A Betlemme è sempre Natale - Azione Cattolica Italiana

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Cara Azione cattolica,

mi dispiace molto arrivare con tanto ritardo a raccontarti il Natale vissuto a Betlemme qualche settimana fa. Un ritardo dettato un dai mille impegni ma anche dal fatto che analizzare gli eventi e farli propri richiede un po’ di tempo. Quello che si vive in Palestina quotidianamente è straordinario, nel vero senso della parola. Tutto quello che vivo è qualcosa a cui ancora non sono del tutto abituato. Serve tempo per comprendere, tempo che spesso manca, immerso nelle infinite necessità delle persone che ho scelto di aiutare.

La missione dei volontari della casa famiglia

Il periodo natalizio è stato un periodo denso, pieno di attività e di cose da fare. La prima “missione” dei volontari della casa-famiglia è quello di portare un po’ di gioia, tranquillità, serenità nelle giornate dei bambini. Spesso mi chiedono come sentono i bambini la situazione della regione; la mia risposta è semplice: non si rendono conto di cosa sia Palestina o Israele, non si rendono conto di cosa significhi essere oppressi e oppressori, non sanno cosa siano odio e discriminazione. E questa loro semplicità e innocenza è proprio quello che mi spinge ogni giorno ad andare avanti. 


Vedere il mondo attraverso i loro occhi mi aiuta a mantenere le distanze da quelle che sono le logiche di potere, le logiche della lotta a chi è più forte, a chi ha più armi e a chi comanda. 
Con i bambini, invece, le prospettive cambiano: l’unica legge è quella della condivisione, della compassione, del farsi piccoli, del mettersi al loro fianco e accompagnarli ogni giorno.

Purtroppo, però, basta uscire dalla porta di casa per essere sopraffatti dalla durezza della realtà che ci circonda, per sentirsi stringere il cuore alla vista di tanta disperazione, povertà, mancanza di diritti, di lavoro, di dignità per tutti. Girando per le strade quello che colpisce è la mancanza di prospettive per un futuro giusto, un futuro fatto di pace e diritti per tutti.

Ogni luce era spenta a Betlemme, durante il Natale (come lo scorso anno)

E anche durante il Natale, proprio a Betlemme, anche quest’anno (come l’anno scorso) ogni luce era spenta. Erano spente quelle dentro ognuno di noi; erano spente quelle delle Chiese o delle piazze o dei mercatini. Tutto spento, tutto buio. Un’oscurità che si cela anche nei cuori delle persone; persone spente che non vedono luce nel presente né tanto meno nel futuro. E questa mancanza di luce significa camminare nel buio, senza una destinazione. Nel buio si ha paura di ogni passo da compiere, si ha paura perché non vediamo chi ci sta accanto, significa rimanere immobili, perché non sappiamo dove andiamo.

L’omelia di Pizzaballa

Una piccola luce in questa nebbiosa realtà ce la dona l’omelia del patriarca Pizzaballa in occasione della Messa della notte di Natale: «[…] Questa nostra Terra Santa in quel tempo era soggetta a giochi di interessi internazionali non meno di oggi. Un popolo di poveri viveva facendosi registrare, contribuendo con la propria fatica e il proprio lavoro al benessere di altri. Eppure, senza lamentarsi, senza rifiutarsi, senza ribellarsi, Giuseppe e Maria vanno a Betlemme, disposti al Natale proprio lì. Rassegnazione la loro? Cinismo? Impotenza? Inettitudine? No! Era fede! E la fede, quando è profonda e vera, è sempre uno sguardo nuovo e illuminato sulla storia, perché “chi crede, vede!”. E cosa hanno visto Giuseppe e Maria? Hanno visto, per la parola dell’Angelo, Dio nella storia, il Verbo farsi carne, l’Eterno nel tempo, il Figlio di Dio fatto uomo! Ed è quello che vediamo anche noi qui, stanotte, illuminati dalla Parola evangelica. Noi vediamo in questo Bambino il gesto inedito e inaudito di un Dio che non fugge la storia, non la guarda indifferente da lontano, non la rifiuta sdegnato perché troppo dolorosa e cattiva ma la ama, la assume, vi entra con il passo delicato e forte di un Bambino appena nato, di una Vita eterna che riesce a farsi spazio, nella durezza del tempo, attraverso cuori e volontà disponibili ad accoglierla […]».

Anche da queste parole possiamo trarre speranza, un modo nuovo di vedere la storia, non solo quella attuale. 
Le ingiustizie nascono quando smettiamo di indignarci per esse, quando smettiamo di lavorare e costruire qualcosa di giusto per tutti ma ci chiudiamo nel nostro egoismo e nei nostri interessi. Quando cessa la condivisione, quando usciamo dai binari del Vangelo e dal suo messaggio d’amore universale, allora smettiamo di essere luce del mondo, sale della Terra.

Ricostruire la fiducia

Dobbiamo lavorare incessantemente, ogni giorno, per ricostruire questa fiducia, per riaccendere luci di speranza, luci di giustizia e pace per ogni essere umano. Lavorare incessantemente stando l’uno accanto all’altro, bambini, giovani, adulti, anziani. Ognuno con le proprie peculiarità, le proprie passioni, i propri talenti. Sta tutto scritto li: in quei Vangeli che sono la nuova alleanza. Quell’alleanza che rompe e distrugge le leggi del mondo, quell’alleanza che da sola non basta. Serve la volontà di ognuno di noi: non rimanendo indifferenti, dando voce a coloro che non possono parlare, indignandoci degli orrori di questo mondo, condividendo il dolore nel profondo, tanto da farlo davvero nostro e sentire nostro il dovere di sanarlo.

Ancora una volta la vita in Palestina mi insegna che mettersi in gioco significa questo, significa che la condivisione autentica passa anche dal cercare assieme quella luce che è spenta da troppo tempo, cercare quella giustizia che manca da troppo tempo. Solo così potrà esserci pace, solo così si uniranno i cuori e le menti delle persone con l’unico intento di costruire un mondo a misura di tutti e tutte.

A Betlemme è sempre Natale

Cari amici e amiche dell’Ac, il “mio” messaggio di Natale in ritardo, da Betlemme, è proprio questo: portare un po’ di Betlemme e di Palestina (e di ogni altro luogo segnato da guerre e orrori) nelle nostre vite, donando la luce che, come credenti, abbiamo ricevuto e condividendo l’amore che ci è stato donato in modo gratuito e gratuitamente restituiamo a chi ci sta accanto. Solo così potremo costruire giustizia, e senza giustizia non può esserci pace. 

Con tutto il mio affetto e la speranza che possiate sentire quella luce interiore brillare forte, un abbraccio sincero.

Recapiti
Elia Giovanni