L’Italia ha perso in venti anni oltre un quinto dei giovani, diventando ultima in Europa per la presenza di under 35;
migliorano gli indicatori del mercato del lavoro. Ma al Sud la disoccupazione giovanile è pari a tre volte quella del Nord;
il lavoro dei giovani è sempre più instabile e discontinuo, anche nel settore pubblico;
basse retribuzioni per i giovani del settore privato. Meglio il lavoro pubblico, ma negli ultimi 5 anni calano i salari reali;
crisi di rappresentatività e crollo della rappresentanza: soltanto un elettore su 5 ha meno di 35 anni, e i giovani eletti alla Camera crollano sotto il 7%;
istituzioni ancora distanti dalle esigenze dei giovani, cresce la fiducia nell’Europa;
7 giovani su 10 preoccupati dall’ingresso nel mondo del lavoro. Molestie, ricatti e vessazioni, timori diffusi tra le giovani;
sono salute e famiglia i fattori centrali per la qualità della vita di un giovane;
il contrasto alla violenza di genere e la lotta alla mafia, interventi prioritari per migliorare la qualità della vita dei giovani;
i giovani si sentono poco compresi dagli adulti nelle loro fragilità.
Roma, 9 aprile 2024 – Il Consiglio Nazionale dei Giovani e l’Agenzia Italiana per la Gioventù hanno presentato il nuovo rapporto “Giovani 2024: Bilancio di una Generazione”, sulla condizione giovanile in Italia. Un lavoro per tracciare un quadro dettagliato delle principali sfide e delle opportunità che i giovani italiani affrontano oggi, offrendo al contempo spunti concreti per politiche future.
Il documento rivela dati preoccupanti riguardanti la demografia, l’istruzione e l’occupazione, evidenziando in modo particolare la riduzione demografica dei giovani, il fenomeno della fuga di cervelli, la precarietà lavorativa e la disuguaglianza territoriale e di genere. Tuttavia, il rapporto non getta solo luce su problemi persistenti, ma apre anche alla speranza, proponendo vie d’uscita basate sull’innovazione, l’inclusione e la sostenibilità.
L’Italia si confronta con una sfida demografica di vasta portata, evidenziata da un calo significativo nella sua popolazione giovane. Negli ultimi due decenni, abbiamo assistito a una riduzione di quasi 3,5 milioni di giovani under 35, con un tasso di decremento di circa il 21%. Questo fenomeno ha colpito particolarmente il segmento femminile, con una diminuzione di quasi il 23% contro il quasi 20% maschile. Un confronto che a livello europeo pone l’Italia in una posizione allarmante: siamo gli ultimi per incidenza di giovani, ben sotto la media dell’Unione Europea.
La fuga di cervelli si manifesta in modo preoccupante, con quasi 18 mila giovani laureati che hanno optato per l’espatrio nel 2021, un aumento del 281% rispetto al 2011. Questo scenario si accompagna a una crescente instabilità nel mercato del lavoro, dove il precariato coinvolge il 41% degli under 35, evidenziando una condizione di incertezza e discontinuità lavorativa che affligge in modo particolare i più giovani.
Le disparità territoriali aggiungono un ulteriore livello di complessità, con il Sud Italia che registra tassi di disoccupazione giovanile notevolmente superiori rispetto al Nord, e dove il salario medio annuo dei giovani lavoratori è significativamente più basso. Queste condizioni sfavorevoli si riflettono anche sulla capacità dei giovani di accedere a opportunità di lavoro stabili e retribuzioni adeguate, influenzando negativamente la qualità della vita e le aspettative future.
