Negli ultimi decenni l’allungamento della vita media e la drastica riduzione della natalità hanno favorito il progressivo invecchiamento della popolazione che, come noto, rappresenta una delle principali sfide del nostro tempo.
In Italia, come nella maggior parte dei Paesi avanzati, le persone che hanno raggiunto i 65 anni e più di età diventano sempre più numerose. Secondo i dati Istat, al 1° gennaio 2023 a fronte di oltre 58 milioni di residenti il 24% si collocava nella fascia over 65 e ben il 7,8% era over 80.
A partire dal 2025, e in misura ancora più significativa dal 2030, inizieranno ad entrare in questa fascia di età i cosiddetti “baby boomers”. Ciò comporterà un ulteriore incremento della quota degli ultra 65enni rispetto al totale della popolazione, che arriverà ad essere pari al 35% nel 2050. Gli ultra 80enni saranno invece il 14,1% della popolazione.
Dal confronto con gli altri Stati UE emerge, inoltre, che l’Italia è tra i Paesi più vecchi. Infatti, presenta un indice di dipendenza degli anziani – ossia il rapporto tra il numero di anziani (di età pari o superiore a 65 anni) rispetto al numero di persone in età lavorativa (15-64 anni) – pari al 37,8%, il dato più alto registrato dopo il 38% del Portogallo e superiore di oltre 4 punti percentuali rispetto alla media UE.
GLI OVER 65: PERSONE SEMPRE PIÙ ATTIVE E ARTEFICI DEL PROPRIO BENESSERE
Tuttavia, grazie anche all’aumento dell’aspettativa di vita in buona salute, gran parte degli over 65 sono persone sane e autosufficienti. Oggigiorno – come evidenziato anche dal paper I-Com, FROM SILVER TO GOLD. Un nuovo modello di sviluppo e di servizi per la Silver Society – bisogna superare l’immaginario collettivo per cui l’anziano è considerato esclusivamente come cittadino passivo e bisognoso di assistenza ormai ai margini della società e proporre di fatto un cambio di paradigma che vede gli over 65 come persone attive, artefici del proprio benessere.
Il sistema economico, produttivo e dei servizi si deve necessariamente rendere conto delle esigenze specifiche di questo gruppo della popolazione, in quanto, al di là delle sfide legate alla gestione di una popolazione che invecchiando presenta fisiologicamente una domanda di salute crescente, tante sono le nuove opportunità per il mercato dei beni e dei servizi e ampi spazi di innovazione capaci di spillover positivi sull’occupazione e sull’economia in generale.
Più nello specifico, l’invecchiamento attivo comporta diversi vantaggi, tra cui sostenibilità del sistema di welfare in termini di riduzione della spesa pubblica per gli interventi di assistenza socio-sanitaria, maggiore apporto produttivo derivante dalle attività che la persona anziana decide di intraprendere (nel mercato del lavoro, in forma di volontariato, nella famiglia, ecc.), nonché migliore bilanciamento del sistema previdenziale.
Già alla fine degli anni novanta l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) aveva ampliato il concetto di invecchiamento in salute (healthy ageing), includendo la locuzione “invecchiamento attivo” (active ageing) che di fatto ha segnato il passaggio da una visione di policy basata sui bisogni di individui considerati sostanzialmente passivi ricettori di cura e assistenza a una visione finalizzata al rispetto dei diritti e al raggiungimento delle pari opportunità.
LA PROMOZIONE DELL’INVECCHIAMENTO ATTIVO: LE VARIE INIZIATIVE A LIVELLO INTERNAZIONALE
Un fattore di stimolo verso l’adozione del paradigma sopra descritto è senza dubbio rappresentato dal Piano di Azione Internazionale di Madrid sull’Invecchiamento (Madrid International Plan of Action on Ageing – MIPAA, 2002 ) col quale gli Stati membri dell’ONU avevano definito un’agenda di impegni e prospettive per le politiche legate all’invecchiamento nel XXI secolo e un percorso di verifica quinquennale per la sua realizzazione. In verità, la ratifica del piano di Madrid sull’invecchiamento e la relativa roadmap costituiscono storicamente il momento in cui emerge a livello globale la consapevolezza riguardo a come la trasformazione demografica caratterizzata dall’invecchiamento della popolazione investa inevitabilmente tutti gli aspetti della vita individuale e sociale, sia su scala nazionale che internazionale.
