La storia dimostra che l’evoluzione di una tensione politica, economica o sociale tra due comunità umane organizzate (popolo, etnia, regime politico) si trasforma in conflitto armato quando il livello di fiducia verso l’antagonista diventa molto basso, in molti casi fino al punto di disumanizzare l’antagonista. Con la stessa dinamica, una tregua con un cessate il fuoco e un negoziato di pace partono sempre da un’iniziativa di dialogo, che si fonda su una rinata fiducia nell’antagonista. Una dimostrazione evidente di queste dinamiche è stata osservata nello sforzo riuscito di riconciliazione intrapreso in Europa centrale dopo la fine della Guerra Fredda, nel caso del conflitto in Rwanda, in quello a Timor Leste e in diverse storie di riconciliazioni in popolazioni di ex-rifugiati (per una lettura integrale dell’intervento di Sandro Calvani, Se semini fiducia raccogli la pace, si rimanda qui sotto alla fine dell’articolo).
Siamo tutti costernati dalle guerre e conflitti violenti che riempiono le cronache quotidiane dalle guerre tra bande alla violenza etnica, dai conflitti civili alle guerre mondiali, dalle guerre contro i rifugiati o contro i drogati fino alle violenze contro le donne e contro un altro colore della pelle, le guerre di religione e quelle di genere; così ci siamo un po’ assuefatti al paradigma distopico del tutti contro tutti, su tutto. Non ci accorgiamo più dei milioni di atti di fiducia nella nostra vita quotidiana che la rendono felice o vivibile. Eppure, è la fiducia in qualcun’altro spesso sconosciuto che ci permette di salire su un autobus o bere un caffè al bar, che ci fa comprare un biglietto del treno o dell’aereo, lasciare i bambini a scuola, salire sull’ascensore, mangiare una pizza.
Allo stesso modo non ci accorgiamo di centinaia di guerre evitate da conciliatori e mediatori culturali in migliaia di luoghi reali dove diversi avversari hanno tessuto e riaccolto la fiducia nelle loro relazioni.
La fiducia, questa “sconosciuta”
Ma esattamente come succede in ogni attimo della nostra vita quotidiana tutti i microsistemi politici, ambientali, economici, sociali ed etici che sostengono la vita umana nel mondo intero sono basati sulla fiducia.
Nei macrosistemi, le relazioni tra stati, la pace e le guerre, la fame nel mondo, il non-uso delle armi nucleari, ogni futuro vivibile dell’umanità, insieme al diritto internazionale, si basano su una immensa rete di truth and trust, verità e fiducia.
Ogni volta che un filo di quella rete di indebolisce e si strappa, scoppia un conflitto o una guerra, un pezzo di mondo fa qualche passo indietro nello stato di diritto e nello sviluppo sostenibile e migliaia o milioni di persone muoiono.
Il monito delle Nazioni Unite: state suicidandovi con la sfiducia
Nel Febbraio 2024, il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha ammonito il Consiglio di sicurezza ricordando ai paesi membri la necessità di un discernimento aggiornato sulla sfiducia: «Viviamo in un’epoca di turbolenze per il mondo intero, per tutti i popoli e per i diritti umani. Il nostro mondo sta entrando in un’’era di multipolarità in cui le potenze competono invece di collaborare; lo stato di diritto e le regole di guerra sono indebolite. Il moltiplicarsi dei conflitti sta causando sofferenze senza precedenti, ma i diritti umani non possono essere sospesi. Essi conferiscono coerenza alla nostra ricerca di soluzioni, e sono fondamentali per la nostra speranza per un mondo in pace. Il cammino verso la pace inizia con il pieno rispetto per tutti i diritti umani-civili, culturali, economici, politici e sociali. Costruire una cultura dei diritti umani è costruire un mondo in pace».
Quando si smette di collaborare (se semini fiducia raccogli la pace)
La competizione cronica e acuta che denuncia Guterres è di fatto un grave peggioramento della policrisi proprio perché leader e società civili del mondo smettono di collaborare.
Guterres mette il mondo in guardia di fronte a uno scenario globale di sfiducia di tutti contro tutti davvero pre-apocalittico; lo hanno studiato in un modo brillante Ruben Andersson, antropologo all’Università di Oxford e David Keen che studia i conflitti alla London School of Economics nel loro libro del dicembre 2023, Wreckonomics.
Nella loro ricerca originale i due studiosi svelano la rete di interessi che continua ad alimentare conflitti senza fine in un mondo già impantanato in conflitti a go-go di tutti contro tutti su tutto, dove l’unico risultato garantito è il mucchio di scarti, di rottamazioni, di relitti, di residuati bellici inutilizzabili durante e dopo tali conflitti.
La matrice comune delle politiche distopiche del nostro tempo è il modello profondamente radicato di fare guerra per profitto contro concetti astratti che vanno dal terrore e criminalità alla migrazione e alla droga, fino alla guerra contro la natura o contro il gay-pride, sempre seminando sfiducia verso ogni diversità. Il carburante comune è la sfiducia.
Wreckonomics
Il titolo “wreckonomics” unisce due parole wreck e economics. La prima parola wreck in inglese significa residui, macerie, relitti, naufragio, e la seconda economics significa economia. Si pronuncia come economics, con una erre davanti, che dà anche il senso di un fenomeno ripetuto, riciclato, replicato. Il libro fa luce sugli immensi interessi economici acquisiti da chi inventa strategie settoriali, come la guerra alla droga, la guerra al terrorismo, la guerra alle migrazioni, le guerre di religione, la guerra contro la natura, la guerra contro la parità di diritti, la guerra alla democrazia e alla giustizia giusta, etc.
La nuova wreckonomy massimizza la conflittualità violenta e trae profitto dall’affrontare tutti i problemi senza badare al loro insieme di provenienza e soprattutto senza provare alcun dialogo con chi quei problemi li vive sulla propria pelle.Forse meno note, ma non meno sanguinose, ci sono poi le guerre per le risorse ambientali, le guerre tra diverse visioni politiche, le guerre contro i depressi che si armano e sparano a caso, le guerre di razzismo. Diversi leaders del mondo, professionisti dei media, opinionisti religiosi e sociologi sono completamente immersi nel motore della “relittonomia”, della manipolazione, delle tattiche della paura e degli strumenti del mestiere per acuire tali conflitti e produrre sempre più profitti dalla produzione di distruzioni…
*consigliamo la lettura integrale dell’intervento di Sandro Calvani (Se semini fiducia raccogli la pace) a YouTopic Fest 2024 (Rondine), qui nella versione integrale in pdf