Le scelte giuste contro il declino del cervello - A.I.D.O.

Compatibilità
Salva(0)
Condividi

Parliamo di demenza. Un termine che turba e che interessa, purtroppo, l’età avanzata. Ma non siamo di fronte ad un destino ineluttabile. Ci sono buone notizie che ci incoraggiano a evitare il peggioramento delle facoltà mentali. E in gran parte riguardano il nostro stile di vita

di Vita e Salute

La vecchiaia, si sa, ha molte incognite e brutte sorprese. Una di queste è appunto la demenza, ossia “un lento e progressivo declino delle funzioni mentali che include memoria, pensiero, giudizio e capacità di apprendimento”, spiega Juebin Huang, docente di neurologia all’University of Mississippi Medical Center. Tuttavia non esiste un binomio assoluto vecchio-demente, come dimostrano molti longevi, lucidi e in buona salute.
Secondo quanto riportato dal Ministero della salute, nei Paesi industrializzati la prevalenza concerne l’8% degli over 65 e il 20% degli over 80. Attualmente si stima che nel mondo soffrano di demenza 55 milioni di persone, che potrebbero arrivare a 132 milioni nel 2050, per un costo complessivo di un trilione di dollari all’anno. L’Oms parla di “priorità mondiale di salute pubblica” e pone l’Alzheimer (la forma più comune) e le altre demenze al 7° posto come causa di morte. Insomma, pur non essendo obbligatorio ammalarsi, queste condizioni neurologiche non sono da sottovalutare e vale la pena conoscerle meglio.

Sintomi allarmanti

Invecchiando, si perdono inevitabilmente colpi. È abbastanza normale e non comporta l’incapacità di gestire la propria quotidianità. Bisogna invece allarmarsi in presenza di certi sintomi. Oltre al calo drastico della memoria vengono meno varie capacità (pensiero astratto, giudizio, critica, linguaggio). Il malato è apatico e agitato, si smarrisce fuori casa (e magari anche dentro), non si ricorda dove ha messo gli oggetti, perde il senso del tempo (non sa che giorno, mese o stagione è), fatica a capire ciò che gli viene detto, si esprime male, dimentica di spegnere il gas o di mettere via i soldi… Alla fine, può mostrare comportamenti aggressivi o comunque inadeguati, dovuti all’incapacità di controllarsi. Così ai familiari, disperati, non resta che ricoverarlo in casa di riposo. Secondo stime del Ministero della salute risalenti al settembre del 2022, in Italia oltre 1 milione di persone è affetto da demenza, di cui circa 600mila con Alzheimer.

Una malattia progressiva e multifattoriale

Esiste una sola forma di demenza reversibile, dovuta a una carenza di vitamine del gruppo B, a infezioni cerebrali, a tumori o ad alcune patologie. Per il resto, la patologia è progressiva e inarrestabile.
Due le forme principali di demenza: vascolare e degenerativa.
La prima si diagnostica in seguito a improvvisi disturbi cognitivi, difficoltà di linguaggio o di movimento. All’origine ci sono malattie cardiovascolari come l’ischemia cerebrale.
La seconda è rappresentata principalmente dalla malattia di Alzheimer (60-80% dei casi di demenza degenerativa), che colpisce dopo i 65 anni, in particolare le donne. Età e sesso, insieme alla genetica (5-15% dei casi), sono fattori non modificabili. Ma ce ne sono altri modificabili (sedentarietà, sovrappeso, ecc.) di cui tenere conto.

Capire le demenze

Il cervello è ricchissimo di vasi sanguigni, che subiscono le conseguenze di un danno ai vasi di altre parti del corpo. Privati di ossigeno e nutrimento, i neuroni (cellule del cervello) si deteriorano, aprendo la via alla demenza vascolare ma spesso anche ad altre forme di demenza, come l’Alzheimer. Si può quindi cercare di prevenire queste patologie come si fa per le malattie cardiovascolari: con un corretto stile di vita che mantenga le persone attive e controlli il peso corporeo, il colesterolo, i trigliceridi, gli zuccheri ematici e la pressione sanguigna.
Di fatto recentemente, per la prima volta, uno studio ha mostrato un legame diretto tra il colesterolo alto e il rischio di demenza. Un team di ricercatori australiani dell’Heart Research Institute ha analizzato i dati di più di 1 milione di persone sotto i 65 anni. È emerso un collegamento tra elevati valori di colesterolo Ldl e rischio di deficit cognitivo lieve che, come spiega il professor Juebin, “causa una maggior perdita della memoria rispetto a quella legata all’età. Può alterare anche la capacità di usare il linguaggio, di pensare e di utilizzare il buon senso”. Entro tre anni la metà degli individui affetti rischiano la demenza. Scrive il dottor Ashish Misra, autore della ricerca, che “il colesterolo ‘cattivo’ aggrega una proteina tra i neuroni detta tau; questa attraversa la barriera emato-encefalica e può portare alla demenza”.
Forse vi chiederete come mai la ricerca ha riguardato persone sotto i 65 anni, visto che la demenza si sviluppa dopo. Come ben sanno gli scienziati, la patologia inizia nel cervello decenni prima di manifestarsi. Perciò, studiando le abitudini di vita di persone più giovani si potrebbe riuscire a fornire delle linee guida per la prevenzione, da applicare fin dalla mezza età (e meglio ancora fin da giovani). Infatti uno studio presentato a Boston, al convegno annuale dell’American Academy of Neurology, ha esaminato proprio 7 fattori nella prevenzione del rischio di demenza. Ecco quali sono.

