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Il nuovo Progetto per la Vita Indipendente. Analisi e osservazioni sul decreto legislativo 62/2024

Il nuovo Progetto per la Vita Indipendente. Analisi e osservazioni sul decreto legislativo 62/2024

Si riporta di seguito il testo della scheda n° 710 “Il nuovo Progetto per la Vita Indipendente”, realizzata a cura dell’Osservatorio Scolastico AIPD e a firma di Salvatore Nocera:

Il Governo ha emanato il D.Lgs. n° 62/24, decreto delegato su Progetto di Vita, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 14 maggio, numero 111 del 2024.
Il decreto è del 3 maggio, con entrata in vigore il 30/06/ 2024.

Dà attuazione ai principi contenuti prevalentemente nell’articolo 2 della l. n° 227/21.
Il D.Lgs. stabilisce le fasi con cui si perviene al progetto di vita, suddividendole in quattro capitoli:
Capo I (art.1-4) Finalità e definizioni generali;
Capo II (art.5-17) Procedimento valutativo di base e accomodamento ragionevole;
Capo III (art.18-32) Valutazione Multidimensionale e Progetto di Vita Individuale Personalizzato e Partecipato;
Capo IV (art.33-40) Disposizioni finanziarie, transitorie e finali.

Il Progetto di Vita Individuale Personalizzato e Partecipato è diritto fondamentale delle persone con disabilità, e deve garantire la loro auto-determinazione e il rispetto “dei loro desideri, delle loro aspettative e delle loro scelte” (articolo 18 comma 3).
Per assicurare chiarezza interpretativa di tutta la normativa concernente il progetto di vita, vengono formulate alcune definizioni tra le quali debbono essere evidenziate:
“a) condizione di disabilità: una condizione fisica, mentale, intellettiva, del neuro-sviluppo o sensoriale che, in interazione con barriere di diversa natura, può ostacolare la piena ed effettiva partecipazione nei diversi contesti di vita su base di uguaglianza con gli altri (definizione ripresa dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità ratificata dall’Italia con l. n.18 del 2009);
b) persona con disabilità: persona definita dall’articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dal presente decreto;[…] n) Progetto di vita: progetto individuale, personalizzato e partecipato della persona con disabilità che, partendo dai suoi desideri e dalle sue aspettative e preferenze, è diretto ad individuare, in una visione esistenziale unitaria, i sostegni, formali e informali, per consentire alla persona stessa di migliorare la qualità della propria vita, di sviluppare tutte le sue potenzialità, di poter scegliere i contesti di vita e partecipare in condizioni di pari opportunità rispetto agli altri; […]”.
Si anticipa la definizione di “accomodamento ragionevole” previsto nell’articolo 17 di questo decreto: “l’accomodamento ragionevole, ai sensi dell’articolo 2 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, individua le misure e gli adattamenti necessari, pertinenti, appropriati e adeguati, che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo al soggetto obbligato” (esso è divenuto l’articolo 5bis della legge 104 del 1992).  Il decreto inoltre vieta in tutti gli atti pubblici l’uso dei termini handicap, handicappato, disabile, diversamente abile, stabilendo che l’unico termine ufficiale da usare è “persona con disabilità” (art.4). Inoltre il decreto sostituisce il termine di gravità di disabilità con il termine di “persona con necessità di sostegni” che sono graduati nei livelli di lieve, media, elevata e molto elevata intensità (art.12).

Il procedimento che si conclude con la formulazione del Progetto di Vita ha le seguenti fasi.

