Paolo di Tarso nostro contemporaneo - Azione Cattolica Italiana Paolo di Tarso

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L’Editrice AVE ha recentemente pubblicato un libro su san Paolo, scritto da Paolo Nepi, e dal titolo un po’ provocatorio: Paolo di Tarso nostro contemporaneo. Si tratta di un libro con alcune caratteristiche particolari, sulle quali abbiamo posto all’autore alcune domande.

Perché un altro libro su san Paolo, su cui esiste un’immane bibliografia specialistica?

Proprio perché ho avvertito il bisogno di scrivere un libro non da studioso, ma dal punto di vista di chi nella figura di san Paolo cerca di cogliere una provocazione per la sua esistenza. La figura di Paolo di Tarso è gigantesca, e ogni paragone è ovviamente improponibile. Nonostante ciò, ad un certo punto mi sono chiesto che cosa significasse per me avere un nome così impegnativo, che certamente i miei genitori avevano scelto senza pensare all’apostolo dei gentili.

Da quale angolatura hai affrontato un personaggio così impegnativo?

Dall’idea che si tratti di un personaggio attualissimo. Umberto Eco lo vedeva come il prototipo dell’uomo della società globale: cresciuto nella sinagoga, profondo conoscitore della filosofia greca, cittadino romano. Pier Paolo Pasolini aveva progettato un film, che purtroppo non vide la luce, trovandolo di sorprendente attualità: «è la nostra società che egli piange e ama, minaccia e perdona, aggredisce e teneramente abbraccia» (dalla sceneggiatura pubblicata da Einaudi).

C’è chi ritiene che sia lui l’inventore del cristianesimo.

Questa tesi, che nella sua radicalità risale a Nietzsche, e che ha avuto una grande fortuna, è in realtà frutto di un radicato pregiudizio anticristiano. Si afferma in sostanza che Gesù avrebbe predicato un Vangelo di gioia e felicità, e che Paolo, che mette al centro del suo annuncio Cristo crocifisso, avrebbe trasformato la bellezza del messaggio originario nel suo opposto, ovvero nel Vangelo del dolore e del martirio.
In realtà Paolo ha una concezione che non oppone felicità e sofferenza, ma vede nella croce la possibilità di salvezza dalle inevitabili contraddizioni della condizione umana. Nella quale felicità e sofferenza sono destinate a convivere, e quindi finisce per avere una visione più realistica di quella di Nietzsche.

Nella terza parte hai scritto alcuni dialoghi immaginari tra san Paolo e alcuni personaggi quali Pietro, il sommo sacerdote, Priscilla, Seneca…

Ho cercato di presentare la figura di Paolo, anche per rendere il testo di piacevole lettura, attraverso il dialogo tra Paolo e alcuni personaggi legati alla sua esperienza. I dialoghi sono immaginari ma non fantastici, perché mi sono sempre preoccupato di restare fedele ai dati oggettivi della sua vita e dei suoi scritti. I dialoghi che hanno come protagonista Paolo sono preceduti da un dialogo atipico tra un teologo cristiano e un rabbino. Il dialogo è contraddistinto da profondo rispetto reciproco. Ma anche da un insanabile contrasto tra chi vede nel santo un punto di riferimento essenziale dell’esperienza cristiana, e chi invece non può evitare il sospetto che, dopo il misterioso evento sulla via di Damasco, Paolo abbia tradito la fede dell’eterno Israele.

Avresti problemi a definire il tuo libro un testo divulgativo?

No. Purché però si comprenda che il mio intento non era di semplificare la portata di un personaggio così importante. Avendo l’ambizione di mostrare che l’apostolo dei gentili è fondamentale non solo nella storia della Chiesa, ma perfino in alcuni tratti della civiltà occidentale.

Paolo Nepi è stato docente ordinario di Filosofia morale all’Università di Roma Tre. È docente nella Facoltà di filosofia della Pontificia Università Antonianum di Roma. Ha diretto l’Istituto “Vittorio Bachelet” per gli studi sociali e politici ed è direttore della “Biblioteca della persona” dell’Istituto internazionale J. Maritain. Ha scritto molti libri e saggi di carattere filosofico e curato l’edizione italiana di opere di Maritain e Clavel. Ha collaborato alla redazione dell’Enciclopedia filosofica (Bompiani).

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