CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XVII Legislatura
Ufficio Stampa
Nota stampa della seduta n. 43 Antimeridiana
Lunedì 3 febbraio 2025
Seduta statutaria. Dibattito sulle comunicazioni della presidente della Regione Alessandra Todde in merito all’ordinanza di decadenza emessa dal Collegio elettorale di garanzia della Corte d’Appello.
Cagliari 3 febbraio 2025 – La seduta statutaria è stata aperta dal presidente del Consiglio regionale, Piero Comandini, che, dopo le formalità di rito, ha dato la parola alla presidente della Regione, Alessandra Todde, per le comunicazioni della presidente della Regione ai sensi dell’articolo 121 del Regolamento interno.
“Oggi sono qui, dinanzi alla massima Assemblea del popolo sardo, nella seduta statutaria del Consiglio, per riferire su una vicenda che vuole stravolgere, attraverso un procedimento amministrativo, l’essenza stessa del governo regionale, modificando il risultato elettorale e quindi il voto espresso dai cittadini sardi dopo meno di un anno dall’insediamento della Giunta della nostra maggioranza”. La presidente Todde ha poi proseguito spiegando che la scelta di riferire in Consiglio nel corso della seduta statutaria “non è certamente casuale, perché oggi dobbiamo affrontare argomenti che coinvolgono gli organi di governo della Regione”, dello Statuto e dall’autonomia speciale. E ha ricordato che la tutela del suo diritto soggettivo è stata affidata al ricorso davanti al giudice civile del Tribunale di Cagliari.
E sull’intervento di oggi in aula ha proseguito: “Abbiamo ritenuto necessario, se non imperativo, dover ricondurre l’intera vicenda al grado di serietà che merita”. Perché, se ancora a qualcuno non fosse chiaro, il provvedimento del Collegio regionale di garanzia elettorale su cui mi soffermerò in seguito, non riguarda me sola, ma l’intera forma di governo della Regione Sardegna, gli assessori, i consiglieri di maggioranza e di minoranza e, fatto ancora più grave, riguarda tutti i cittadini sardi sui loro inviolabile diritto, in quanto cittadini, di votare e di affidare al governo regionale, che hanno democraticamente e liberamente eletto, la guida della Sardegna fino al 2029”.
Todde ha poi proseguito: “Questi aspetti non sono secondari, ma costituiscono il vero cuore della questione. Per essere analizzati, discussi, spiegati e perché no anche contestati è però necessario che tutti noi, io in primis, anteponiamo il corretto senso istituzionale alla frenesia mediatica”. La presidente ha spiegato che prima di riferire in aula era importante che venisse presentato il ricorso nelle sedi opportune.
La presidente è poi entrata nel merito della vicenda. “Il 19 novembre mi viene notificata, mezzo pec, una richiesta di chiarimenti firmata dalla Presidente del Collegio di garanzia regionale della Regione Sardegna, nella quale venivano sollevati sette rilievi di irregolarità relativi alla rendicontazione delle spese elettorali sostenute durante la campagna elettorale”. Todde ha poi proseguito: “Nessuno di questi rilievi segnalava alcun utilizzo improprio di risorse, ma semplicemente degli errori di forma nella predisposizione e nella presentazione della rendicontazione. Nello stesso atto veniva richiesto di fornire spiegazioni sulle contestazioni descritte entro quindici giorni dalla notifica, pena alla decadenza, dalla carica di consigliere regionale eletto ai sensi della legge 515 del 93. Alcuni giorni successivi alla prima notifica, ovviamente, entro i termini indicati, ho depositato le memorie”, in cui veniva