di Gerardo Labellarte
Dopo le dimissioni di Giovanni Toti, il cui fallimento politico e gestionale era ormai evidente al di là dell’impropria spallata finale dell’autorità giudiziaria, anche la Liguria andrà al voto in autunno. Con Emilia-Romagna ed Umbria, quasi certamente nelle stesse giornate. Il quadro delle candidature alla Presidenza e delle liste non è ancora completamente definito in nessuna delle due coalizioni, ma alcuni elementi appaiono chiari fin da ora. Le elezioni regionali d’autunno segneranno il definitivo naufragio del progetto di costruzione del cosiddetto “terzo polo” che è stato proposto al Paese negli ultimi anni, per la verità in modo contraddittorio e pasticciato. Non era difficile prevedere questo esito infausto, e non tanto per le caratteristiche improbabili di quelli che avrebbero dovuto essere i protagonisti del progetto. Nessuno di loro, infatti, a cominciare da Carlo Calenda e Matteo Renzi, poteva vantare una storia di estraneità alla vicenda politica delle due coalizioni e una genuina e consolidata vocazione centrista, avendo ricoperto ruoli da protagonista in una delle due coalizioni. E lo stesso valeva per tutti gli altri partecipanti all’avventura terzopolista, da Richetti a Rosato, da Boschi a Giachetti, da Carfagna a Gelmini. Gli stessi connotati di centrismo artificiale e di ripiego avevano gli esperimenti regionali e locali, anch’essi miseramente falliti. Letizia Moratti in Lombardia, Renato Soru in Sardegna e molti altri, al di là di frettolose riverniciature terzopoliste, non potevano certo far dimenticare di aver svolto incarichi prestigiosissimi in nome e per conto delle due coalizioni. Tuttavia, va detto con chiarezza, l’ennesimo fallimento del disegno terzopolista in Italia non dipende soltanto dalla scarsa credibilità dei promotori. In passato i tentativi avviati da personalità fornite di ben altro pedigree centrista hanno avuto il medesimo esito, e per motivazioni precise. Intanto lo stesso atteggiamento che definiamo terzopolista comporta una sostanziale accettazione del modello bipolare, pur mitigato dalla presenza, definita in termini quasi esclusivamente di collocazione “geografica”, di una terza aggregazione che possa di volta in volta allearsi con uno dei poli. Ma, soprattutto, l’inamovibilità dell’assetto bipolare attuale è dovuto alla rigidità delle leggi elettorali che sono state man mano approvate e modificate proprio per blindare tale assetto. Spieghiamoci meglio con un esempio. L’elettorato europeo non è né più né meno bipolarista di quello italiano. Tuttavia il sistema proporzionale puro in vigore per l’elezione del Parlamento europeo comporta la presenza nell’assemblea non di due o tre cosiddetti poli, confusi per loro natura, bensì di partiti politici sovranazionali fortemente connotati in termini di proposta politica e radici ideali. Partiti politici che debbono poi costruire alleanze che, come dimostra la concreta esperienza pluridecennale del Parlamento europeo, formano maggioranze larghe emarginando le formazioni estremiste. Chiunque abbia a cuore il reale superamento del bipolarismo coatto all’italiana farebbe bene a riflettere su questi elementi e ad abbandonare l’idea di un centro geografico, che esiste solo nella fantasia. Tornando alle elezioni regionali d’autunno, esse si presentano come uno scontro duro e apertissimo tra le due coalizioni e come banco di prova dell’azione di governo del centrodestra da un lato e della capacità del centrosinistra di essere reale alternativa nei contenuti e nei metodi. Il Psi parteciperà con determinazione alla partita elettorale, avendo confermato con assoluta nettezza la propria storica appartenenza alla coalizione di centrosinistra, seguito in questa scelta dai partners della recente lista di scopo alle elezioni europee, +Europa e Italia Viva, e dalla stessa Azione. Si sta lavorando alacremente con queste forze ed altri movimenti civici, in Emilia-Romagna, Liguria ed Umbria, per costruire liste forti, aperte ed inclusive che diano un contributo determinante al risultato della coalizione nelle rispettive Regioni. Senza dimenticare che la primavera successiva vedrà chiamate al voto numerose altre regioni, tra le quali Campania, Puglia e Toscana, che sono strategiche per il mondo socialista e nelle quali è in corso un poderoso lavoro di riorganizzazione e rilancio del PSI per perseguire obiettivi ancora più ambiziosi.