Le basse retribuzioni dei giovani nel settore privato rappresentano una problematica significativa. Nel corso del 2022, la retribuzione lorda media annua dei giovani dipendenti del settore privato (15-34 anni) si è fermata a 15.616 euro, rispetto ai 22.839 euro complessivamente rilevati nel settore. Questa disparità retributiva si manifesta anche nei diversi tipi di contratto: i giovani con contratti stabili percepiscono in media 20.431 euro, mentre coloro con contratti a termine e stagionali guadagnano rispettivamente 9.038 euro e 6.433 euro. Nel settore pubblico, invece, i giovani lavoratori (15-34 anni) hanno raggiunto una retribuzione lorda media annua di 23.253 euro nel 2022, che rappresenta una volta e mezza quella del settore privato. Tuttavia, nonostante un incremento nominale delle retribuzioni dal 2018, sia nel settore privato sia in quello pubblico, considerando l’inflazione, si registra una diminuzione del potere d’acquisto, con una variazione negativa delle retribuzioni reali pari al -1,7% nel privato e al -7,5% nel pubblico.
Dal punto di vista politico e sociale, la diminuzione della popolazione giovanile ha avuto ripercussioni evidenti sull’ elettorato giovane, che in 20 anni si è drasticamente ridotto – passando dal 30,4% del 2002 al minimo storico del 21,9% nel 2022. Più rilevante il dato sulla rappresentanza politica, il taglio dei Parlamentari ha colpito quasi esclusivamente gli under 35, con un drastico calo dei giovani eletti, che tra il 2018 e il 2022 hanno subito un decremento dell’80%, passando da 133 a 27, determinando un’influenza sempre minore dei più giovani. L’indagine realizzata tra i giovani italiani mostra un forte senso di alienazione dalle istituzioni, percepite come inefficaci nel rispondere alle loro esigenze: solo il 12% esprime un giudizio positivo sulla sensibilità delle istituzioni verso le problematiche giovanili e per l’85% del campione il livello di attenzione politica nei confronti dei giovani è inadeguato. La percezione cambia se si guarda all’Unione Europea, che riceve una piena sufficienza (6/10) nell’indice di fiducia.
Il percorso formativo viene valutato positivamente dalla maggior parte delle ragazze e dei ragazzi, con un apprezzamento particolare per le opportunità offerte da programmi europei come l’Erasmus+. Tuttavia, la realizzazione personale e professionale rimane ostacolata da barriere significative, tra cui l’instabilità occupazionale e l’accesso limitato all’abitazione, che impediscono una piena transizione verso l’indipendenza e la vita adulta.
Le preoccupazioni legate all’ingresso nel mondo del lavoro dominano il panorama giovanile, con la paura di precarietà e sotto-retribuzione che si sommano ai timori di ricatti, molestie o vessazioni sul posto di lavoro, indicati dal 17,5% dei giovani.
Cosa serve agli under 35 per diventare adulti? Per affrancarsi dai genitori, condizione primaria è quella di ottenere un lavoro stabile. Allo stesso modo, per crearsi una famiglia, quasi il 70% dei giovani indica il bisogno di una situazione economica adeguata. A proposito di genitorialità, più del 60% degli intervistati esprime il desiderio futuro di avere figli. Il 72% del campione, inoltre, attribuisce un ruolo centrale al fenomeno della denatalità.
Nel rapporto tra generazioni, colpisce il fatto che secondo l’opinione di tre intervistati su quattro (quasi il 75%), gli adulti comprendano “poco” (61%) o “per niente” (più del 13%) le esigenze e il vissuto dei giovani, in particolare le paure e fragilità (quasi il 61% delle indicazioni), seguito da aspirazioni e sogni (circa il 50%).
Questi dati sottolineano l’urgenza di interventi politici e sociali mirati a migliorare le condizioni di vita e le prospettive dei giovani in Italia, attraverso la promozione di un mercato del lavoro più stabile e inclusivo, una maggiore valorizzazione delle competenze e un dialogo intergenerazionale rinnovato.
La ricerca “Giovani 2024: Bilancio di una Generazione ” è stata realizzata dal Consiglio Nazionale dei Giovani e dall’Agenzia Italiana per la Gioventù, con il supporto scientifico di EU.R.E.S. Ricerche Economiche e Sociali.
