È la prima ricerca italiana su larga scala realizzata secondo il modello di psicologia del lavoro Job Demands-Resources, in collaborazione con l’Università di Bologna e l’Università degli Studi di Palermo. Hanno risposto 8572 professionisti: il campione più alto di sempre per la tipologia d’analisi.

La ricerca è stata presentata in occasione del 10 ottobre, World Health Mental Day, e della Settimana della salute mentale, ciclo di eventi in presenza e on line a cura di Stimulus Italia, società di consulenza specializzata nell’integrazione del benessere psisco-sociale nei contesti aziendali, in programma dal 7 all’11 ottobre

Le buone relazioni tra i colleghi, il sentirsi stimati e riconosciuti, la percezione che in azienda i trattamenti siano equi: queste variabili aiutano a sopportare la fatica dei ritmi di lavoro odierni nelle imprese italiane. In un contesto in cui il workload è pressante e il rischio di esaurire le energie è dietro l’angolo, per i professionisti e le professioniste diventa importante, nel ruolo di fattore protettivo, il clima che si respira al lavoro.

È quanto emerge dalla ricerca “Le dimensioni psicosociali del benessere mentale”, realizzata da Stimulus Italia, società di consulenza esperta di sviluppo organizzativo, specializzata nel benessere psicologico nei luoghi di lavoro, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna e il Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali e Statistiche dell’Università degli Studi di Palermo. La ricerca vede la manifestazione di interesse del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi. Si tratta del primo studio su larga scala che applica, in Italia, il modello Job Demands-Resources, uno strumento consolidato nella psicologia del lavoro, che mette in relazione le richieste (Demands) e le risorse (Resources) presenti nelle organizzazioni, individuando potenziali fattori protettivi e di rischio per il benessere psicologico.

Le interviste sono state realizzate in 59 imprese, per un totale di 8572 risposte: è il campione più alto, rispetto agli studi di argomenti analoghi, per numero di interviste sul territorio nazionale. Tra coloro che hanno risposto, vi sono manager per il 21,9% e professionisti in altre funzioni per il 78,1% tra questi, il 9,25% è in amministrazione, finanza e controllo; il 20,98% nel commerciale/vendite; il 5% in gestione del personale e organizzazione; il 3% in marketing e comunicazione; il 5,53% in consulenza; il 5,69 in ricerca e sviluppo; il 4,78 in sistemi informatici; il 5,96% in assistenza ai clienti; il 7,01 in manutenzione e supporto tecnico; il 10,11% in produzione; il 4,32 in logistica; il 18,36% in altre posizioni lavorative. Per quanto riguarda l’età degli intervistati, l’8,12% ha meno di 30 anni: il 23,45% è tra i 30 e 40; il 32,96% si colloca nella fascia 41-50; il 30,6% tra i 51 e i 60 anni; il 4,84% ha più di 60 anni.

Ha dichiarato Pietro Bussotti, staff di Presidenza CNOP per la Psicologia del Lavoro, Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi: “Conoscere dati specifici sul benessere dei lavoratori, emersi da questa grande ricerca, offre un contributo significativo al miglioramento delle condizioni lavorative. Queste informazioni permettono infatti alle aziende di identificare aree critiche e intervenire in modo mirato per promuovere un ambiente di lavoro più sano e produttivo. Inoltre, migliorando il benessere dei dipendenti, le organizzazioni possono ridurre conseguenze sistemiche quali, ad esempio, l’assenteismo ed il tasso di errori e parallelamente aumentare la soddisfazione lavorativa”.

Nella ricerca, continua Bussotti si trova piena conferma “di una serie di elementi che la psicologia del lavoro professa da quando è nata e cioè da oltre un secolo: le risorse lavorative e personali (es. autonomia, comunicazione, autoefficacia, ecc.) riducono la possibilità di sviluppare conseguenze lavorative e personali negative (es. esaurimento psicofisico, quiet quitting, disturbi muscoloscheletrici), mentre alcuni stressor (es. conflitto e/o difficoltà di conciliazione lavoro-famiglia), si correlano invece con l’aggravarsi di queste situazioni. Il mio stupore è piuttosto dato da una riflessione e cioè, che ancora oggi, ci siano resistenze ad accettare e mettere in pratica quello che ormai è un dato ampiamente dimostrato dalla letteratura scientifica e delle evidenze empiriche. Conosciamo le leve per benessere e produttività, conosciamo gli ostacoli e le conseguenze negative. Le prove ci sono. Ora i tempi sono maturi per il fare”.

Che cosa accade nelle imprese italiane. I punti critici

Secondo il modello Job Demands-Resources, la ricerca analizza le richieste che un ambiente professionale pone alle persone e le risorse che offre. Tra le richieste, ad esempio, figurano il carico di lavoro o un cambiamento di mansione. Tra le risorse, il supporto dei colleghi, il riconoscimento del proprio ruolo e dei risultati raggiunti, un trattamento equo.
Dalla prima overview annunciata sulla ricerca, emerge che l’87,9% degli intervistati si trova in difficoltà quanto affronta un cambiamento sul lavoro. Il 57,15% si trova sempre (3,65%) o spesso (53,5%) in condizioni di forte bisogno di recupero delle energie. A proposito di salute, il 44,59% ammette di avere avuto disturbi muscolo-scheletrici negli ultimi sei mesi e, in questo caso, per la maggior parte sono donne. Interessante il dato relativo al rischio di turn over: il 13,66% dei professionisti e delle professioniste risponde sì alla domanda: “Hai in programma di lasciare il tuo attuale posto di lavoro nel corso dei prossimi 6 o 12 mesi?”.
C’è anche chi non vuole dimettersi, ma sfiducia e demotivazione lo portano a non “spendersi” per il lavoro. È il fenomeno del quiet-quitting: per il 28,78% è giusto lavorare “quanto basta”, senza impegnarsi di più. Il conflitto tra lavoro e famiglia emerge nel 34,27% dei casi.

