Fonte immagine – Alleviare il macigno dei debiti per i Paesi in via di sviluppo
Ufficio Policy Focsiv – Continuiamo col tema del Financing for Development (Finanziamento per lo Sviluppo contro le asimmetrie di potere – Focsiv) riportando un altro report redatto dal Civil Society Financing for Development Group, con un focus sul tema del debito dei paesi in via di sviluppo. Il documento in esame offre una panoramica sul problema del debito sovrano, concentrandosi sull’architettura globale del debito e sugli effetti devastanti che ha sui paesi del Sud globale, ricorda le cause storiche e strutturali del debito, i meccanismi che perpetuano la dipendenza dai prestiti internazionali e le conseguenze socio-economiche di un sistema finanziario globalizzato ingiusto. Esploriamo dunque le principali questioni e proposte per una riforma del sistema finanziario globale.
Il documento analizza come le crisi globali, determinate da eventi quali la pandemia di COVID-19, la recessione economica globale e l’emergenza climatica, abbiano esacerbato il problema del debito, già insostenibile per molte nazioni. Si sostiene l’urgenza di un cambiamento sistemico dell’architettura finanziaria globale, con l’obiettivo di promuovere una ripresa economica che sia giusta e verde. In particolare, il processo delle Nazioni Unite per il Finanziamento dello Sviluppo (FfD) rappresenta un’opportunitàunica per affrontare le disuguaglianze economiche e sociali attraverso un approccio multilaterale e democratico.
Uno dei punti centrali del report riguarda l’insostenibilità e l’illegittimità del debito sovrano.
Le cause principali di questo debito hanno radici storiche nell’imperialismo economico che favorisce i creditori, sia pubblici che privati. Il documento evidenzia come il debito sovrano sia il risultato di una lunga storia di sfruttamento coloniale da parte dei paesi del Nord globale (vedi Giustizia economica contro il debito neocoloniale). Dopo la fine del processo di decolonizzazione, molte ex colonie sono rimaste intrappolate in una rete di dipendenza economica che perpetua l’ingiustizia; le politiche neo-coloniali, legate al commercio e agli investimenti, continuano ad aggravare le disuguaglianze e a vincolare i paesi del Sud a modelli economici insostenibili. Inoltre, molti debiti contratti dai paesi in via di sviluppo sono considerati illegittimi in quanto derivano da prestiti concessi per progetti dannosi, non trasparenti e imposti da creditori esterni.
Un primo aspetto da rivedere è dunque proprio la condizionalità dei prestiti: i prestiti concessi da istituzioni come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e creditori bilaterali (vedi Il debito del Sud e le istituzioni finanziarie internazionali), sono spesso accompagnati da condizionalità che impongono politiche di austerità, privatizzazioni, deregulation economica e tagli ai servizi pubblici. Queste politiche hanno aggravato la povertà, indebolito le economie locali e aumentato le disuguaglianze. Molti paesi del Sud globale sono così intrappolati in un ciclo vizioso, in cui devono contrarre nuovi debiti per ripagare quelli esistenti, creando una spirale di indebitamento che impedisce loro di raggiungere la stabilità economica. Così non solo i paesi rimangono in una condizione di dipendenza economica, ma questo sistema limita anche la loro capacità di investire in sviluppo e infrastrutture, diventa un ostacolo alla crescita e al benessere, impedendo di investire in settori chiave (ad esempio, almeno 62 paesi nel 2019 hanno destinato più risorse al servizio del debito che a salute ed educazione; vedi I giochi del debito).
In particolare, queste politiche peggiorano le condizioni economiche di donne e ragazze, poiché aumentano il carico di lavoro non retribuito mentre si riducono i servizi pubblici, aggravando la povertà e l’insicurezza economica delle donne.
L’enorme onere del debito impedisce ai governi di affrontare anche altre sfide urgenti, come il cambiamento climatico, poiché gran parte delle risorse vengono destinate al pagamento degli interessi sul debito, invece che a finanziare la resilienza climatica e la sostenibilità, intralciando dunque gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs; vedi anche L’illusione degli swap del debito).
Il sistema attuale di governance globale del debito, dominato dal G20, dall’FMI e da altre istituzioni finanziarie internazionali, ha dimostrato i suoi limiti nel risolvere le crisi del debito in modo tempestivo ed equo. Anzitutto le misure adottate finora, come la Debt Service Suspension Initiative (DSSI), hanno avuto un impatto limitato e hanno lasciato fuori molti paesi, inclusi i paesi a medio reddito e quelli con debiti privati. Inoltre, i creditori privati sono stati esclusi da molte delle soluzioni proposte, e le risposte hanno spesso favorito i creditori piuttosto che i debitori. Infine, le agenzie di rating del credito svolgono un ruolo critico nel peggiorare la crisi del debito, penalizzando i paesi che cercano soluzioni per la ristrutturazione del debito e aumentando i costi di finanziamento.
Il report propone allora una serie di raccomandazioni per una riforma radicale del sistema di gestione del debito a livello globale; in particolare è necessario creare un sistema trasparente e vincolante, sotto l’egida delle Nazioni Unite, per gestire la ristrutturazione del debito sovrano e garantire un trattamento equo e tempestivo per i paesi indebitati.
Si dovrebbero affrontare le seguenti questioni:
- cancellare immediatamente il debito per i paesi in difficoltà, sia a basso che a medio reddito, coinvolgendo tutti i creditori;
- definire principi globali e trasparenti per un prestito e un indebitamento responsabile, con l’obiettivo di evitare debiti insostenibili e predatori;
- superare il focus esclusivamente economico e considerare l’impatto del debito sulla capacità dei paesi di raggiungere gli SDGs, rispettare gli impegni in materia di diritti umani, promuovere la parità di genere e affrontare le sfide climatiche;
- la gestione dei rischi sistemici nel settore finanziario non regolamentato richiede un controllo più rigoroso sugli strumenti e sugli attori coinvolti, come i grandi fondi che che gestiscono le attività finanziarie e le agenzie di rating del credito. È fondamentale sviluppare un nuovo consenso globale che evidenzi l’importanza della gestione dei conti capitali, così da monitorare i flussi finanziari in entrata e in uscita non solo in situazioni di crisi, ma anche in condizioni normali, per prevenire instabilità e rafforzare la resilienza del sistema economico.
Il debito globale deve essere affrontato come una questione di giustizia: i paesi del Sud del mondo hanno già pagato a caro prezzo il debito, in termini di risorse naturali, lavoro non retribuito e danni ambientali. La cancellazione del debito non è una carità, ma una necessità per garantire una ripresa equa e sostenibile. La coalizione globale delle organizzazioni della società civile, composta da oltre 600 organizzazioni, continua a mobilitarsi per la giustizia del debito, con un appello per il riconoscimento del debito illegittimo