OMAGGIO A MARCOLINO GANDINI
Dal 10 ottobre 2024 al 26 gennaio 2025
Venezia, Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna
Progetto a cura di Elisabetta Barisoni
Si ringraziano Augusto Gandini, Chiara Fabbri
Gandini fa un gioco duro, a carte scoperte. Inserisce ipotesi prospettiche in spazi curvi, in orizzonti reali: la linea diventa margine, solco e persino volume; il colore diventa colmata di calcestruzzo […] La geometria, ipotesi spaziale, diventa spazio reale, costruito con travi di colore come fossero strutture di cemento. Il pittore fa forme come uno scultore; il pittore e lo scultore fanno spazi come l’architetto.
[Giulio Carlo Argan in occasione della mostra Parabola 66 presso la galleria Il Bilico, Roma]
L’omaggio di Ca’ Pesaro a Marcolino Gandini intende sottolineare il momento più rivoluzionario della sua produzione, gli anni Sessanta. Il critico d’arte Maurizio Fagiolo dell’Arco definisce «periodo azzurro» il biennio 1962-1963, quando le tele di Gandini si caratterizzano per una gamma cromatica ridotta, con grigi, azzurri tenui e bianchi, definiti da una stesura densa e materica. Insieme a queste prime prove la sala documenta, anche attraverso Tela modellata del 1965, donata dall’autore nel 1989 per le collezioni civiche veneziane, il percorso che Gandini intraprende per esplorare lo spazio ed “uscire” dalla tela. Il cosiddetto «periodo monumentale» si esprime in opere di dimensioni ampie, dove il supporto, spesso di compensato, è curvo e sostiene la tela modellata. I colori diventano strisce colorate a creare vibranti effetti ottici; l’opera esce dalla bidimensionalità e diventa architettura astratta.
Gandini trova una via d’uscita dalle cromie del Gruppo dei Sei e dagli stilemi della più recente Arte Povera, pur richiamando, nella linea e nel rigore geometrico, lo stile di Giulio Paolini. Fondamentale in tutta la sua produzione è la musica, come definisce lui stesso in De bello picturae: «L’armonia dei colori e la sincope profonda delle linee costruiscono nello spazio quello che la musica costruisce nel tempo». Gandini realizza così la sua personalissima interpretazione dell’Astrattismo e, pur conoscendo l’arte americana di Kenneth Noland e l’espressionismo astratto, si avvicina in modo più stringente al Costruttivismo russo e al Bauhaus. A metà degli anni Sessanta i suoi assemblaggi prendono la forma di strutture colorate, che Gandini chiama armadi. È una fase molto creativa dell’artista, che dalla fine del decennio sperimenta nuovi materiali e arriva ad abbandonare il colore per realizzare opere monocrome in formica bianca.
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