Con quella faccia un po’ così, di chi ha già visto e previsto tutto, Antonio Tajani scommette sulla nuova primavera di un partito – Forza Italia – che molti pensavano di seppellire insieme al suo monarca assoluto, Silvio Berlusconi. Invece la gara di sorpassi a destra tra FdI e Lega ha lasciato al centro ampi spazi da arredare con proposte moderate ed europeiste: e lui, che di mestiere altre al segretario di FI fa il ministro degli Esteri (nonché vicepremier), ne approfitta per mettere a frutto gli anni trascorsi da presidente dell’Europarlamento e da commissario Ue. Alla vigilia dell’arrivo a Cagliari per lo show alla Fiera con Meloni, Salvini e Paolo Truzzu, Tajani rivendica il ruolo di stabilizzatore di FI: «Siamo gli “specialisti in Europa” del centrodestra», dice.
Come si caratterizza il vostro contributo, in una coalizione con la guida a destra?
«Forza Italia è il centro del centro-destra. È il partito italiano collegato al Partito popolare europeo, la forza moderata al centro della politica europea. Il nostro ruolo si è caratterizzato in questo, nell’essere il gruppo che nel governo traduce forse meglio di altri il rapporto con l’Europa. Col Covid, la guerra in Ucraina, il Pnrr, l’Ue ha manifestato fino in fondo il suo ruolo attivo e positivo per ogni Stato membro. FI è il partito che àncora l’Ue all’Italia e sa rappresentare meglio le nostre ragioni a Bruxelles».
Dopo la morte di Berlusconi qualcuno temeva che il partito implodesse. Qual è il vostro stato di salute?
«Qualcuno temeva o pronosticava, qualcun altro sperava nel crollo di Forza Italia. Non è stato così per varie ragioni. La prima: Berlusconi ha consolidato una forza politica che è tutt’altro che il “partito di plastica” che è stato raccontato. La seconda: il movimento è solido, ha buoni dirigenti, è radicato sul territorio, ha creato una classe di amministratori in grado di gestire con efficacia Regioni e Comuni. Gli elettori quindi hanno riconosciuto che Forza Italia, pur perdendo il “genio creativo” di Silvio Berlusconi, ha ancora una sua ragione di vita: rappresentare le istanze, i sentimenti di un’Italia moderata, riformista, europeista che vuole soltanto essere governata da gente concreta, seria e capace».
Sedici mesi di governo: di cosa è più, soddisfatto, e cosa invece si può fare meglio?
«Sono soddisfatto della coesione che da subito abbiamo trovato fra i partiti e i ministri della maggioranza. A differenza di quanto scrivono alcuni giornali, di “liti”, di “scontri”, la coesione con Giorgia Meloni e Matteo Salvini è alta. Lavoriamo bene insieme. Certo, siamo partiti diversi, apparteniamo a famiglie europee differenti, noi di FI rappresentiamo l’anima popolare, liberale, garantista, europeista e atlantista. L’importante è trovare una sintesi e lo facciamo».
Lei tempo fa pronosticava il 10% per voi alle Europee. È ancora di quell’idea?
«Alle ultime elezioni Forza Italia aveva superato l’8% del voto nazionale. I segnali che ci arrivano, e soprattutto l’evoluzione del quadro politico, che è sempre alla ricerca di una vera forza politica di centro, ci dicono che l’obiettivo del 10% alle Europee è possibile».
E alle Regionali sarde?
«Puntiamo a essere determinanti per la vittoria della coalizione, abbiamo una squadra di candidati che si distingue per riuscire a coniugare rinnovamento con esperienza».
Si è parlato molto dei vertici tra i Leader del centrodestra per scegliere il candidato alle Regionali. Perché non è stato confermato il governatore uscente?
«Una coalizione sceglie i suoi candidati in base a diverse valutazioni, che magari prescindono anche dal merito dell’attività del singolo. In Sardegna il centrodestra ha governato bene, la coalizione è rimasta unita, e nonostante il cambio del candidato presidente, ha un progetto di governo che gli elettori riconoscono. È un progetto unitario, chiaro, definito come quello del centrodestra a livello nazionale».
Come valuta la candidatura di Paolo Truzzu?
«Rappresenta bene questa volontà di procedere uniti».
La Sardegna reclama il diritto di scegliere se e dove insediare impianti eolici o fotovoltaici, e di dire no al deposito delle scorie nucleari. Il governo è d’accordo?
«Il ministro Pichetto Fratin è stato chiaro e questo impegno sarà messo nero su bianco nel decreto che vedrà la luce a breve: saranno i sardi a decidere dove si possano insediare gli impianti e dove no. Quanto alle scorie, noi non potremmo mai tradire l’amore di Silvio Berlusconi per la Sardegna».
Salvini vuole mandare l’esercito per riportare l’ordine nel centro storico di Sassari. Ma davvero le nostre città possono essere gestite solo con i militari?
