“Dopo dieci anni posso dire che non si poteva sperare di meglio”. Per diventare genitori, Adele e Francesco hanno attraversato il globo, da Occidente a Oriente e i loro figli ancora oggi esprimono le loro ricche diversità ma sono capaci di specchiarsi l’uno nell’altra, aiutarsi e sostenersi
Da quando si sono incontrati, i due fratelli si sostengono a vicenda: dieci anni fa, Michele, originario della Colombia insieme ai genitori, Adele e Francesco, era partito dalla Campania per raggiungere Xi’An, in Cina e conoscere Manuela, 6 anni e mezzo.
Il viaggio verso Xi’An
Lui aveva un paio di anni più della sorella e già si comportava da fratello maggiore, protettivo. In quel viaggio verso Xi’An le undici famiglie erano sia alla prima che alla seconda adozione: i fratelli già presenti in famiglia, adottivi e non solo, sono stati presenze fondamentali per tutti i nuovi arrivati, capaci di aggregare bambini e bambine quasi fossero tutti fratelli.
Dieci anni dopo
“I nostri figli sono molto uniti, complici – dice la mamma, nei giorni in cui Michele stava sostenendo le prove di maturità classica – e oggi dopo dieci anni posso dire che non si poteva sperare di meglio”.
Michele è cresciuto, è molto sereno: è arrivato alla maturità con la media dell’8 ed è già stato selezionato da una università di Napoli a numero chiuso, dove studierà Giurisprudenza. “È arrivato quinto su 500” dicono orgogliosi genitori.
Manuela dal canto suo ha terminato il secondo anno di liceo classico, una pagella costellata di 10, la voglia di studiare ancora, malgrado l’estate e il richiamo del mare e delle vacanze. Appassionata di danza, Manuela ama creare sculture ma anche studiare e applicarsi al massimo in tutto quello che fa. “Ha già le idee chiare, vuole iscriversi a Medicina e diventare cardiochirurgo”, spiega la mamma.
Attraversare il mondo
Dieci anni sono volati per Adele e Francesco, una coppia che per diventare genitori ha attraversato il globo, da Occidente a Oriente. I loro figli ancora oggi esprimono le loro ricche diversità ma sono capaci di specchiarsi l’uno nell’ altra, aiutarsi e sostenersi.
“In tutti i percorsi adottivi ci sono difficoltà, ma si superano insieme – dicono i genitori – e nel nostro caso anche quello che sembrava un ostacolo si è risolto. Se pensiamo alla scheda di Michele, ad esempio, circa 8 anni all’epoca dell’abbinamento: si leggeva che avrebbe avuto qualche problema a livello di apprendimento cognitivo. In realtà a lui mancava solo la famiglia”.
Le sorprese dei bisogni speciali
Manuela invece era iscritta alle liste special needs per una problema sanitario su cui i medici erano intervenuti chirurgicamente già in Cina, pur restando una leggera zoppìa. “Deve indossare un busto la notte, per la sua schiena, ma ormai è abituata – aggiungono mamma e papà – : lei è davvero ‘tostissima’, non sapremmo definirla diversamente”.
Manuela era ed è una ragazzina tenace, brillante nell’apprendimento e incline alla conoscenza delle lingue straniere tanto che, come ricordano mamma e papà, arrivati in Italia già parlava italiano. “E ora mi ha chiesto di frequentare un corso estivo di inglese”, aggiunge la mamma.
E del suo cinese ha nostalgia? “Per il momento non è molto propensa ma dice che un giorno lo riprenderà a studiare”, aggiunge Francesco.
Un esempio insomma di come i cosiddetti bisogni speciali riservino sorprese, spesso dai risvolti molto positivi, per le enormi capacità che questi figli e queste figlie dimostrano, quando sono circondati dall’amore della famiglia in grado di restituire loro fiducia nella vita.
E come potete leggere in un’intervista di qualche anno fa, la convinzione di Adele e Francesco è che “i figli non si scelgono. Per noi Michele e Manuela sono stati da subito nostri figli, e basta”.
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