STELLANTIS: Federcontribuenti denuncia 220 miliardi di fondi pubblici in 37 anni

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Fiat e Stellantis: tra delocalizzazione e incentivi pubblici, un paradosso tutto italiano

La storia della Fiat, simbolo dell’industria automobilistica italiana, è un intreccio complesso tra Stato, incentivi pubblici e scelte aziendali. Oggi, con la nascita di Stellantis, questo legame si è evoluto in una questione cruciale per il sistema industriale italiano e il suo futuro.

Delocalizzazione e fondi pubblici: i dati di Federcontribuenti

Secondo Federcontribuenti, “lo Stato ha permesso alla Fiat di delocalizzare la produzione nonostante i numerosi fondi pubblici ricevuti per tutelare l’occupazione”. Tra il 1975 e il 2012, Fiat ha ottenuto dallo Stato italiano circa 220 miliardi di euro. Questi fondi, invece di garantire stabilità e occupazione, avrebbero finanziato una delocalizzazione sistematica.

Un esempio emblematico è la garanzia SACE del 2020, concessa dal governo Conte durante la pandemia: 6,3 miliardi di euro destinati a FCA (oggi parte di Stellantis), nonostante la sede legale fosse stata trasferita in Olanda. “Gli azionisti hanno incassato dividendi all’estero, ma i costi sono rimasti a carico dell’Italia”, denuncia Federcontribuenti, evidenziando un paradosso che riflette una concorrenza europea poco equa.

Il problema della concorrenza nell’Unione Europea

Federcontribuenti pone una domanda cruciale: “Come può funzionare un mercato comune se stipendicosti del lavoro e condizioni contrattuali sono così diversi tra i Paesi membri?”. La produzione industriale si sposta verso nazioni con costi inferiori, mentre il marchio “Made in Italy” rischia di diventare solo un’etichetta vuota. Stellantis, ad esempio, preferisce produrre in Polonia o in altre nazioni dell’Est Europa, pur mantenendo l’immagine di prodotto italiano.

Contributi pubblici e investimenti: i numeri

Tra il 1990 e il 2019, il gruppo Fiat ha ricevuto 4 miliardi di euro di contributi pubblici per 10 miliardi di investimenti dichiarati, con quasi il 40% di questi finanziamenti coperti dallo Stato. Inoltre, la cessione di asset strategici come Iveco e Magneti Marelli ha indebolito ulteriormente la struttura industriale del gruppo.

La sfida dell’Estremo Oriente

In parallelo, l’industria automobilistica italiana affronta la crescente concorrenza dell’Estremo Oriente. “La Cina domina ormai i grandi centri commerciali italiani,” afferma Marco Paccagnella, Presidente di Federcontribuenti, “con auto cinesi e coreane che monopolizzano il mercato. In questo contesto, il sistema industriale italiano appare sempre più fragile e incapace di competere.”

Conclusioni: un modello sostenibile per l’industria italiana?

Federcontribuenti solleva una questione cruciale: “Per quanto tempo l’Italia dovrà sostenere con i soldi dei contribuenti aziende che socializzano le perdite e privatizzano i profitti?” Un interrogativo che chiama in causa non solo il governo italiano, ma anche l’Unione Europea, nel definire regole più eque per il mercato comune.

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