spiegato come in realtà i punti contestati si basavano su assunti non corretti, in altri casi travisavano dichiarazioni contenute nel rendiconto presentato, in quanto all’interno dello stesso sin dal primo atto si attestava che non avevo ricevuto alcun contributo né sostenuto personalmente alcuna spesa”. “I miei legali hanno ritenuto opportuno in quella sede chiarire definitivamente – ha continuato – con una presentazione del rendiconto sulla base del modello richiesto dal Collegio elettorale che non avessi sostenuto personalmente alcuna spesa inerente alla campagna elettorale nel periodo del rendiconto e che tali spese fossero state sostenute dal comitato elettorale appositamente costituito a gennaio 2024 dal mio partito, il Movimento 5 Stelle, per il sostegno della propria lista del candidato presidente. Chiarisco anche che il comitato elettorale, oltre a disporre dei fondi messi a disposizione dal Movimento 5 Stelle per la campagna elettorale, ha ricevuto contributi da parte degli altri partiti della coalizione, da privati cittadini, inoltre ha ricevuto micro donazioni con Paypal effettuate da parte di cittadini privati e da un’impresa agricola, 20 euro, per un totale di 910 euro. Tutta la documentazione delle spese effettuate e dei fondi ricevuti dal Comitato, incluso l’estratto conto del conto dedicato dal Comitato in Banca intesa con l’elenco dei beneficiari Paypal è stata allegata rendicontazione inviata dal Comitato alla Corte dei Conti, documentazione che anche se non dovuta è stata legata per trasparenza alla mia dichiarazione inviata alla Commissione elettorale” e da subito disponibile nel sito del Movimento 5 Stelle alla sezione Trasparenza. La presidente ha anche spiegato come non sia ammissibile la doppia rendicontazione delle spese sia da parte di un comitato elettorale rappresentante di un partito in Corte dei conti, sia da parte del candidato presidente di quel partito al Collegio elettorale, tanto più che la norma legislativa riporta chiaramente che un partito può e deve rendicontare, esso e non il candidato, anche le spese dello stesso partito fatte anche nell’interesse di un candidato dallo stesso partito sostenuto, cosa che è puntualmente avvenuta nel mio caso”.
La presidente ha poi proseguito: “Quindi nessuna spesa rendicontabile direttamente sostenuta, come peraltro avvenuto per decine di consiglieri, eletti e non eletti, i quali non hanno nominato un mandatario, non hanno avuto un conto corrente dedicato, hanno rendicontato con una dichiarazione analoga e i cui fascicoli sono stati regolarmente archiviati. Nessuna spesa direttamente sostenuta, come già avvenuto in altre regioni, per presidenti di Regioni di altre appartenenze politiche, come Luca Zaia, che per la campagna elettorale del 2015 in Veneto ha dichiarato di non aver sostenuto spese e ricevuto alcun contributo, perché le spese sono state sostenute direttamente dal suo partito e il suo fascicolo è stato regolarmente archiviato e nessuna richiesta di decadenza è stata predisposta”. “Il 3 gennaio 2025 il Collegio regionale di garanzia elettorale invece mi notificava un’ordinanza di ingiunzione contenente rilievi sulla memoria da me presentata”, prevedendo dalle sanzioni amministrative di natura pecuniaria “e contestualmente, in assoluta assenza di adeguata motivazione disponendo in termini generici e non chiari, la richiesta al Presidente del Consiglio regionale di procedere, per quanto di sua competenza, all’ordine e al provvedimento per la mia decadenza, dalla carica di presidente della Regione