La violenza di genere ha radici profonde nella nostra cultura. Intervenire con attività educative rivolte ai giovani è fondamentale per un reale cambiamento culturale e sociale» - Consiglio Nazionale Giovani

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La violenza di genere ha radici profonde nella nostra cultura, nei gesti quotidiani, negli stereotipi e nelle disuguaglianze strutturali. Intervenire con attività educative rivolte ai giovani è fondamentale per un reale cambiamento culturale e sociale» spiega ad Avvenire Maria Cristina Pisani, presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani (Cng), organo consultivo per il governo sui temi che riguardano i ragazzi. Il Cng cerca di sensibilizzarli e formarli anche su questioni relative alla violenza di genere e promuove politiche per l’inclusione. Lo fa, per esempio, collaborando con istituzioni accademiche come La Sapienza attraverso un’iniziativa che ha assegnato 100 borse di studio per il corso di formazione “Culture contro la violenza di genere: un approccio transdisciplinare”, aperto a giovani non universitari. Nello specifico, il corso vedrà il coinvolgimento di approcci provenienti dal mondo accademico e della società civile, con il coinvolgimento dei Dipartimenti delle scienze sociali, politiche, mediche, giuridiche, psicologiche e umanistiche. Altre 50 borse sono state invece assegnate per il corso “Politiche e strumenti per la Gender Equality”, rivolto a coloro che abbiano conseguito almeno un diploma di Laurea di I livello. Tutti strumenti concreti per favorire un profondo cambiamento sociale, «prevenire la violenza e costruire una cultura della parità» aggiunge la presidente. Così si punta a combattere la violenza innanzitutto sul piano culturale. Il lavoro del Cng nell’ambito della formazione, tra le altre cose, cerca di aiutare i giovani a distinguere l’amore dal possesso. Un punto che non potrebbe essere più urgente. Secondo il recente Rapporto Differenza Donna, il 30% dei giovani crede che la gelosia sia una dimostrazione d’amore, percentuale che sale al 45% tra i 14-15enni, mentre il 19% considera la geolocalizzazione accettabile. Tendenze che sono «il prodotto di uno squilibrio di ruoli e della radicalizzazione di pensieri, stereotipi e modelli culturali che purtroppo, nonostante gli sforzi comuni per invertire queste pericolose tendenze, persistono ancora nella nostra società», dice ancora Pisani. È importante – continua – promuovere politiche che favoriscano una maggiore inclusione delle giovani donne nei diversi contesti in cui risultano ancora, purtroppo, troppo poco presenti.

Eppure una speranza c’è e arriva proprio dai ragazzi, che mostrano sempre più consapevolezza: «Una delle nostre ultime rilevazioni, condotte con il supporto dell’Istituto Piepoli, evidenzia che quasi il 70% dei giovani ritiene che la condizione degli uomini nella nostra società sia nettamente migliore di quella delle donne». Per quanto riguarda le forme più estreme di violenza, invece, proprio il femminicidio di Giulia Cecchettin – con tutte le proteste che ne sono seguite – ha mostrato brutalmente l’improrogabilità di affrontare «un’emergenza che, purtroppo, ancora attraversa la quotidianità di ognuno di noi». «Se ancora oggi troppe ragazze vengono barbaramente uccise, sono vittime di abusi e faticano a vedere riconosciuti i loro diritti, vuol dire che la strada da percorrere è ancora troppo lunga, ma necessaria per ciascuna di loro e per tutti noi», specifica la presidente.

«Collaborare con istituzioni accademiche come La Sapienza ci consente di unire ricerca, formazione e impegno civico», conclude. Nella visione dell’esperta, i luoghi dell’istruzione, come le università, possono essere un potente catalizzatore di cambiamento culturale, per raggiungere finalmente, un giorno, l’agognata parità di genere.
Elisa Campisi su L’Avvenire
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