Organizzazione del lavoro e contesto sociale

I contesti di lavoro in cui professionisti e professioniste si sentono riconosciuti e stimati diventano “fattori protettivi” per il benessere psicologico. Conta il supporto dei colleghi: l’80% degli intervistati ha un buon rapporto con gli altri sul posto di lavoro, il 73,54% si sente sostenuto dal suo direttore responsabile e il 74,74% del campione ritiene che i suoi professionali siano riconosciuti. Il 45,63% percepisce in azienda un contesto equo, almeno “a volte” e il 37,41% lo avverte spesso. Il 47,32% si ritiene “spesso” autonomo nel gestire il proprio lavoro e il 31,51 si ritiene autonomo “sempre”.

Il primo risultato importante che emerge dalla ricerca è la correlazione tra richieste (Demand) e risorse (Resources) dell’ambiente di lavoro e il benessere mentale. Nel caso del bisogno di recupero, ad esempio, tra le persone che hanno la percezione di avere un trattamento giusto, che si sentono più riconosciute, che vivono un buon grado di autonomia nello svolgere l’attività, la presenza di fatica cronica è meno frequente.
Spiega Diego Scarselli, Operations Manager Stimulus Italia: “Lo studio suggerisce che, al di là del supporto psicologico indirizzato all’individuo, gli interventi di well-being più efficaci sono quelli che migliorano l’organizzazione del lavoro nel suo complesso”.

Arianna Giordano, consulente per il benessere di Stimulus Italia, ricorda: “Anche per quanto riguarda il rischio di esaurimento, aspetti come riconoscimento, equità, autonomia, supporto dei colleghi rientrano fra i fattori protettivi. Sono tutte caratteristiche dell’ambiente di lavoro, a eccezione di una variabile che dipende dall’individuo: il senso di autoefficacia (la percezione che ha l’individuo di essere in grado di raggiungere un risultato, ndr)”. Le richieste lavorative che hanno un impatto sul rischio di esaurimento sono il cambiamento, il workload, il conflitto lavoro-famiglia.

Dichiara Diego Scarselli, Operations Manager Stimulus Italia: “I dati mettono in luce la presenza di molti fattori protettivi per il benessere sul luogo di lavoro. Un aspetto positivo emerso dalla ricerca è la diffusa percezione di supporto da parte dei propri colleghi; più discontinua, invece, la percezione di supporto da parte dei propri responsabili. Le principali criticità emerse dalla ricerca sono il rischio di esaurimento e il bisogno di recupero e conseguenze a lungo termine sul work engagement: questi aspetti suggeriscono la necessità di un monitoraggio costante e di interventi strutturati volti a creare le basi per una performance sostenibile”.

Colletti bianchi e tute blu: marketing, comunicazione, consulenza e assistenza ai clienti, le aree più stressate

Tra i primi risultati emersi dalla ricerca, spicca il fatto che circa il 18% dei lavoratori nei settori del marketing e comunicazione, consulenza e gestione del personale affronta spesso richieste lavorative elevate. Inoltre, tra il 30% e il 32% dei dipendenti in questi settori, insieme a quelli dell’area commerciale e vendite, avverte un forte bisogno di recuperare energie, segnalando un potenziale rischio di esaurimento psicofisico per il futuro. Questo potrebbe rappresentare una sfida cruciale per le aziende, indicando una possibile pista per futuri interventi.

Sul fronte delle risorse lavorative, emerge un dato positivo: il senso di autoefficacia è particolarmente elevato tra chi lavora nella gestione del personale e nella logistica, seguiti subito dopo dai professionisti dell’area commerciale. Passando alla distinzione per ruoli, è possibile osservare come i manager percepiscano un ambiente di lavoro più favorevole, soprattutto in termini di riconoscimento, equità, autonomia e comunicazione (tra il 60 e l’80% degli intervistati che ricoprono questo ruolo).

Le differenze legate all’età

Anche l’età gioca un ruolo significativo nella percezione di richieste e risorse lavorative. I dati più rilevanti riguardano l’aumento della percezione di autoefficacia e autonomia con l’avanzare dell’età: il senso di autoefficacia cresce dal 71% negli under 30 all’88% negli under 60, mentre l’autonomia passa dal 63% al 69% nello stesso confronto. Al contrario, il carico di lavoro è percepito come spesso elevato nella fascia d’età 31-40 anni (16%), mentre questo risulta meno frequente inferiore tra i più giovani (under 30: 10,5%) e i più anziani (over 60: 8,2%).

10-2024-Comunicato Stampa-Opening Event e Progetto di Ricerca