Nel corso degli anni il dibattito in merito al rapporto fra invecchiamento della popolazione e affermazione dei diritti umani ha segnato diverse tappe. Il 21 dicembre 2010, con la Risoluzione 65/182 (UN, 2010), l’Assemblea Generale dell’ONU ha istituito il “Gruppo di lavoro permanente sull’invecchiamento” (Open Ended Working Group on Ageing) mentre nel maggio 2016 la sessantanovesima Assemblea Mondiale sulla Salute ha approvato la “Strategia globale e un piano d’azione in materia di invecchiamento e salute” (Global strategy and action plan on ageing and health 2016-2020), allineando le linee guida per una risposta globale all’invecchiamento con gli obiettivi della Strategia per lo Sviluppo Sostenibile, adottati dall’Assemblea Generale nel settembre 2015. La Strategia 2016-2020, che ha successivamente condotto all’inaugurazione della Decade dell’invecchiamento in salute e del relativo action plan 2021-2030, ha voluto rispondere puntualmente a quanto stabilito nell’ambito della Strategia sullo Sviluppo Sostenibile, dato che l’invecchiamento viene chiaramente inteso come rilevante in almeno 15 dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile.
L’IMPEGNO DELL’UNIONE EUROPA NEL RICONOSCIMENTO DELL’INVECCHIAMENTO ATTIVO
La partecipazione attiva degli anziani alla società è tema oggetto di grande attenzione, da diversi anni in agenda anche a livello europeo, poiché può rappresentare un’opportunità di crescita per i paesi dell’UE, con ricadute positive sul sistema welfare e previdenziale nonché sulle finanze pubbliche.
Il Trattato di Lisbona e la Direttiva 78/200040 del Consiglio dell’Unione hanno dato un forte impulso al riconoscimento dell’invecchiamento nel più ampio ambito dei diritti umani, in particolare proibendo la discriminazione in base all’età anche in ambito lavorativo e garantendo agli anziani il diritto di vivere una vita dignitosa e indipendente, nonché di partecipare alla vita sociale e culturale della propria comunità. Inoltre, una serie di iniziative come la creazione del Partenariato Europeo per l’Innovazione sull’ Invecchiamento Attivo e in Buona Salute nel 2011, la designazione del 2012 come anno europeo dell’invecchiamento attivo e lo sviluppo e il lancio, nello stesso anno, dell’Indice di Invecchiamento Attivo, voluto da Commissione Europea e Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE) hanno segnato dei passi in avanti nella promozione dell’invecchiamento attivo.
L’indice di invecchiamento attivo (Active Ageing Index), nello specifico, dà una valutazione quantitativa di quanto si invecchi attivamente nei vari Stati Membri, ed è una buona proxy della capacità di ciascun Paese di garantire l’invecchiamento della propria popolazione.
Nel 2018, ultimo anno disponibile, l’indice di invecchiamento attivo variava dal punteggio più alto della Svezia, pari a 47,2, a quello più basso della Grecia, pari a 27,7. L’Italia, con un punteggio pari a 33,8, si collocava al di sotto della media europea di 35,7.
Questi risultati testimoniano una situazione molto disomogenea a livello europeo con Paesi molto avanti in termini di politiche ed iniziative rivolte agli anziani e alla loro inclusione nella società e Paesi che, invece, ancora faticano a definire un chiaro framework regolatorio per la promozione dell’invecchiamento attivo.
INVECCHIAMENTO ATTIVO IN ITALIA: ARRIVA IL DECRETO ANZIANI
Nel nostro Paese fino a qualche tempo fa prevaleva ancora largamente una visione e un’opinione pubblica che identificavano l’anzianità con la non autosufficienza, piuttosto che la persona anziana quale risorsa per la società.
Tuttavia, qualcosa sembra destinato a cambiare. Infatti, nella Gazzetta Ufficiale del 18 marzo scorso è stato pubblicato il Decreto Legislativo contenente disposizioni in materia di politiche in favore delle persone anziane, in attuazione della legge n. 33 del 23 marzo 2023 che aveva delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di politiche in favore degli anziani, includendo interventi per l’invecchiamento attivo e la promozione dell’autonomia delle persone anziane.
