Il cibo buono, pulito, giusto e sano è un diritto di tutti e fino a quando anche solo una persona sul pianeta non ne avrà accesso, non smetteremo di batterci per garantirlo
Dichiarazione di Chengdu, 2017
Eppure, dopo gli incresciosi fatti delle scorse settimane, la maggioranza in Consiglio Comunale a Montevarchi ha respinto l’abolizione della norma del regolamento mensa che prevede somministrazione di pane e olio alle bambine e ai bambini le cui famiglie risultano in arretrato col pagamento delle quote.
Così si sancisce che la mensa scolastica non sia tempo scuola, luogo di educazione, ma luogo dove le differenze si evidenziano e si adotta una deviata concezione di merito e demerito per cui chi possiede meno mezzi ha una colpa, deve essere stigmatizzato ed è nemico.
Una posizione contraria alla convenzione Onu sui diritti dell’infanzia, una decisione che, oltre a creare disparità tra i bambini, delega alle scuole e agli insegnanti la gestione di problemi che dovrebbero essere affrontati tramite fondi di solidarietà, coinvolgimento dei servizi sociali e un lavoro attento di recupero crediti.
È sconfortante che proprio in mensa, proprio durante il pasto, si verifichino situazioni che ne smentiscono l’inclusività connaturata: il convivio trasversale per eccellenza, quello che coinvolge bambine e bambini, i giovani, ma anche gli anziani nelle Rsa, i pazienti ricoverati negli ospedali, i detenuti.
Una mensa buona, pulita e giusta è possibile
La nostra idea di mensa mette al centro l’esperienza del nutrirsi, e la crescita, nel senso più ampio del termine, dei fruitori quotidiani. Un modello che valorizza dunque le professionalità che cucinano, coinvolge i produttori nella proposta di materie prime coltivate nel rispetto dell’ambiente, forma gli operatori e gli insegnanti come ambasciatori di un percorso di consapevolezza e cultura, incontra e dialoga con le famiglie, con il sostegno di Pubbliche Amministrazioni lungimiranti e con la collaborazione assidua e fattiva della rete Slow food sui territori, che spesso assume il ruolo di “raccordo” e “fluidificatore” di rapporti.
8€/kg di fagioli zolfini, Presidio Slow Food, può trasformarsi in una porzione di pregiate proteine vegetali dal costo di 0,40 € a bambina o bambino. Questo è l’esempio virtuoso della bellissima esperienza di Qualità & Servizi: una mensa che concretizza la nostra idea di ristorazione collettiva e smentisce le obiezioni legate all’inconciliabilità di qualità e sostenibilità economica quando si tratta di mense e di grandi numeri.
Un’esperienza che non ha bisogno del nostro sostegno:
è ormai un modello concreto che evidenzia in maniera inequivocabile che il problema alimentare ha sì declinazioni economiche, ma anche sociali, agronomiche, ecologiche, culturali, antropologiche.
Un’esperienza che sottolinea, per antitesi, la distorsione alla base del modello che ancora si torna a proporre, incuranti delle conclamate esternalità negative, cioè il paradosso del cibo come “commodity”, che viene prodotto per essere venduto, invece che mangiato. Anche nelle mense.
Per allargare un po’ lo sguardo, in Italia abbiamo circa 40.000 aziende agricole impegnate nel custodire semi e tutelare la biodiversità allevando piante a rischio di estinzione, e la più vasta rete di aziende agricole e mercati di vendita diretta, con circa 10.000 punti vendita dove acquistare prodotti alimentari locali.
Esperienze che esprimono quell’agricoltura “di prossimità” con ricadute positive dirette per tutti sui territori di produzione: proficue alleanze da intendersi come “sistemi locali del cibo”, nei quali tutti gli attori co-partecipano e contribuiscono al raggiungimento di un obiettivo comune. Segnaliamo anche che una filiera locale garantisce una semplice tracciabilità ed è il primo strumento di sicurezza alimentare al servizio degli operatori e degli utenti.
In definitiva sappiamo che una ristorazione collettiva che funziona rappresenta in effetti un intero eco-sistema: un intero sistema ecologico- produttivo- sociale- economico- culturale che è partecipe della cura del territorio e delle comunità.
Quel “tutti” dell’inizio ci ricorda che nelle mense si può e si deve garantire un pasto “sicuro” anche alle fasce più deboli, un pasto che sia un diritto e non un servizio, un pasto buono pulito e giusto per tutti perché frutto di una visione politica che si preoccupa del futuro, curando il presente.
Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia
> Leggi qui il case study di Qualità & Servizi, realizzato da Slow Food e Food Insider