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Dichiarazione di Maria Cristina Pisani, Presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani: “Viviamo un’epoca contrassegnata da cambiamenti rapidi e spesso imprevedibili. Questo Rapporto mette in luce le problematiche con cui i giovani si confrontano quotidianamente ed è per questo uno strumento utile per orientare le nostre scelte. La riduzione demografica, l’instabilità lavorativa, le difficoltà reddituali, le disuguaglianze territoriali e di genere, il calo della loro rappresentanza nei contesti istituzionali, delineano uno scenario complesso che richiede un intervento strutturato. Eppure, contemporaneamente, l’indagine evidenzia una capacità di resilienza notevole tra i giovani, una fiducia verso l’Europa e un desiderio profondo di contribuire attivamente al cambiamento sociale ed economico del nostro Paese. Il ruolo di ciascuno di noi è cruciale nell’interpretare queste voci, nel tradurre le preoccupazioni e le speranze in azioni concrete e nel realizzare strumenti che possano valorizzare e supportare i ragazzi e le ragazze in ogni ambito della loro vita. Negli ultimi 5 anni, sono, infatti, calati i salari reali, in particolare le retribuzioni per i giovani del settore privato sono scese a medie sempre più basse, toccando i 9.546 euro annui per gli under 24. La centralità di un lavoro stabile per costruire una vita autonoma, risulta ancora oggi la maggiore richiesta giovanile (65,7%), con una percentuale sempre più alta tra le ragazze. La sfida che ci attende è impegnativa. È necessario un impegno collettivo per promuovere l’istruzione di qualità, l’inserimento lavorativo, l’equità sociale e di genere, e per rafforzare la rappresentanza giovanile a tutti i livelli decisionali. Sono azioni che devono andare di pari passo con l’intensificazione degli sforzi per contrastare ogni forma di discriminazione e di esclusione economica e sociale, per garantire a tutti l’accesso alle opportunità, alla salute e al benessere, preservandone i diritti e ascoltandone le voci. Allo stesso modo, occorre rafforzare la comprensione delle loro difficoltà soprattutto alla luce che per tre giovani su quattro gli adulti comprendano “poco” o “per niente” le loro paure e loro fragilità. È per questo che ci impegniamo a garantire che le esigenze di questa generazione e le loro istanze siano ascoltate in tutte le sedi in cui si discute e si decide del loro futuro, per far si che le loro difficoltà diventino priorità per il nostro Paese”.
Dichiarazione di Federica Celestini Campanari, Commissario straordinario dell’Agenzia Italiana per la Gioventù: “I dati emersi nel rapporto di ricerca fanno emergere una realtà difficile, in cui i problemi che i giovani italiani vivono ormai da più di un decennio risultano certamente aggravati dalla pandemia, dalla guerra e dalle recenti crisi economiche. Tuttavia, possiamo cogliere dei segnali positivi: l’attenzione per il tema della natalità e della famiglia, non scontati in una Nazione che sta vivendo quello che gli esperti chiamano “inverno demografico”; il ruolo determinante dei genitori – che restano il primo e più importante esempio nel percorso di crescita dei giovani italiani; il ruolo importante dei Programmi europei nella formazione e nella propensione alla partecipazione attiva; la fiducia nell’Unione Europea, legata forse anche alla stabilità trasmessa dalle istituzioni comunitarie; l’attenzione al tema della legalità. Pur continuando a registrare numeri assoluti preoccupanti, va detto anche che nel 2023 abbiamo visto un aumento del tasso di occupazione dei giovani e delle donne e la diminuzione della percentuale dei NEET. La strada da percorrere è lunga ma dobbiamo lavorare per infondere speranza e fiducia nel futuro: è compito delle istituzioni ascoltare i giovani, capirne le aspettative, i sogni e le paure e cercare risposte strutturali per permettere ai nostri ragazzi di realizzarsi in Italia, se vorranno, scegliendo di andare all’estero solo per scelta e non per necessità. Questo è l’impegno dell’AIG, affianco all’opera quotidiana del Ministro Abodi e del Governo Meloni nel rimuovere le cause del disagio giovanile e gli ostacoli alla piena realizzazione dei nostri giovani.”