Sardegna”. Todde ha continuato a riferire su quanto contestatole nell’ordinanza del 3 gennaio in cui “il Collegio elettorale affermava che avessi sostenuto spese per la campagna elettorale contestandomi una bolletta della luce del valore di 153 euro per il mio ufficio di rappresentanza parlamentare affittato da me a gennaio 2023 e poi adibito a sede elettorale per l’intera coalizione dal 15 dicembre 2023 al 24 febbraio 2024: tale bolletta e la risultanza dell’accesso fatto dal Collegio elettorale di garanzia al mio cassetto fiscale presso l’Agenzia delle entrate che, peraltro, non mi era stata contestata a novembre. L’affitto dell’ufficio di rappresentanza parlamentare del periodo da 15 dicembre 2023 al 24 febbraio 2024 è stato pagato e rendicontato dal comitato elettorale del Movimento 5 Stelle. Faccio notare che tale bolletta è riferita al bimestre di novembre-dicembre 2023 e quindi solo per pochi giorni sarebbe nel periodo di rendicontazione. Tale bolletta che non è stata mai contestata prima del 3 gennaio 2025 non andava, secondo i miei legali rendicontata, in quanto le spese per la sede elettorale devono essere rendicontate in modo forfettario e non all’interno dei singoli voci. Tutte le altre fatture – ha proseguito Todde – che il Collegio mi contesta nell’ordinanza del 3 gennaio, e non mi aveva contestato nella richiesta di chiarimenti del 19 novembre impedendomi di fatto il contradditorio, sono state regolarmente pagate e rendicontate alla Corte dei Conti dal comitato elettorale del Movimento 5 Stelle” e ha quindi affermato, per questo motivo, di non essere tenuta a farlo lei e ha aggiunto “eventualmente io potrei semplicemente notare un credito nei confronti del comitato elettorale. Se mi fosse stata data occasione di chiarire con una specifica contestazione non avrei avuto problemi a farlo, così come sto facendo oggi pubblicamente, ma non mi è stata adatta a questa opportunità”.
Per quanto riguarda la richiesta di decadenza ha sostenuto che è priva di motivazione e ha spiegato: “Le fattispecie di decadenza per ineleggibilità di un consigliere eletto, sopravvenute a sensi dell’articolo 15, commi 7, 8 e 9, oltre che essere chiaramente tassative, sono anche insussistenti nel mio caso per espressa pronuncia nel Collegio all’interno dell’ordinanza di ingiunzione stessa.
Non si può prescindere dal fatto che le fattispecie di decadenza per un consigliere eletto in materia di rendicontazione delle spese elettorali siano soltanto due. La prima concerne il superamento dei limiti di spesa elettorale che lo stesso Collegio di Garanzia ha dichiarato non possa essere applicato ai Presidenti di Regione e che, quindi, tale fattispecie non vi è stata neppure contestata pur essendo stata inizialmente prospettata dalla Presidente del Collegio. La seconda causa di decadenza si ha invece qualora l’interessato, a seguito di una diffida ad adempiere, come quella notificata dal Collegio in data 19 novembre, non presenti alcuna dichiarazione entro quei 10 giorni della stessa diffida, ma come ho già detto precedentemente, tale dichiarazione invece è stata presentata entro i termini corretti e questo non lo certifico certo io, ma lo stesso Collegio in quanto dichiara, nell’ordinanza di ingiunzione, che non mi viene contestata la mancata presentazione del reddito di conto, ma solo presunte plurime irregolarità. Pertanto il Collegio non motiva in alcun modo l’avvio della procedura di decadenza. Su questo punto lascio a voi e agli organi giurisdizionali competenti la conclusione”, ha detto.
