L’isolamento termico dall’interno è una valida alternativa al più comune isolamento a cappotto esterno, senza contare che è l’unica soluzione nel caso di appartamenti singoli o di immobili sottoposti a vincoli. Per i migliori risultati su un edificio esistente sono fondamentali le indagini preliminari, la corretta progettazione e la scelta del prodotto giusto.
L’isolamento termico degli edifici esistenti è essenziale per garantire una graduale, ma strutturata revisione del patrimonio edilizio italiano, particolarmente vetusto e inefficiente. Una necessità che deriva dalle più recenti posizioni europee in materia di efficienza energetica, che culminano con la recente direttiva EPBD. Lo scopo è ridurre i consumi di energia e le emissioni di gas climalteranti in tutti gli Stati membri, agendo su quei settori ritenuti più critici. Rientra, chiaramente, anche quello delle costruzioni, considerando che, dati i criteri minimi di prestazione definiti, il 60% delle case in Europa dovrebbe essere oggetto di ristrutturazione entro il 2050.
In questo scenario, il tema della coibentazione termica degli edifici assume un ruolo sempre più cruciale, in quanto è una delle principali strategie per ridurre in modo significativo le dispersioni di calore e rendere l’immobile più efficiente.
Efficienza energetica degli edifici: nuove sfide con la normativa Europea
La direttiva “Case Green”, o meglio la direttiva (UE) 2024/1275 sulla prestazione energetica nell’edilizia, pone obiettivi ambiziosi per il comparto. Il termine per la loro realizzazione è fissato per il 2050, ma ci sono traguardi intermedi da prendere in considerazione fin da subito se non si vuole mancare l’obiettivo finale.
Dal momento della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea in data 8 maggio 2024, sono pienamente in vigore le novità introdotte, che offrono una nuova metodologia per il calcolo della prestazione energetica e requisiti minimi di prestazione particolarmente elevati.
I nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero entro il 2030, ma quelli esistenti e più inefficienti saranno protagonisti un percorso di ristrutturazione molto significativo. Il tutto, considerando che il 55% del calo del consumo medio di energia primaria deve essere conseguito ristrutturando il 43% degli edifici residenziali con peggiori prestazioni.
La situazione in Italia: quanto sono efficienti gli edifici esistenti?
In Italia, secondo dati elaborati dall’Istat, sono circa 12 milioni gli edifici residenziali e, di questi, circa 5 milioni quelli che rientrano nelle peggiori classi energetiche, su cui insiste appunto la nuova direttiva. Dati che non stupiscono e che trovano conferma nelle informazioni condivise dall’ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, secondo cui in Italia il 59% degli edifici ha più di 50 anni. Per quanto riguarda la classificazione energetica, invece, emerge una riduzione degli immobili che ricadono nelle classi peggiori, che però occupano ancora il 50% del totale circa (Classe F e G). Per i dettagli rispetto alle caratteristiche degli immobili italiani, è possibile visionare il portale SIAPE dell’ENEA, il Sistema Informativo sugli Attestati di Prestazione Energetica (SIAPE), utilizzato per la raccolta degli Attestati di Prestazione Energetica (APE) di edifici e unità immobiliari.
Gli edifici in classe A non arrivano al 15%, mentre sono in Classe E circa il 16% degli edifici del campione analizzato sulla base degli APE caricati. Una situazione in linea con quella Europea, visto che i dati di proiezione del Parlamento Europeo vedono un 60% degli edifici come oggetto di necessaria ristrutturazione. In ogni caso, sarà compito dell’Italia (come di ogni altro Stato membro) definire una strategia per la ristrutturazione progressiva del proprio parco immobiliare e individuare il numero di edifici e unità immobiliari con le peggiori prestazioni, su cui agire poi effettivamente. Il consumo medio deve ridursi del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035. Tra le strategie più significative da mettere in campo, c’è senza dubbio quella di assicurare il corretto isolamento termico dell’involucro dell’edificio che, sempre secondo i dati dell’ENEA, può permettere un risparmio di energia fino al 40% (percentuale strettamente connessa alla situazione di partenza).
