Con la Legge di Bilancio l’Italia elimina finalmente gli incentivi al riscaldamento fossile. Davide Sabbadin spiega quali sono le tecnologie incentivate
Dal primo gennaio 2025 le caldaie a gas non possono più essere incentivate. Lo ha stabilito la legge di Bilancio 2025, approvata il 28 dicembre 2024: è il primo passo verso l’implementazione della direttiva EPBD (Energy Performance Building Directive), in Italia conosciuta come direttiva “Case Green”.
“Oltre ad evitarci una figuraccia, lo stop a questi sussidi ci permette di scongiurare la procedura di infrazione per il mancato rispetto della direttiva”, afferma Davide Sabbadin, Deputy Policy Manager for Climate and Energy presso lo European Environmental Bureau, intervistato da Gianluca Ruggieri per Il giusto clima.
Già diversi anni fa l’IEA, nel suo manuale su come decarbonizzare i sistemi energetici entro il 2050 (Net Zero By 2050), affermava che fosse necessario eliminare dal mercato le caldaie a gas già dal 2025.
Davide Sabbadin, come mai se l’IEA è stata così chiara in Italia si è arrivati con grande difficoltà non a eliminare le caldaie a gas ma semplicemente a smettere di sovvenzionarle?
Come con la questione delle auto a motore termico, l’Italia continua ad andare in contro tendenza rispetto all’Europa e al resto del mondo, sostenendo che si possa decarbonizzare il riscaldamento anche con tecnologie a combustione. Ci si immagina un futuro in cui ci sarà forte disponibilità di biogas e idrogeno. Purtroppo questo scenario è molto lontano dalla realtà ed è tutt’altro che imminente.
Secondo noi si tratta di una tattica dilatoria per rallentare l’abbandono del gas. In ogni caso, la Commissione europea non ha più abboccato e quindi il governo è solo, o quasi: è seguito solo da alcuni Paesi dell’Est Europa, molto poco avanzati rispetto al cambio tecnologico richiesto dalla decarbonizzazione.
Una recente ricerca di Legambiente ha fatto i conti rilevando che i sussidi per l’installazione di caldaie a gas in un solo anno ammontavano a 4 miliardi e 200 milioni di euro.
Stiamo parlando di cifre imponenti a supporto di tecnologie climalteranti, che invece adesso finanzieranno soluzioni rinnovabili.
Nell’ottobre scorso la Commissione Europea ha pubblicato una comunicazione (C/2024/6206) relativa ai contenuti della direttiva Case Green che specifica le tecnologie incentivabili per il riscaldamento. Che cosa dice?
L’UE ha stabilito che rimangono incentivabili le tecnologie ibride, su cui l’Italia ha puntato molto, ovvero quelle che abbinano la caldaia a gas con il solare termico o la pompa di calore. Sono tecnologie pensate per avvicinare al concetto di pompa di calore chi non vuole lasciare la caldaia o chi si trova in abitazioni in cui è sconsigliato l’uso delle pompe di calore. Ma questi sistemi ibridi potranno essere incentivati solo nella quota parte di energia rinnovabile.
Le pompe di calore ibride – o caldaie ibride – dovranno contenere una quota “considerevole” di energia rinnovabile (così si legge nella comunicazione). La percentuale la stabilisce lo Stato membro ma nel documento si parla di almeno il 50%. Non è una norma vincolante però è interesse dello Stato membro che la percentuale di rinnovabili sia alta: infatti visto che l’UE finanzia solo la parte rinnovabile, più bassa sarà questa percentuale e meno saranno i sussidi concessi.
In definitiva è un sistema che spinge fortemente nella direzione di sistemi rinnovabili.
Sotto la forte spinta dei produttori di caldaie, l’UE ha introdotto anche la possibilità di sussidiare caldaie a idrogeno a patto che fin dal giorno dell’installazione funzionino in una rete dove scorre solamente idrogeno rinnovabile.
Non sarà quindi possibile incentivare caldaie hydrogen ready che per il momento funzionano con il gas. Quindi si accetta la proposta italiana di andare verso l’idrogeno, ma senza trucchi.
Tra l’altro il riscaldamento a idrogeno non è per niente conveniente ed efficiente (a questo tema abbiamo dedicato una puntata di Climitologie, ascoltabile qui, ndr).
Tornando alla direttiva Case Green, durante la campagna elettorale per le europee diversi partiti l’hanno agitata come spauracchio, parlando di presunti obblighi onerosi imposti sui cittadini per efficientare le proprie case. È davvero così?
No, non è così. Di fatto l’UE a partire dal 2026 fornirà una serie di ingenti finanziamenti, dall’ETS 2 al Social Climate Fund, proprio per condurre questi interventi.
Gli Stati membri hanno due anni per recepire la Direttiva e sono tenuti ad intervenire in maniera molto graduale, partendo dagli edifici di minore qualità energetica, con i fondi europei appositamente destinati.
Certo, se l’Italia non interviene non prenderà i finanziamenti che l’UE mette a disposizione per l’efficientamento energetico, rendendo sempre più difficile il raggiungimento dei nostri target di decarbonizzazione. Quindi, rispondendo alla tua domanda, sul cittadino non ricadrà alcuna spesa, ma il governo dovrebbe metterci nelle condizioni di condurre questi interventi, utilizzando i fondi resi disponibili dall’UE.
Ascolta l’intervista completa, andata in onda nella puntata del 18 dicembre de Il giusto clima su Radio Popolare, disponibile qui, al minuto 41.