La presidente ha quindi evidenziato che “sono completamente assenti i presupposti per avviare la procedura di decadenza, non essendosi concretizzati in alcun modo, e per stessa espressione del collegio, le fattispecie previste dalla normativa vigente”. Poi un passaggio sulla normativa vigente: “Quanto precedentemente detto si fonda sulla convinzione, secondo il Collegio, che la normativa sulla base della quale è stata avviata la procedura di decadenza sia applicabile al Presidente della Regione Sardegna. Il Collegio applica la legge 515 del 1993, così come integrata dalla legge regionale 1 del ‘94”. Ma secondo Todde c’è un aspetto che non è stato considerato: “Non solo tra la legge 515, così come recepita dalla legge regionale 1 del ’94, si riferisce a parlamentari, consiglieri eletti e quindi non si applica a presidenti di Regione eletti a seguito delle modifiche apportate alla legge costituzionale 2 del 2001, in virtù dei quali il presidente è eletto direttamente dal popolo e non frutto di accordi assembleali. Pertanto anche i parametri previsti dalla legge, riferiti a uno degli otto collegi circoscrizionali ad esempio, con riferimenti ai limiti di spesa, non sono perciò in alcun modo applicabili, con riferimento al collegio unico regionale in cui il presidente è candidato”. “Con la stessa legge costituzionale del 2001, – ha continuato Todde – lo Stato ha immesso alla competenza della Regione Sardegna la disciplina nei casi di incompatibilità e ineleggibilità. La Regione Sardegna e quest’Aula hanno approvato nel 2013 la legge statutaria numero 1, la quale recita che per quanto concerne le cause di incompatibilità e ineleggibilità si applica la normativa statale, abrogando quindi implicitamente la legge regionale 1 del 1994 e rimandando la disciplina interamente alla legge 515. La cui disciplina è pertanto incompatibile con le elezioni dirette del Presidente per la quale sussiste un vuoto normativo come emerge dai verbali dello stesso Collegio”. Todde ha poi spiegato cosa dice la legge 515 del ’93 all’articolo 20: “Alle Regioni si applicano solo gli articoli dall’1 al 6 e non gli articoli successivi, di conseguenza le sanzioni di decadimento non dovrebbero trovare applicazione anche nel caso della Regione autonoma della Sardegna a seguito di sopraggiunta normativa regionale, di rango sovraordinato, che rinvia la legislazione nazionale”. Todde ha poi proseguito: “Dico questo non certo per cercare giustificazioni o eventuali assoluzioni di fronte a questo Consiglio. Credo semplicemente che sia mio dovere dare queste spiegazioni, anche di merito, all’Aula che rappresenta tutti i cittadini sardi”. E ha aggiunto che c’è dunque “un organo amministrativo che ha emanato un provvedimento dove, in assenza di alcuna motivazione giuridica senza che si siano verificate le condizioni di legge, ha chiesto a questo Consiglio l’avvio di una procedura di decadenza della Presidente della Regione”. “Come se non bastasse, il medesimo collegio sembrerebbe aver agito sulla base di una normativa che non si dovrebbe applicare, non solo in quanto espressamente esclusa dalla Legge Statutaria 1 del 2013, ma perché trattasi di disciplina riservata ai consiglieri eletti e non ai presidenti di Regione eletti in via diretta dal popolo e che quindi, come eletti, sono consiglieri di diritto”. Per Todde però “questo provvedimento un effetto aveva avuto: un attacco senza precedenti alla mia persona, al mio ruolo istituzionale, articoli di stampa locale e nazionale che mi dichiaravano decaduta, mettendo in discussione atti della mia Giunta e l’attività del Consiglio regionale, senza minimamente sottolineare che il provvedimento è definitivo a seguito di un pronunciamento di questo Consiglio, che non è un passacarte di un organo statale. In queste settimane abbiamo assistito poi alla sfilata di chi, per interesse politico, ha voluto iniziare la campagna elettorale, spacciando per atto definitivo un atto che definitivo non è, tanto che i giudici e il Consiglio si devono ancora pronunciare”, tra l’altro “incuranti dell’effetto sui cittadini sardi, al cui destino si dicono interessati, le cui priorità si sono dimenticate negli anni precedenti. Dobbiamo dire invece ai cittadini sardi che qui c’è in gioco la stabilità delle nostre istituzioni, qui c’è in gioco la nostra autonomia, qui c’è in gioco la Sardegna”.
Il presidente Comandini ha quindi dato la parola a un rappresentante per gruppo. Per Alessandro Sorgia (Misto): “Una legislatura nata male ancor prima di iniziare e condotta anche peggio in quasi un anno di attività. Un anno così drammatico non si era verificato e sarà ricordato come il peggiore di tutta la storia della nostra autonomia. Presidente, la leggerezza e la superficialità con cui ha affrontato i primi atti della sua avventura, come massima esponente della nostra Regione, non si erano mai visti prima”. Sorgia ha ricordato alla presidente che “ in un sistema democratico la trasparenza è un elemento essenziale”. E ha aggiunto che “La legge 515 del ‘93, è stata concepita proprio per garantire che ogni candidato renda conto delle proprie spese elettorali, che siano sostenute in modo regolare e che nessuno possa sfruttare indebiti vantaggi economici o strutturali per alterare la competizione elettorale. La norma richiede tra l’altro che venga nominato un mandatario, che venga aperto un conto corrente dedicato e che siano presentati dei conti dettagliati”. Sorgia ha ricordato che il Collegio ha rilevato irregolarità evidenti, “non sono sottigliezze né formalismi da burocrati, ma sono le basi su cui si fonda la fiducia dei cittadini nel processo elettorale”. Sorgia ha poi ripercorso i cambi di versione della Presidente, che hanno alimentato dubbi sul suo operato e sulle risorse utilizzate. Queste contraddizioni, per Sorgia, minano la fiducia dei cittadini. E ha affermato che la presidente avrebbe fatto bene a chiedere scusa ai cittadini: “Ha perso un’occasione importante”. Sorgia ha poi criticato il modo in cui la maggioranza ha attaccato l’operato del Collegio di garanzia, citano quanto detto dall’assessora Desirè Manca, dall’on. Ettore Licheri e dal presidente del M5S, Giuseppe Conte. Un atteggiamento, che ha definito gravissimo e pericoloso. Sorgia ha poi anche evidenziato altri “errori da dilettanti”, soprattutto nella nomina del nuovo segretario generale, pagato meno del precedente e che non potrà assumere l’incarico finché ci sarà l’esercizio provvisorio. Poi ha ricordato anche le scelte fatte nei confronti dei 210mila cittadini che hanno firmato per la proposta di legge Pratobello. “Le do un consiglio: salvi la Sardegna, torni in continente, riprenda la sua brillante carriera di ingegnere esperto in energie, che qui, grazie alle sue competenze, ci stanno sommergendo di pale eoliche. Si dimetta e ponga fine a questa legislatura nata sotto i peggiori auspici, si ricandidi ma faccia tesoro però dei terribili errori che ha commesso e si faccia valutare nuovamente dagli elettori”.
Luca Pizzuto (Sinistra Futura) ha affermato che l’atto del Collegio “è stato eccessivo, se non abnorme, anche perché come raccontato dalle parole della Presidente, ad altri presidenti sono state fatte osservazioni, ad altri presidenti sono stati fatti appunti sulle loro rendicontazioni e mai ci siamo trovati di fronte a un atto amministrativo che può condizionare una scelta democratica legittima fatta da un popolo”. Per Pizzuto ci sarà sicuramente un giudice in Sardegna e a Roma che difenderà la Sardegna e ha espresso piena fiducia nella magistratura e nella Repubblica. L’esponente della maggioranza, pur definendola “un’iperbole dell’assurdo” ha sottolineato che sembra che qualcuno voglia mettere fine a una delle legislatura più progressiste e abbattere questo Consiglio regionale. Pizzuto ha parlato anche di un atteggiamento di maschilismo nei confronti della presidente Todde. Il consigliere ha espresso preoccupazione per questa “strana iperbole dell’assurdo” “perché se l’assurdo dovesse diventare realtà noi ci ritroveremmo per la prima volta nella storia della Repubblica a vedere abbattuta un’autonomia democraticamente eletta per un vizio di forma amministrativa, cosa che non avrebbe precedenti e che sarebbe di una gravità veramente sproporzionata. Per cui, nella realtà, noi esprimiamo la massima vicinanza umana, politica, alla nostra Presidente che con competenza, con determinazione e con coraggio è venuta qui a rendere conto di quanto è successo” e dopo le aggressioni subite. “Insieme alla nostra Presidente noi non arretreremo di un solo