«In molte realtà italiane, per esempio a Roma in molti punti sensibili, specie dopo le minacce del terrorismo jihadista, le forze armate sono state chiamate a operazioni di presidio e controllo. Non è il primo compito dell’Esercito, ma è un compito che permette alle forze di polizia di mantenere personale disponibile per la lotta alla criminalità. Non credo quindi che tra i compiti dell’Esercito ci sia al primo posto la gestione della sicurezza interna, ma certo il ruolo dei militari è utile per affiancare le forze dell’ordine quando necessario. È accaduto con l’operazione Strade Sicure, e per quell’attività il Governo è grato ai nostri militari».
Continuità territoriale: molti auspicano un confronto più serrato con Bruxelles, per modificare il concetto di aiuti di Stato nel caso delle isole. Lei conosce bene le logiche europee: come ritiene che si debba procedere?
«Sono proprio le norme europee il migliore strumento per ampliare la continuità territoriale sarda. Il regolamento 1008 del 2008 appare su misura per l’Isola, quando fa espresso riferimento alle esigenze di sviluppo economico della regione interessata. Sono le disposizioni che ci consentirono nel 2013 di varare la tariffa unica, il tetto ai prezzi, l’incremento delle frequenze. Se ora prevalgono interpretazioni restrittive, è giusto un intervento politico a Bruxelles e noi assicuriamo il nostro sostegno. In Europa Forza Italia si è sempre battuta per risolvere il problema della continuità territoriale. Ricordo ad esempio l’ottimo lavoro svolto dal nostro Salvatore Cicu».
Ancora sull’Europa: quali alleanze per il centrodestra italiano? Auspica un’altra maggioranza Ursula?
Credo che i popolari europei saranno ancora decisivi nell’Europarlamento e quindi nel governo dell’Europa, anzitutto nella Commissione. Ursula Von der Leyen ha appena annunciato ufficialmente che intende ricandidarsi come presidente. Ha molte possibilità di essere la candidata dei popolari europei, noi del Ppe decideremo il candidato nel congresso di marzo in Romania. Credo che una maggioranza possibile sarebbe tra popolari, conservatori e liberali. Ma come ripeto ormai da settimane, aspettiamo il voto: solo gli elettori ci diranno cosa fare».
Von der Leyen ha anche annunciato un piano di investimenti Ue per la difesa. È la strada giusta?
«L’altro giorno a Monaco di Baviera la presidente ha anche detto che, se resterà alla guida della Commissione, nominerà un Commissario alla Difesa. Iniziare a fare di più e meglio in quel settore è una scelta che appoggio, inevitabile. E unire le forze nel campo degli armamenti e dei finanziamenti per la Difesa è una scelta saggia, che darà forza all’Europa».
Guerra a Gaza: lei ha definito sproporzionata la reazione di Israele contro Hamas. Cosa può fare la diplomazia internazionale per favorire il cessate il fuoco?
«Stiamo facendo pressioni politiche e diplomatiche sul governo israeliano, e avendo colloqui con i nostri partner arabi per individuare un percorso che rassicuri Israele per il futuro, e gli permetta di rinunciare a una nuova offensiva militare in una zona di Gaza in cui si concentra più di un milione di civili. Una tregua dopo il rilascio degli ostaggi israeliani sarebbe una svolta, per costruire davvero una condizione in cui i terroristi di Hamas non abbiano più nessun ruolo, e avviare un processo che porti al successo della formula “due popoli, due Stati”».
E sull’Ucraina, invece, quale soluzione intravede?
«Aiutare l’Ucraina a difendersi con successo per portarla a un tavolo di negoziato in cui abbia la forza per negoziare la pace. Pace che significhi la liberazione dei territori occupati. Una pace giusta è una Ucraina libera dagli invasori».
La morte di Navalny è stata letta come l’effetto delta repressione di Putin. Qual è la sua valutazione?
«II sistema russo prima ha provato ad avvelenare Navalny, che si è salvato perché curato in un ospedale tedesco. Putin sperava di essersene liberato, ma lui è rientrato in Russia. È stato arrestato di nuovo, condannato a una pena assurda, spedito in Siberia, anzi quasi al Circolo polare artico. Ho incontrato a Bruxelles sua moglie: a lei ho ribadito la vicinanza dell’Italia e del G7, la condanna di ciò che è accaduto a suo marito, che è stato vittima di una persecuzione ingiusta, detenuto in un gulag che ricorda l’Unione Sovietica. Qual è la mia valutazione? Che la Russia non tollera nessun vero elemento di democrazia, Navalny di fatto è stato ucciso dal sistema. E quel sistema è pericoloso per l’Europa».
Qual è la situazione di Ilaria Salis? Il ministro Nordio ha detto che la sua famiglia ha perso un anno, è così?
«Stiamo insistendo col governo ungherese perché vengano rispettati i suoi diritti di cittadina europea detenuta. E già si sono visti alcuni risultati: siamo riusciti a ottenere l’anticipo della prossima udienza da maggio a marzo. Noi siamo garantisti, Ilaria Salis è innocente fino a una eventuale condanna definitiva. Adesso che i suoi avvocati hanno effettuato alcuni passi, speriamo che il suo caso vada più velocemente verso una soluzione positiva. Mi auguro che, nel frattempo, possa ottenere gli arresti domiciliari».