice ha creato l’Oasi Naturale di Cascina Oschiena, restituendo all’ambiente 25 ettari da sempre destinati alla produzione di riso. Al centro di questo importante progetto c’è il ripopolamento di diverse specie in via di estinzione, prima fra tutte la pittima reale, «un raro uccello migratore, il cui ultimo sito censito di nidificazione in Italia è proprio la nostra cascina. Ancora ricordo il giorno in cui venne a farci visita l’ornitologo Mauro della Toffola, che segue questa specie da 40 anni, e ci disse “fate attenzione, avete una grande responsabilità”. E da allora l’agrifauna è diventata parte essenziale della nostra attività agricola. Per questo abbiamo deciso di dedicarle il logo dell’azienda: è davvero il simbolo di un sogno che pian piano prende forma. Restituire biodiversità alla natura è il regalo più bello che possiamo farci, per noi e soprattutto per le nuove generazioni».
Nella sua azienda Alice porta avanti una coltivazione integrata, priva di insetticidi, nel pieno rispetto della terra. Semina varietà di riso autentiche, storiche e certificate come l’arborio classico, che purtroppo ormai sta scomparendo, e dal 2016 ha introdotto anche l’antico farro dicoccum.
«Per me il ciclo di coltivazione non inizia il giorno della semina, ma quello subito dopo la raccolta. Al riso affianco le leguminose, che fissano l’azoto e restituiscono sostanza organica, e spesso accolgo un pastore errante di Gressoney per far pascolare le sue 1200 pecore, che con la loro attività arricchiscono il suolo. Accorgimenti che nel loro insieme contribuiscono ad aumentare la fertilità del terreno e la presenza di piante e fiori che stimolino impollinatori e insetti. Oggi i tempi parlano di conservazione, ma con il nostro atteggiamento abbiamo già distrutto tanto. C’è bisogno di restituire e non sopraffare. Ascoltare e non esigere: anche con la natura vale la regola del do ut des».
Oltre ad aver riconvertito sei ettari di risaie nell’unico bosco di pianura della zona, nell’ultimo anno Alice ha piantato più di 5000 alberi di meli e peri antichi su argini e fontanili, una delle tante azioni previste nei sistemi di agricoltura sostenibile e nei progetti volontari di tutela e ricostruzione di aree naturali, che hanno riconosciuto i terreni come Zona di protezione speciale “Risaie Vercellesi” e Riserva di protezione e ripopolamento della fauna.
«La cosa meravigliosa che ho appreso dal mio lavoro è quanto la natura ti risponda in fretta. Imparare a rispettarla può rivoluzionare il nostro approccio alla vita. L’oasi di biodiversità è l’esempio di come ognuno di noi sia un tassello di un ecosistema più grande. Siamo tutte e tutti custodi del nostro territorio: possiamo fare la differenza, insieme, un chicco alla volta».
Dieci donne che salvano la terra
Slow Food Italia – con il patrocinio e il contributo della Regione Piemonte – ha lanciato l’iniziativa Donne che salvano la terra per dare valore e voce alle donne piemontesi che, spesso nell’ombra, lavorano per custodire la terra, produrre cibo buono, pulito e giusto, cambiare il futuro. Donne che possono diventare fonte di ispirazione per le ragazze e i ragazzi che stanno compiendo il loro percorso di formazione scolastico e personale. Per scoprirle e raccontarle, Slow Food ha chiesto ai propri soci e simpatizzanti, appassionati gastronomi, attivisti sui temi dell’ambiente e operatori della società civile, giornalisti e blogger, di attivarsi e candidare la propria “donna che salva la terra”. Al termine della fase di candidatura, una commissione ha selezionato 10 donne, impegnandosi a diffondere le loro storie attraverso i canali di Slow Food Italia per mostrare con orgoglio il lavoro che ogni giorno realizzano.
Scopri le loro storie grazie a: