Una stanchezza esagerata - A.I.D.O.

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La sua diagnosi risulta difficoltosa perché può essere confusa con altre patologie dai sintomi simili. È la Sindrome da stanchezza cronica. Uno studio recente pone l’attenzione sull’intestino come origine di tutto. Mentre la dieta antinfiammatoria potrebbe risultare particolarmente utile

di Vita e Salute

Sentirsi stanchi, troppo stanchi, anche senza avere sostenuto particolari sforzi fisici o mentali. La causa potrebbe essere dovuta alla Sindrome da stanchezza cronica (in inglese Chronic Fatigue Syndrome, Cfs), una patologia che interessa molti organi e apparati del corpo: nervoso, immunitario, digestivo e scheletrico. Si calcola che negli Stati Uniti ci siano circa 2,5 milioni di soggetti ammalati mentre nel nostro Paese, dove questa patologia non è ancora sufficientemente conosciuta, i numeri sono relativi solo ad alcune regioni. Si stima che in Italia le persone affette da sindrome da stanchezza cronica siano circa lo 0,1-0,2% della popolazione, cioè circa 100mila persone.
Tutti numeri probabilmente sottostimati. Per quale motivo? C’è difficoltà a diagnosticare questa patologia, che viene ancora sostanzialmente individuata per esclusione. La sindrome colpisce principalmente giovani adulti di età compresa tra i 20 e i 40 anni, soprattutto donne.

Un aiuto per la diagnosi

Mentre sappiamo che spesso l’evento scatenante delle Cfs è un’infezione virale, non conosciamo attualmente esami o test diagnostici specifici che aiutino a identificare la malattia. Sappiamo tuttavia che questi pazienti presentano quasi sempre anche disturbi intestinali simili a quelli definiti come “sindrome dell’intestino irritabile”.
Partendo da questi presupposti, alcuni ricercatori dell’università di Pavia e di quella di Piacenza, in collaborazione con l’associazione malati di Cfs (Amcfs), hanno analizzato la composizione della popolazione batterica presente nella bocca e nell’intestino degli ammalati. Valutandone se eventuali cambiamenti potessero essere in qualche modo collegati all’origine della patologia. Lo studio, pubblicato sulla rivista Scientific Reports nel 2021, ha accertato che in tutti i malati è presente un’alterazione nella composizione del microbiota della bocca e dell’intestino. Alterazione molto simile a quella osservata in altre patologie autoimmunitarie, come la malattia di Crohn o il lupus eritematoso sistemico, confermando l’ipotesi che alla base della Cfs ci possa essere un’alterazione funzionale del sistema di difesa dell’organismo.
Che il cambiamento nella composizione della popolazione batterica intestinale, la cui attività è notoriamente correlata tra l’altro con il funzionamento del cervello e con i processi infiammatori, abbia qualcosa a che fare con alcuni fattori causali della Cfs si dovrà accertare con altri studi. Ma certo si tratta di una suggestione interessante. Come è interessante un altro dato uscito dalla ricerca: le alterazioni del microbiota trovate nei pazienti erano presenti anche nei familiari, suggerendo che all’origine della Cfs ci siano in gioco anche fattori ambientali e stili di vita che, in famiglia, sono spesso condivisi.
Altri studi dimostrerebbero che anche i traumi fisici e l’esposizione all’inquinamento da sostanze chimiche potrebbero giocare un certo ruolo.

Le manifestazioni e le cause sono multiple

La presenza contemporanea di sintomi muscolari, neurologici (in particolare del sistema nervoso autonomo, come pressione arteriosa troppo bassa quando si è in posizione eretta, capogiri, svenimenti, intestino irritabile, disfunzione della vescica, palpitazioni e aritmie cardiache, difficoltà respiratorie, ecc.) e immunitari (linfonodi ingrossati, mal di gola ripetuti, sviluppo di alterata sensibilità a alimenti, medicinali e sostanze chimiche) giustifica la definizione di questa patologia come malattia multisistemica.

I sintomi più importanti

I sintomi fondamentali e identificativi della Cfs, che aiutano a distinguerla da altre condizioni come anemia, lavoro fisico impegnativo, insufficienza respiratoria o cardiaca, grande obesità, ecc., tutte accompagnate da una stanchezza più o meno accentuata, sono i seguenti:

  • diminuzione sostanziale della capacità di impegnarsi in attività di vario genere, accompagnata da un affaticamento anomalo, sproporzionato rispetto allo sforzo e non attenuato dal riposo;
  • le attività fisiche o mentali provocano un aumento esagerato dei sintomi e una riduzione prolungata della capacità di muoversi;
  • il sonno non è ristoratore e risulta molto disturbato;
  • si sviluppa un deficit cognitivo e, spesso, anche una difficoltà a stare in piedi. Disturbo, quest’ultimo, che si attenua sdraiandosi.
Le diverse gravità

La malattia si manifesta con diversi livelli di gravità che si susseguono nel tempo. Nelle forme meno impegnative i pazienti sono dotati di autonomia operativa e possono eseguire, sia pure con difficoltà, leggere attività domestiche. Spesso, tuttavia, hanno rallentato fortemente le attività sociali e nei fine settimana stanno a casa stesi a letto per recuperare l’affaticamento.
A un livello più avanzato si riscontra l’abbandono del lavoro, il bisogno di ripetuti periodi di riposo a letto durante il giorno mentre il sonno è generalmente disturbato e non ristoratore.
Il livello successivo vede i pazienti muoversi ormai con difficoltà in ambito domestico mentre i deficit cognitivi (soprattutto la memoria) sono evidenti.
Nelle forme più gravi, i pazienti passano la maggior parte del tempo a letto e hanno bisogno di assistenza per lavarsi e vestirsi. L’eccessiva sensibilità alla luce e ai rumori è diventata molto elevata, tanto da renderli intollerabili.

I farmaci?

Attualmente non esistono trattamenti farmacologici risolutivi per la Cfs. Tuttavia, per ridurre la gravità dei sintomi sono impiegati alcuni farmaci, generalmente a basso dosaggio per evitare il rischio di favorire lo sviluppo di ipersensibilità̀ ai farmaci (frequente nella Cfs): antidolorifici, cortisonici, beta-bloccanti, antidepressivi e ipnotici per favorire il sonno.

Risorse naturali

Non esistono studi specifici, ma è probabile che l’adozione di una dieta antinfiammatoria, basata sul consumo quotidiano di cereali integrali, legumi, frutta, verdura e semi oleosi, possa essere utile. Una certa efficacia nel ridurre i sintomi deriva dall’integrazione della dieta con sali di magnesio. Ovviamente, è utile non dimenticare gli alimenti naturalmente ricchi di questo minerale come le alghe marine, i semi oleosi, i legumi e i cereali integrali. Alimenti che andrebbero consumati giornalmente. Anche l’alga spirulina, particolarmente ricca di proteine e di sostanze antiossidanti e protettive, disponibile in commercio in varie formulazioni, ha dimostrato una qualche efficacia.
Da non trascurare anche alcune buone abitudini che aiutano a superare le difficoltà di memoria e i deficit cognitivi, come prendere appunti, tenere a portata di mano un calendario e una calcolatrice; mettere sempre gli oggetti importanti (chiavi, occhiali, forbici, ecc.) nello stesso posto; usare tappi per le orecchie per chi è sensibile ai suoni; indossare maschere per gli occhi e/o occhiali da sole per chi ha un’eccessiva sensibilità̀ alla luce, ecc. Utili anche alcuni provvedimenti personalizzati sul piano dietetico come evitare gli alimenti che creano problemi digestivi e alleggerire e anticipare la cena. Risultano infine indispensabili anche la comprensione e il supporto emotivo da parte dei medici, degli infermieri e dei familiari: sentirsi capiti è fondamentale per non aggiungere sofferenze inutili a un bagaglio sintomatico spesso molto pesante.

Recapiti
alessandra@romboliassociati.com