7 fattori

Condotto dal Brigham and Women’s Hospital di Boston, lo studio ha seguito per 20 anni quasi 14mila donne che all’inizio avevano un’età media di 54 anni. Sono stati selezionati sette importanti elementi dello stile di vita, e per ognuno è stato assegnato un punteggio:

  1. Essere attivi.
  2. Seguire una dieta più sana.
  3. Mantenere un peso corporeo adeguato.
  4. Non fumare.
  5. Avere una pressione sanguigna normale.
  6. Tenere sotto controllo il colesterolo.
  7. Mantenere bassi gli zuccheri nel sangue.

Ogni fattore ha mostrato di ridurre il rischio del 6%. Alla fine del periodo in questione, il 13% del campione era stato colpito da demenza. Risultati simili sono stati ottenuti in un recente studio cinese: i ricercatori hanno concluso che stile di vita sano e dieta adeguata, associati all’abitudine di giocare a carte e socializzare due volte alla settimana, potevano rallentare il ritmo di declino della memoria e ridurre il rischio di demenza.
A tutto ciò bisognerebbe aggiungere come ulteriore fattore: il sonno profondo, durante il quale il cervello fa – per così dire – “le pulizie di casa”. Per la prima volta è stato svelato il legame tra sonno disturbato e rischio di Alzheimer, grazie ai ricercatori dell’università di Torino, del Centro del sonno dell’ospedale Molinette della stessa città e di altri istituti scientifici. Lo studio, pubblicato a gennaio, ha esaminato gli effetti dell’interruzione del sonno per un mese (circa 3 anni dell’uomo) su topi geneticamente predisposti ad ammalarsi di Alzheimer. L’effetto è stato un aumento della proteina beta-amiloide, coinvolta nella genesi della malattia. Da questi risultati emerge pure che non solo i malati di Alzheimer hanno il sonno disturbato, ma anche che il sonno disturbato fin da giovani potrebbe aver innescato il processo neurodegenerativo e dato vita a un circolo vizioso capace di accelerare la progressione della patologia.

Agire per tempo

Per quanto tipica della terza età, la demenza è una malattia entro certi limiti prevenibile con uno stile di vita sano, che associ una dieta equilibrata all’attività fisica, escluda abitudini voluttuarie come alcol e fumo, favorisca un buon sonno e buoni rapporti sociali. E, non ultimo, solleciti la mente per mantenere vivo il cervello. Molte ricerche mostrano che adottare queste buone abitudini anche solo nella mezza età può fare la differenza contro una malattia temibile e irreversibile, per la quale non esistono cure risolutive.

Mantenete vispo il cervello

C’è infine una “ginnastica cerebrale” che può aiutare a mantenersi mentalmente vigili e lucidi, soprattutto se intrapresa fin dalla giovane età.
Coltivare hobby, leggere, fare parole crociate, dare spazio a una sana curiosità per il mondo, guardare documentari, ascoltare la musica, fare giochi di abilità ed esercizi di concentrazione sono tutte attività utili per il cervello. Del resto, gli studi evidenziano che una mancanza di attività cerebrale aumenta il declino e che perfino chi soffre di demenza può avvantaggiarsene.
Nei casi di malattia lieve o media occorrono però interventi neuropsicologici specialistici. Uno di questi è la stimolazione cognitiva, capace di contrastare la perdita delle abilità residue e di migliorare la qualità della vita. A questo fine un esperto di riabilitazione sottopone il paziente a compiti specifici per potenziare memoria, linguaggio e funzioni cognitive.

Recapiti
alessandra@romboliassociati.com