Isolamento termico delle pareti: le indagini preliminari
Per valutare e definire le migliori strategie di intervento per isolare un edificio esistente è opportuno effettuare delle verifiche preliminari in campo, indagando la temperatura superficiale delle pareti e dei solai, oltre che la presenza di umidità. Queste verifiche si effettuano mediante apposita strumentazione, tra cui senza dubbio una termocamera.
In questo modo è possibile effettuare valutazioni di varia natura relative alle prestazioni e al comportamento delle strutture, ricorrendo per la rielaborazione dei dati a specifici software, in ogni caso con metodologie di calcolo conformi alla norma UNI EN ISO 10211:2018 “Ponti termici in edilizia – Flussi termici e temperature superficiali – Calcoli dettagliati”. Si verifica, secondo il DM 26/06/2015, anche il rischio muffa per ogni nodo della struttura, la tenuta all’aria e le infiltrazioni dovute al vento.
Oltre alla termocamera, in questo caso, si possono abbinare altri strumenti come l’anemometro o pratiche come il Blower Door Test. Si calcolano, infine, i valori di trasmittanza termica delle strutture esistenti, che nella maggior parte dei casi richiederà di fare riferimento alla norma UNI 10355:1994 “Murature e solai. Valori della resistenza termica e metodo di calcolo”, relativa alle soluzioni più diffuse in Italia.
Sulla base dei risultati ottenuti e con le dovute informazioni rispetto alle performance e alle caratteristiche di quanto in essere, si possono studiare e proporre i migliori interventi di isolamento termico, stimando tutte le variazioni termoigrometriche che si verificheranno sulla struttura.
Intervenire sugli edifici esistenti, alternative al cappotto per l’isolamento termico
La coibentazione degli edifici, molto spesso, viene effettuata mediante l’installazione di un sistema di isolamento a cappotto, che consiste nel predisporre uno strato di isolante continuo lungo tutte le superfici esterne dell’edificio. Proprio questa sua continuità lo rende efficiente e adatto a risolvere molti ponti termici.
Si commette, però, l’errore di crederlo a priori la soluzione più performante, quando, in realtà, vi sono alternative che in alcune circostanze possono essere più adeguate. Questo non significa che il cappotto non sia un’ottima soluzione per l’isolamento termico dell’involucro, ma che non sempre può essere realizzato in modo efficace. Può essere peggio un cappotto mal progettato e posato, che l’assenza di isolamento.
Case indipendenti con intercapedine: insufflaggio per intercapedine
Capita molto spesso di trovare, negli edifici esistenti, strutture costituite da doppie murature in laterizi, con un’intercapedine d’aria interna. Molte ville singole dello scorso secolo, infatti, presentano questa conformazione, detta anche a “cassa vuota”, che si presta per un isolamento a intercapedine, come valida alternativa all’isolamento a cappotto.
Per la realizzazione, si ricorre a materiali leggeri e adeguati all’insufflaggio, che vengono inseriti tramite appositi macchinari e dei tubi, attraverso dei fori nella parete, fino nell’intercapedine. Non si usano, quindi, pannelli o rotoli, ma solo materiale sfuso.
Prima di intervenire, però, è importante effettuare un’indagine relativa all’effettiva costituzione dell’intero involucro, anche tramite fori nelle pareti, in modo da misurare lo spessore di ogni strato. Dopo di che, secondo quanto indicato nelle norme UNI EN ISO 6946, UNI EN 13788 e UNI EN 13786, si possono stimare sia le prestazioni delle strutture esistenti, che a seguito di un potenziale intervento di isolamento termico a intercapedine per insufflaggio.
Emerge indubbiamente un miglioramento delle prestazioni termiche, ma anche una riduzione del rischio muffa, grazie ad un innalzamento della temperatura superficiale interna.