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SINTESI DEI PRINCIPALI RISULTATI
GIOVANI 2024: IL BILANCIO DI UNA GENERAZIONE
Ultima in Europa per la presenza di under35. L’Italia ha perso in venti anni oltre un quinto dei giovani – Tra il 2002 e il 2023 l’Italia ha visto diminuire di 3,4 milioni di unità il numero dei giovani residenti (15-35 anni), passati da 16,1 milioni a 12,7 milioni di unità, subendo quindi una perdita di oltre un quinto dei propri giovani (-21,2%).
Ancora più consistente la flessione nella componente femminile (-22,8%, a fronte del -19,7% per quella maschile), dove risulta inferiore la compensazione della denatalità da parte dei fluissi migratori in ingresso. Tale flessione, più ampia di quella maschile in tutte le classi di età, arriva a superare il -30% in quella “25-35 anni”.
Molto negativo risulta inoltre il risultato del confronto tra i 27 Paesi europei, dove l’Italia si colloca in ultima posizione per la presenza di giovani (il dato Eurostat considera la fascia 18-34 anni), con un’incidenza di appena il 17,4%, a fronte del 19,4% della media UE, con scarti particolarmente rilevanti rispetto ai Paesi più virtuosi (23,7% in Lussemburgo, 22,1% in Danimarca, 21,9% nei Paesi Bassi e 21,7% in Svezia).
Demografia differenziata: l’inverno demografico colpisce soprattutto le regioni del Sud – Le forti modificazioni della struttura demografica, che pure muovono dalle dinamiche naturali, rimandano direttamente all’attrattività dei territori, ed ai processi migratori che ne derivano. Negli ultimi venti anni, infatti, mentre il Nord ha visto diminuire i giovani del 16,9% e le regioni del Centro del 18,9%, il calo è stato del 27,3% al Sud dove, secondo gli ultimi dati disponibili, risiede il 36% dei giovani italiani, a fronte del 45,1% al Nord e del 18,9% al Centro.
Gli effetti dell’inverno demografico sono peraltro chiaramente riscontrabili anche negli ultimi anni: tra il 2019 e il 2022, infatti il saldo negativo, pari a -378 mila giovani di 15-34 anni residenti in Italia (-2,9%), risulta fortemente concentrato al Sud (-309 mila unità e -6,5%), a fronte di una perdita meno marcata al Centro (-65 mila unità e -2,7%) e di una sostanziale tenuta demografica dei giovani al Nord (-0,1% e -4,7 mila unità).
Pochi laureati, e sempre più in fuga verso l’estero (+281% in 10 anni) – Se il tema delle alte competenze è sempre più centrale nei processi di innovazione e nella competitività tra sistemi, colpisce particolarmente come in Italia l’incidenza dei laureati nella fascia 25-34 anni (29,2%) risulti fortemente inferiore alla media europea (42%) e lontanissima da quella dei paesi più virtuosi quali l’Irlanda (62,3%), il Lussemburgo (61%), i Paesi Bassi (56,4%), la Svezia (52,4%) e il Belgio (51,4%). Inoltre nel solo 2021 sono quasi 18 mila (17.997 unità) i giovani laureati che hanno lasciato l’Italia per trasferirsi all’estero, con una crescita del 281% rispetto ai 4.720 del 2011, che raggiunge il +402% tra i giovani del Sud, a fronte del +283% al Centro e del +237% al Nord.
Ma un “trasferimento di cervelli” si rileva anche all’interno del Paese: dei 56 mila giovani laureati che hanno lasciato la propria regione nel 2021, ben il 48,6% era del Sud, con un saldo negativo interno pari a -17,8 mila unità, assorbite in larga misura dalle regioni del Nord (+14,7 mila unità) e, secondariamente, da quelle del Centro (+3,1 mila).
