L'Organismo: La catena del valore? Un concetto astratto
L’OIC (Organismo italiano di contabilità) sostiene, in un documento pubblicato il 4 febbraio scorso, che i report di sostenibilità europei debbono essere drasticamente semplificati e migliorati nella loro efficacia comunicativa, concentrando gli obblighi informativi richiesti alle aziende, soprattutto alle PMI che rappresentano la parte preponderante del tessuto economico italiano ed europeo, sugli aspetti ESG davvero essenziali.
Nei giorni scorsi, l’OIC ha riunito il suo CdA per fare il punto sul confronto in atto in Europa in una materia dove è in corso un ampio ripensamento strategico. A livello unionale, sono già stati pubblicati gli atti delegati relativi ai primi 12 standard applicativi della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) mentre sono in corso i lavori anche sugli standard settoriali.
Quelle regole sono entrate formalmente in vigore già nel 2024 per le imprese più grandi del continente. Ma la marcia procede a singhiozzo. Innanzitutto, perché alcuni Stati membri (non l’Italia) debbono ancora recepire la CSRD, benché il termine per farlo sia scaduto nel luglio dello scorso anno. Poi, perché la Commissione Europea, consapevole della complessità operativa degli adempimenti, ha già annunciato un progetto di semplificazione da incardinare in un “regolamento omnibus” che dovrebbe riguardare modifiche non solo alla CSRD ma anche sulla Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) e sul regolamento Tassonomia.
L’intervento correttivo deve essere radicale risolvendosi, appunto, in una decisa e sostanziale semplificazione degli obblighi informativi richiesti alle imprese, soprattutto alle PMI, e, nel contempo, in una riduzione dei costi di compliance. Le predette finalità, peraltro, sono coerenti con l’esigenza di un miglioramento della qualità dell’informazione stessa, perseguita dall’OIC: una disclosure sintetica, diretta, essenziale assicura, infatti, una migliore capacità informativa del bilancio
di sostenibilità.
Le proposte dell’Organismo: la nuova categoria di mid-companies
L’Organismo Italiano di Contabilità propone l’introduzione di una categoria di “mid-companies”, la cui soglia di delimitazione con il comparto large, coerentemente con quanto previsto dalla direttiva CSDDD, sia indicativamente di 1000 dipendenti e 450 milioni di euro di ricavi. Inoltre, sollecita il posticipo dell’entrata in vigore degli obblighi di rendicontazione per le imprese diverse da quelle grandi, già sottoposte alla nuova disciplina, con particolare riferimento al comparto delle mid-companies per il tempo necessario alla formulazione di standard semplificati, nonché la sospensione, almeno nel breve termine, dei lavori sugli standard settoriali.
Le proposte di modifica dell’OIC non si fermano qui: occorre rimettere in discussione anche i due capisaldi sui quali è stata costruita in questi anni in Europa la disciplina della sostenibilità: la cosiddetta “doppia materialità” e l’estensione degli obblighi di reporting all’intera “catena del valore” aziendale.
La “doppia materialità” – l’impatto che le aziende hanno sull’ambiente e la società è difficile da distinguere dalla “materialità finanziaria”, quella normalmente rilevata nei report aziendali. Benché sollecitato – ha osservato OIC – l’Efrag non è mai riuscito a produrre un esempio concreto in cui un tema è rilevante per la materialità d’impatto e non per la materialità finanziaria.
Quanto alla “catena del valore”, che obbliga le imprese a misurare gli effetti sulla sostenibilità a monte (fornitori) ed a valle del perimetro aziendale, si tratta di un concetto astratto, difficile da mettere in pratica e che comporta costi e complessità operative non indifferenti per chi deve produrre i report. Se questi obblighi fossero alleggeriti verrebbero anche appianate gran parte delle differenze che separano gli standard europei da quelli internazionali redatti dalla IFRS Foundation.
“Soprattutto – ha sottolineato il Presidente Pizzo – OIC suggerisce di includere nel processo di semplificazione anche le normative di vigilanza bancaria, non limitando il riordino alla sola rendicontazione. Diversamente – osserva – l’effetto sarebbe limitato soprattutto per le Pmi tenute comunque a fornire informazioni al sistema creditizio per soddisfare gli obblighi imposti al settore finanziario dalla disciplina di vigilanza”.
Redazione redigo.info