Il decreto reca disposizioni volte a promuovere la dignità e l’autonomia, l’inclusione sociale, l’invecchiamento attivo e la prevenzione della fragilità della popolazione anziana, anche attraverso l’accesso alla valutazione multidimensionale unificata, a strumenti di sanità preventiva e di telemedicina a domicilio, il contrasto all’isolamento e alla deprivazione relazionale e affettiva, la coabitazione solidale domiciliare per le persone anziane (senior cohousing) e la coabitazione intergenerazionale (cohousing intergenerazionale), lo sviluppo di forme di turismo del benessere e di turismo lento; a riordinare, semplificare, coordinare e rendere più efficaci le attività di assistenza sociale, sanitaria e sociosanitaria per le persone anziane non autosufficienti, anche attraverso il coordinamento e il riordino delle risorse disponibili nonché ad assicurare la sostenibilità economica e la flessibilità dei servizi di cura e assistenza a lungo termine per le persone anziane e per le persone anziane non autosufficienti.
Dunque, si auspica che il presente decreto consenta di favorire una maggiore consapevolezza dell’invecchiamento attivo e delle sue potenzialità e aiuti anche la messa a terra di progetti innovativi rivolti agli anziani autosufficienti.
Ad esempio, i progetti di cohousing o senior housing, richiamati anche nel suddetto decreto, hanno l’obiettivo di promuovere l’invecchiamento attivo e l’inclusione sociale degli anziani, rispondendo alle esigenze di quelle persone che, una volta uscite dal mondo del lavoro, rischiano di perdere il senso della loro importanza, poiché offre un antidoto all’isolamento e favorisce l’engagement nella comunità.
Tuttavia, l’Italia è ancora molto indietro rispetto all’Europa e specie ai paesi del Nord nello sviluppo e nell’offerta di soluzioni abitative in linea con le esigenze della popolazione anziana. Secondo una ricerca di Nomisma di alcuni anni fa, le nazioni che registravano il volume più alto di investimenti nel settore del senior housing (dati riferiti al terzo trimestre 2019) erano il Regno Unito (2,2 miliardi di euro), la Germania (927 milioni di euro), la Svezia (522 milioni di euro) e la Francia (414 milioni di euro). In Italia, invece, erano stati investiti nel settore 149,5 milioni di euro.
La Germania e il Regno Unito si confermano anche negli anni più recenti i principali paesi europei in cui questo nuovo modello residenziale è ampiamente diffuso. Infatti, tra il secondo trimestre 2020 e il secondo trimestre 2021, il mercato tedesco degli investimenti immobiliari senior ha rappresentato quasi un terzo di tutti gli investimenti nel settore nei principali mercati europei. Il Regno Unito si è, invece, posizionato secondo con il 23% degli investimenti mentre l’Italia si è classificata al settimo posto solo con il 5% degli investimenti in senior housing.
Tuttavia, il senior housing è solo una delle tante iniziative citate nel decreto per affrontare la notevole crescita dei bisogni delle persone anziane e favorire e promuovere l’invecchiamento attivo.
In verità, esistono diverse politiche e strategie innovative volte a ridurre l’isolamento sociale e a garantire una maggiore qualità della vita alle persone anziane. Ad esempio, l’articolo 6 promuove misure per favorire l’invecchiamento attivo mediante la promozione dell’impegno delle persone anziane in attività di utilità sociale e di volontariato. Inoltre, nell’articolo 20 (Percorso per le competenze trasversali e per l’orientamento per ridurre il divario digitale) si intravedono opportunità per rendere gli anziani più autosufficienti e artefici del proprio benessere anche grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie.
In conclusione, il decreto potrebbe davvero dare il via ad una riforma strutturale ormai attesa da anni se non fosse che molte delle disposizioni prevedono l’emanazione di numerosi decreti ministeriali per l’attuazione delle misure.
Nello specifico, in tema di invecchiamento attivo sono attesi:
• decreto del ministero della salute di concerto con il ministero del lavoro, entro 90 giorni, per le linee di indirizzo per la promozione dell’accessibilità dei servizi territoriali alle persone anziane
• decreto del ministero delle infrastrutture, entro 90 giorni, per definire l’adeguamento dei servizi di trasporto pubblico alle esigenze di mobilità delle persone anziane
• decreto del ministero del turismo , entro 90 giorni per definire le modalità di attuazione delle misure per il turismo del benessere attraverso convenzioni con strutture ricettive terminali tour operator organizzazioni di volontariato e associazioni
• decreto del Ministero della salute previo parere della conferenza Unificata per la realizzazione di servizi di telemedicina e assistenza domiciliare (attivazione di almeno tre servizi sperimentali entro 180 giorni, uno per area geografica).