Migliorano gli indicatori del mercato del lavoro. Ma al Sud la disoccupazione giovanile è pari a tre volte quella del Nord – Nel 2023 in Italia il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) ha raggiunto il 45% (20,4% nella fascia “15-24 anni” e 68,1% in quella “25-34 anni”), con una crescita di 1,3 punti percentuali rispetto al 2022, pur rimanendo ancora distante dall’indice riferito all’intera popolazione (61,5%). Anche il tasso di disoccupazione giovanile, pari al 13,4% nel 2023 (22,7% nella fascia 15-24 anni e 10,3% in quella 25-34) indica una dinamica positiva, registrando una flessione di 1 punto percentuale rispetto al 14,4% del 2022.
Resta tuttavia alto il differenziale territoriale, con un tasso di occupazione giovanile fermo al Sud al 33,1%, contro il 47,3% al Centro e il 53,4% al Nord; analogamente il tasso di disoccupazione (15-34 anni) raggiunge al Sud un valore (23,9%) pari al triplo di quello del Nord (8%) e ad oltre il doppio di quello del Centro (11,1%). Consistente anche il differenziale di genere, con un tasso di occupazione femminile (15-34 anni) del 38,6%, a fronte del 51% per quello maschile.
Lavoro dei giovani sempre più instabile e discontinuo, anche nel settore Pubblico – In Italia i giovani lavoratori del settore privato (5,5 milioni, pari al 91,5% dei giovani dipendenti totali) vivono una condizione di diffusa e crescente discontinuità lavorativa: il 40,9% degli under35enni ha infatti un contratto precario (a tempo determinato o stagionale), contro il 59,1% con contratto stabile, cioè a tempo indeterminato o in apprendistato (erano il 59,4% nel 2018). I lavoratori stabili scendono al 42,3% del totale nella fascia 15-24 anni, per attestarsi al 67% in quella successiva (25-34 anni).
Ancora più negativi i dati relativi alle nuove attivazioni contrattuali (2023) che, in linea con una tendenza trasversale del mercato del lavoro, tra gli under 30 risultano “precarie” nel 79,8% dei casi e soltanto nel 20,2% “stabili” (10,3% a tempo indeterminato e 9,9% in apprendistato).
Analoga risulta la situazione nel settore pubblico (dove lavorano 516 mila giovani under35), dove gli “atipici” rappresentano il 48,6% del totale dei giovani dipendenti (erano il 47,7% nel 2018), a fronte del 51,4% di lavoratori stabili (nella fascia 15-24 anni nel settore pubblico i “precari” arrivano tuttavia a rappresentare il 74,4%).
La precarietà contrattuale sopra descritta, si traduce in una discontinuità strutturale sul piano lavorativo e salariale: nell’anno 2022 soltanto il 39,0% dei giovani dipendenti del settore privato ha infatti ricevuto 12 o più mensilità retributive dal datore di lavoro, mentre per il 32,7% il periodo retribuito è risultato inferiore a 6 mesi (il 19,5% “fino a tre mensilità” e il 13,2% “da tre a meno di 6 mensilità”), con effetti dirompenti sulla qualità e sui progetti di vita e, a lungo termine, sul futuro pensionistico.
Basse retribuzioni per i giovani del settore privato. Meglio il lavoro pubblico, ma negli ultimi 5 anni calano i salari reali – Nel 2022 la retribuzione lorda media annua dei giovani (15-34 anni) lavoratori dipendenti del settore privato ammontano a 15.616 euro (9.546 euro nella classe “15-24 anni” e 18.447 in quella “25-34 anni”), a fronte dei 22.839 euro complessivamente censiti nel settore. Più in particolare i risultati retributivi si legano alla situazione contrattuale, con valori pari a 20.431 euro per i giovani con contratti stabili, a fronte dei 9.038 euro dei giovani lavoratori con contratti a termine e dei 6.433 euro tra gli stagionali. Differenziali significativi si rilevano inoltre in base al genere, con retribuzioni medie pari a 17.436 tra gli under35 maschi, contro 13.233 euro tra le femmine, così come a livello territo