Oltre il capitalismo come religione - Azione Cattolica Italiana

Compatibilità
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Dal 23 novembre all’1 dicembre scorsi ha avuto luogo la IX edizione del Festival di Economia e Spiritualità intitolato “Il capitalismo come religione”, nei comuni toscani di Prato, Capannori, Lucca, Scandicci, Pescia e Pisa. Il Festival è promosso principalmente dall’associazione Ricostruire la Vita, con il comitato scientifico composto da Luigino Bruni (economista, Università LUMSA di Roma), Mario Biggeri (economista, Università di Firenze), padre Guidalberto Bormolini (antropologo e studioso di spiritualità), Luigi De Vecchi (docente di finanza presso la Università LUISS di Roma), Giulio Guarini (economista, Università della Tuscia), Francesco Poggi (economista, Università di Pisa), Roberta Rocelli (ricercatrice produttrice culturale). Intellettuali, accademici, religiosi, artisti e giornalisti di livello nazionale si sono confrontati su questo tema così rilevante.

L’idolatria del denaro e l’etica dell’individualismo

L’attuale versione del capitalismo sta assumendo una natura di vera e propria religione. Sentendoci tutti coinvolti, consideriamo i “riti” del consumismo, i centri commerciali simili a “tempi sacri” per il culto domenicale, il calendario “liturgico” scandito da Hallowen, i Black Friday e i periodi di sconti, l’idolatria del denaro per il denaro, alcuni famosi imprenditori nel ruolo di “nuovi profeti”.
Il capitalismo attuale promuove codici di comportamento legati all’etica dell’individualismo e al mantra della meritocrazia. Un tempo il predominio del capitale era sul lavoro, ora sembra esserlo sull’intera vita, anche quella spirituale: il successo, come principale metro di giudizio della propria e altrui vita, e la competizione, come principale forma di relazione umana, corrodono e corrompono l’anima.
Ma l’insoddisfazione cresce: il benessere materiale sembra non essere più tanto garantito ai più, e quando c’è, in alcuni casi lo si raggiunge a caro prezzo con una vita “stressante” e “infelice”.

Il vero sviluppo è sinonimo di libertà “da” e “per”

La religione ha lasciato il passo al capitalismo odierno come “collante” della società. La ricerca del benessere interiore e spirituale in alcuni casi viene addirittura incasellato all’interno della mentalità aziendale oppure ne diventa strumento: in paesi come la Cina e il Vietnam dove convivono stato comunista e mercato ultraliberista, alcune tradizioni religiose locali sembrano al servizio di questo evidente paradosso coltivando nei popoli il senso dell’autorità e del dovere, e il benessere individuale.
La libertà è ridotta alla libertà di scelta del consumatore tra diversi beni, mentre la principale lezione dell’economista premio Nobel Amartya Sen è che lo sviluppo deve essere sinonimo di libertà “da” e “per”, essendo esso il processo di fioritura e realizzazione della persona.

L’importanza di riaffermare il concetto di sviluppo umano integrale

Insomma verrebbe da dire che il gregge ha sostituito il “Buon Pastore” che “dà la propria vita per le pecore” con il mercenario “che vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge” (Giovanni 10, 1-16). Andare oltre il capitalismo come religione vuol dire riscoprire il potenziale delle religioni e della spiritualità come forza per cambiare in meglio questa economia attraverso la promozione del bene e del valore della dignità umana sempre e ovunque, lo svelamento del significato della vita e delle sue priorità, e il perseguimento del principio della fratellanza umana.
Per rinnovare questa economia e risolvere le sue contraddizioni legate alle ingiustizie sociali e alla insostenibilità ambientale va riaffermato il concetto di sviluppo umano integrale (cardine della Dottrina sociale della Chiesa) ossia lo sviluppo di tutta la persona e di tutte le persone. Esso riguarda una nuova visione che vada oltre l’homo oeconomicus materialista per ritrovare l’integralità dell’essere umano composto di corpo, mente e spirito.
La riscoperta della nostra dimensione spirituale ci fa riconoscere la presenza accanto ai bisogni materiali di quelli spirituali che se non soddisfatti pienamente creano la biforcazione tra sviluppo economico e felicità. È la spiritualità che ci fa sentire parte della natura e responsabili della sua cura e che ci fa vivere la prossimità umana.

Recapiti
Giulio Guarini