Si terranno in primavera, in una data tra il 15 aprile e il 15 giugno, i 5 referendum su lavoro e cittadinanza per cui la Cgil ha raccolto le firme nel 2024.
Obiettivo primario è raggiungere il quorum, portando a votare oltre 25 milioni di persone, in un paese in cui l’astensionismo è ormai a livelli preoccupanti: alle politiche 2022 non avevano votato 16,5 milioni di italiani (circa il 37%), alle europee di giugno 2024 addirittura più del 50% degli aventi diritti non si è recato alle urne.
Ciascuno di noi, con il voto, ha la possibilità di cambiare in meglio il Paese.
“Pur essendo un diritto individuale, il voto ha una forte dimensione collettiva: se esercitato, può determinare un vero cambiamento. Un voto può essere una rivolta, perché è in grado di generare trasformazioni concrete e immediate”
Maurizio Landini
Il referendum è uno strumento democratico, previsto dalla Costituzione della Repubblica Italiana, che cambia concretamente la realtà in cui viviamo. In questo caso, la vittoria dei sì consentirebbe di:
- cancellare le leggi che hanno reso le lavoratrici e i lavoratori più poveri e precari
- garantire maggior sicurezza sul lavoro
- riconosce il diritto alla cittadinanza a 2 milioni e 500mila persone che vivono e lavorano in Italia.
I 5 quesiti
Stop ai licenziamenti illegittimi
Nelle imprese con più di 15 dipendenti, i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo. Sono oltre 3 milioni e 500mila ad oggi e aumenteranno nei prossimi anni i lavoratori penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto. Abroghiamo questa norma, diamo uno stop ai licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo.
Più tutele per i lavoratori delle piccole imprese
Nelle imprese con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto. Questa è una condizione che tiene i dipendenti delle piccole imprese (circa 3 milioni e 700mila) in uno stato di forte soggezione rispetto al titolare. Abroghiamo questo limite, aumentiamo l’indennizzo sulla base della capacità economica dell’azienda, dei carichi familiari e dell’età del lavoratore.
Riduzione del lavoro precario
In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. Rendiamo il lavoro più stabile. Ripristiniamo l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato.
Più sicurezza sul lavoro
Arrivano fino a 500mila, in Italia, le denunce annuali di infortunio sul lavoro. Quasi 1000 i morti. Modifichiamo le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Cambiamo le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche. Abrogare le norme in essere ed estendere la responsabilità dell’imprenditore committente significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro.
Più integrazione con la cittadinanza italiana
Riduciamo da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter fare domanda di cittadinanza italiana, che una volta ottenuta sarebbe trasmessa ai figli e alle figlie minorenni. Questa modifica costituisce una conquista decisiva per circa 2 milioni e 500mila cittadini di origine straniera che nel nostro Paese nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano. Allineiamo l’Italia ai maggiori Paesi Europei, che hanno già compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese.