Dazi USA: guerra commerciale globale, tra mosse, contromosse e scenari futuri - wipconsulting.it

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Un mese di mosse e contromosse. Sebbene provvisoriamente “sospesi” fino al 4 marzo i dazi sulle merci canadesi e messicane esportate negli Stati Uniti, il Premier canadese Trudeau e la Presidente messicana Scheinbaum, hanno reagito con un linguaggio di misurata compostezza ai provvedimenti sull’introduzione di dazi del 25% varati dal Presidente Trump il 1° febbraio. Entrambi i leader dei due Paesi hanno garantito maggior controllo alle frontiere sul contrabbando di fentanyl e degli ingredienti necessari alla sua produzione. E, soprattutto il Messico, sul rafforzamento dei controlli atti a combattere l’emigrazione clandestina verso gli Usa.
Nell’immediato un’iniziale reazione più marcata c’è stata da parte delle Autorità Provinciali canadesi, in particolare dell’Ontario che aveva bandito gli alcoolici di provenienza USA dai punti di vendita gestiti dai Monopoli Provinciali e cancellato un accordo del valore di 100 milioni di dollari, siglato a novembre con la Starlink di Elon Musk, per la fornitura di servizi a banda larga per la copertura delle aree rurali. Entrambi i provvedimenti sono stati ritirati all’annuncio della “tregua” sull’imposizione dei dazi.

Il mese concesso da Trump servirà a verificare l’implementazione di quanto promesso dai leader di Canada e Messico e anche a valutare l’effetto “boomerang” su alcuni settori produttivi statunitensi, in particolare quello automobilistico. Sono, infatti, decine gli impianti produttivi di case automobilistiche USA in Canada e Messico.

Canada e Messico saranno tra i paesi piu’ colpiti dai dazi del 25% su acciaio e alluminio in vigore dal 12 marzo, che si andrebbero a sommare al 25% comunque introdotto sulle loro merci, per ora in “stand-by” fino al 4 marzo, come confermato da un comunicato della Casa Bianca.

I due “vicini” degli USA si salveranno dai dazi “reciproci” imposti a tutti i Paesi per rendere equa, secondo Trump, la relazione commerciale. Infatti, Canada e Messico sono legati da un trattato di libero scambio, US.M.CA dalle iniziali dei tre Paesi aderenti, revisionato proprio sotto iniziativa di Trump nel 2020, ma entrato in vigore nel 1994 con la denominazione di NAFTA (North America Free Trade Act). L’annullamento del trattato, di fatto unilaterale, se pur danneggerà significativamente le economie dei confinanti Canada e Messico (prevista una diminuzione fra il 2 ed il 3% del Pil) non sarebbe senza conseguenze per la stessa economia statunitense.

Secondo uno studio di Banca Intesa San Paolo la reciprocità dei dazi , che dovrebbe entrare in vigore tra aprile e maggio prossimo nei confronti di tutti i Paesi che applicano alle merci statunitensi tariffe superiori rispetto a quanto applicato dagli USA nei loro confronti, farebbe lievitare, mediamente, al 6,7% le tariffe verso alcuni importanti partner commerciali: India, Vietnam, Thailandia sarebbero i paesi più colpiti, mentre i paesi dell’Unione Europea non subirebbero un impatto significativo ad eccezione della Germania, considerate le sue esportazioni di autoveicoli.

Nel caso in cui gli USA applicassero un’interpretazione “estensiva” considerando come dazi anche altre imposte, quali l’IVA e altre aliquote, l’impatto per i Paesi dell’Unione Europea sarebbe importante: il dazio medio applicato si aggirerebbe  intorno al 25%, analogamente a quello applicato alle merci di India e Brasile. Di poco inferiore quello che graverebbe sul Regno Unito (24%).

Alla raffica di provvedimenti protezionisti emanati da Trump, l’India ha reagito impegnandosi a rivedere le proprie tariffe doganali su una serie di prodotti e a incrementare gli acquisti di petrolio e GNL dagli Stati Uniti; mentre il Brasile, oltre a minacciare un ricorso all’Organizzazione Mondiale del Commercio, ha proposto di sostituire un sistema di quote quale alternativa ai dazi su acciaio e alluminio, che esporta massicciamente verso gli USA.

Sono entrati in vigore, già il 6 febbraio scorso, i dazi aggiuntivi del 10% sulle merci cinesi, verso le quali gravano attualmente tariffe mediamente comprese tra il 10 ed il 25%. A questa misura la Cina ha reagito applicando dazi del 10% su petrolio e macchine agricole e del 15% su carbone e gas naturale liquefatto (GNL) provenienti dagli USA, oltre alla minaccia di un ricorso all’Organizzazione Mondiale del Commercio.

La reazione della Cina, primo fornitore e terzo cliente degli USA, è stata, nei toni, moderata, in attesa di un chiarimento tra i due Presidenti, che la stessa Casa Bianca ha annunciato imminente.

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