Il presidente Luigi Gabriele: “Spendiamo troppo rincorrendo il fenomeno e intervenendo a posteriori, quando dovremmo anticiparlo. Servono pene più severe, meccanismi di controllo più efficaci e anche veri deterrenti dal punto di vista economico”.
Equiparare i reati legati agli incendi boschivi a quello del terrorismo. È questa la proposta che l’associazione di consumatori Consumerismo No Profit intende inviare al governo e al Parlamento per inasprire le sanzioni ma soprattutto i meccanismi di controllo del fenomeno. Per adesso, si tratta di una petizione online, a cui si può aderire sulla piattaforma Change.org, ma il presidente di Consumerismo, Luigi Gabriele, intende presentare la proposta direttamente agli organi legislativi ed esecutivi nazionali. E a TeleAmbiente ne spiega le ragioni.
“Diciamolo chiaramente: chi appicca un incendio boschivo è un criminale che non si fa troppi problemi e questi fenomeni avvengono non solo d’estate. Paradossalmente, siamo in una situazione per cui alcuni temporali estivi possono aiutare nello spegnimento degli incendi e gli inverni sempre più secchi rendono più facile appiccare il fuoco. Il fenomeno è in forte crescita, non ci sono solo motivazioni di natura futile come le ritorsioni tra vicini di pascolo, ma alcune ancora più gravi, legate agli interessi economici anche delle ecomafie” – il punto di Luigi Gabriele – “Fortunatamente, abbiamo leggi che impediscono l’urbanizzazione delle aree andate a fuoco per 10 anni (un termine che per noi è troppo breve) ma non impediscono di trasformarle in discariche abusive di inquinanti. L’attenzione nei confronti del fenomeno, da parte delle istituzioni, non è scarsa, ma riguarda solo l’emergenza ed è totalmente insufficiente per controllare il territorio e prevenire gli illeciti. Se si punta solo a fronteggiare l’emergenza, senza il controllo preventivo, il costo economico è ingentissimo“.
“Vanno riviste le norme di natura penale e rinforzati i poteri repressivi delle forze dell’ordine, da ogni punto di vista. Le pene detentive al momento sono troppo blande e sono pochi i responsabili che effettivamente vengono puniti: negli ultimi 10 anni, a fronte di circa 20.000 incendi, sono state arrestate solo 380 e ne sono state condannate appena 14” – ha aggiunto il presidente di Consumerismo No Profit – “Chiediamo l’equiparazione con il terrorismo internazionale perché si tratta di un reato estremamente attenzionato dalle autorità nazionali e internazionali. Il terrorismo causa danni gravissimi, ma paradossalmente meno gravi degli incendi, che invece danneggiano la biodiversità, le infrastrutture, la salute dei cittadini. Tra danni diretti e indiretti, gli incendi ci costano tantissimo se pensiamo alle misure per fronteggiarli, a quelle di ripristino della biodiversità e ai costi per il nostro sistema sanitario“.
“Crediamo che oggi vada rivista tutta la normativa, un incendio boschivo non può essere considerato un reato minore e i responsabili vanno equiparati ai terroristi o ai mafiosi, anche perché le ecomafie ormai riescono addirittura a guadagnare su ripiantumazioni che poi spesso non avvengono” – aggiunge Luigi Gabriele – “La nostra non è una provocazione, ma un richiamo alle istituzioni affinché si disincentivi il fenomeno il più possibile, pur essendo consapevoli che non potrà essere disincentivato del tutto. Chi appicca un incendio volontariamente lo fa perché sa che prima o poi potrà trarne un guadagno, anche non legato direttamente all’urbanizzazione (pensiamo ad esempio ai pascoli)“.
Non c’è solo la richiesta di inasprire le sanzioni, ma anche e soprattutto di attivare meccanismi che funzionino davvero da deterrente di fronte a un fenomeno che danneggia soprattutto il Mediterraneo e l’Italia (che da sola, purtroppo, ha addirittura il 24% degli incendi di tutto il territorio Ue). “Gran parte degli incendi non legati direttamente alla criminalità organizzata riguardano i pascoli, come confermano i dati dei Carabinieri Forestali. Noi oggi puniamo penalmente gli incendi, ma non agiamo sulla funzione economica di questo fenomeno: se iniziassimo a confiscare i beni dei responsabili, utilizzandoli per finanziare gli interventi di bonifica e ripristino, sarebbe già un passo avanti. Dobbiamo colpire il portafogli di queste persone perché le norme penali da sole non bastano per essere un deterrente efficace” – spiega il presidente di Consumerismo – “Questo deve diventare una priorità politica, stiamo rincorrendo il fenomeno solo dal punto di vista della repressione secondaria ma non lo stiamo contrastando davvero e ogni anno si ripetono sempre le stesse cose. Spero che il fatto che siano state toccate grandi città come Roma, in aree che sono i polmoni delle nostre megalopoli in cui la cementificazione rende sempre più critica la vita degli abitanti nel periodo estivo, porti anche coloro che vedono la situazione più cinicamente a capire che non parliamo di tematiche da ambientalismo estremo o ideologico, ma di un qualcosa che colpisce direttamente, in prima persona, tutti noi“.