  1. La persona con disabilità o la sua famiglia o chi la rappresenta o la assiste legalmente presenta istanza all’INPS con l’invio in forma telematica di un certificato medico, con tutta la documentazione utile, rilasciato da tante strutture sanitarie o da un qualunque medico del sistema sanitario nazionale che indica la minorazione (art.8).
  2. L’INPS fissa una data per la visita medico legale e, se tutta la documentazione è ritenuta sufficiente, rilascia, senza la necessità di chiamare a visita il richiedente, il certificato necessario per l’avvio dei lavori della valutazione multidimensionale; in caso contrario chiama a visita il richiedente, che può essere assistito anche da un medico di sua fiducia (art.6). La commissione per la valutazione di base è composta da cinque membri nominati dall’INPS, di cui uno deve essere un membro delle associazioni di rappresentanza delle persone con disabilità (art.9): a seconda della tipologia di minorazione comunicata, dell’ANMIC (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili), UICI (Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti), ENS (Ente nazionale sordi), ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo). Per quanto riguarda le tempistiche, “il procedimento di valutazione di base si conclude entro novanta giorni, nei casi riguardanti soggetti con patologie oncologiche entro quindici giorni e, nei casi di soggetti minori, entro trenta giorni dalla ricezione del certificato medico” di cui sopra. Nel caso in cu vengano richiesti da parte della commissione “integrazione documentale o ulteriori approfondimenti diagnostici” i termini posso essere sospesi per sessanta giorni, prorogabili, su richiesta, di ulteriori sessanta giorni (art.6).
  3. Ricevuto il certificato della valutazione di base, la persona con disabilità o chi ne fa le veci o la assiste, chiede la convocazione della commissione di valutazione multidimensionale per ottenere il profilo di funzionamento che è la base del progetto di vita (art.18). Fanno parte della commissione di valutazione multidimensionale (art.24): a) la persona con disabilità; b) il genitore o l’amministratore di sostegno; c) se richiesta, una persona che faciliti la comprensione delle scelte per l’interessato; d) un assistente sociale o educatore dei servizi sociali; e) un professionista dei servizi sanitari al fine di garantire l’integrazione socio-sanitaria; f) un docente nei casi di minori frequentanti la scuola; g) un rappresentante dei servizi per l’inserimento lavorativo (SIL); h) un medico o pediatra di libera scelta. Alla fine, la persona con disabilità o chi ne fa le veci avanza la richiesta del Progetto di Vita, al quale può rinunciare in ogni momento o del quale può chiedere modifiche durante l’arco della vita. Il responsabile del procedimento comunica la data di inizio e di conclusione del procedimento per la formulazione del progetto di vita (art.23). L’istanza per l’avvio del procedimento è presentata all’ambito territoriale di residenza se dotato di personalità giuridica, o in mancanza al comune di residenza o a uno dei Punti Unici di Accesso (PUA) stabiliti dalla regione. La persona con disabilità può farsi assistere da una persona “che faciliti l’espressione delle sue scelte e l’acquisizione della piena comprensione delle misure e dei sostegni attivabili con il progetto di vita”; questa persona può essere un familiare, il compagno o la compagna di un unione civile, il caregiver, la persona stabilmente convivente, il convivente di fatto, l’educatore o amministratore di sostegno, un responsabile dei servizi sociali o un professionista sanitario (art.22). La commissione formula il progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato con i rappresentati dei soggetti pubblici e privati che debbono provvedere alla sua attuazione (art.25). In caso di rifiuto dell’ente locale ad accogliere le richieste del progetto di vita, si veda oltre nelle osservazioni.
  4. Il Progetto di vita deve contenere tutte le prestazioni ed i servizi forniti per legge dagli enti pubblici (scuola, enti locali, servizi sociali degli stessi, servizi del sistema sanitario nazionale); da soggetti privati; da enti del terzo settore che debbono essere coinvolti nella partecipazione co-programmata e compartecipata, di scelta della persona con disabilità; esso può contenere anche la messa a disposizione di propri beni da parte del beneficiario, come pure forme di assistenza indiretta secondo le modalità concordate. Esso deve essere accessibile e quindi comprensibile alla persona con disabilità, utilizzando tutti i mezzi possibili di comunicazione e avvalendosi anche, come detto, della persona che supporta di cui all’articolo 22. I servizi che lo compongono “possono essere conformati sulla base delle esigenze emerse dalla valutazione multidimensionale e possono assumere contenuto personalizzato rispetto all’offerta disponibile” (art.26). Aspetto fondamentale dello stesso è l’attuazione del diritto della persona ad avere “la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione” (Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, art.19). È fatto salvo, comunque, il “caso dell’impossibilità di assicurare, in termini di appropriatezza, l’intensità degli interventi o la qualità specialistica necessaria”, e ciò anche nel caso in cui vi sia un cambiamento di domicilio (art.20). Questi aspetti su tipologia e modalità di erogazione dei servizi sono il fulcro essenziale del progetto di vita e di tutta la normativa contenuta nel decreto. Infatti si vuole garantire alla persona con disabilità, già a partire dalla giovinezza ma soprattutto dall’età adulta e ancor di più quando non vi saranno più i genitori una situazione di vita massimamente rispondente ai suoi desideri, al suo gusto, alle sue esigenze esistenziali. Ciò perché gli enti pubblici, e purtroppo anche le cooperative convenzionate o che co-programmano e co-progettano, sono orientate a fornire prestazioni standard, mentre le persone con disabilità necessitano di prestazioni molto personalizzate. Per quelle poi che vivono il “Dopo di noi” è indispensabile che possano continuare a vivere dove hanno vissuto sino al momento della scomparsa dei genitori, quindi se possibile nella casa di famiglia o in un appartamento autonomo nel quale era stata possibile la permanenza autonoma della persona grazie alla co-programmazione da parte dei genitori, o anche in un co-housing assistito dalla programmazione degli enti locali competenti. Qualora a causa di necessità di sostegno intensivo ciò non fosse più possibile, la prima soluzione deve essere quella di una comunità di tipo familiare, di solito non più di cinque persone, e solo in un caso estremo una casa famiglia o una comunità alloggio. È totalmente da escludere in base alla presente normativa la collocazione in RSA o in RSD che sono di solito istituti e non sempre mini-istituti, ma talora con più di decine e ahinoi anche più di centinaia di ospiti.
  5. Il progetto di vita è modificabile in ogni momento e può essere portato in altra località anche fuori dalla regione di appartenenza, dove comunque i diritti dell’interessato debbono essere garantiti sulla base della locale normativa. Esso deve contenere il budget di progetto che consiste “nell’insieme delle risorse umane, professionali, tecnologiche, strumentali ed economiche, pubbliche e private, attivabili anche in seno alla comunità territoriale e al sistema dei supporti informali” (art.28). Per la corretta attuazione del Progetto di vita, deve essere nominato il “Referente per l’attuazione del progetto” con i seguenti compiti: a) curare la realizzazione del progetto e dare impulso all’avvio dei servizi, degli interventi e delle prestazioni in esso previsti; b) assistere i responsabili e i referenti degli interventi, dei servizi e delle prestazioni, secondo quanto indicato nel progetto di vita, anche al fine di assicurare il coordinamento tra i singoli servizi o piani operativi; c) curare il monitoraggio in corso di attuazione del progetto, raccogliendo, se del caso, le segnalazioni trasmesse dai terzi; d) garantire il pieno coinvolgimento della persona con disabilità e del suo caregiver o di altri familiari nel monitoraggio e nelle successive verifiche; e) richiedere la convocazione dell’unità di valutazione multidimensionale al fine di rimodulare il progetto di vita (art.29).
  6. Il Ministero della disabilità (definito nel decreto come “Autorità politica delegata in materia di disabilità”) cura annualmente la rilevazione dei bisogni e la co-programmazione degli interventi e delle risorse, sentita la Conferenza Stato-Regioni e di concerto con i Ministeri interessati. Essa coinvolge pure i soggetti del Terzo Settore e le associazioni maggiormente rappresentative delle persone con disabilità. Sulla base di tale programmazione, le singole regioni effettuano le proprie rispettive programmazioni. Sulla base di queste i singoli ambiti territoriali programmano interventi e servizi per rispondere alla attuazione dei singoli progetti di vita (art.30). La Presidenza del Consiglio dei Ministri, di concerto con gli altri ministeri interessati, istituisce un fondo nazionale per l’implementazione dei Progetti di vita. Esso viene ripartito annualmente fra le regioni secondo le rispettive necessità (art.31).
  7. Per un corretto funzionamento del sistema predisposto, entro tre mesi d
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Patrizia Danesi