Davide D’Atri e la rivoluzione di Soundreef - SCAI COMUNICAZIONE

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A colazione con Davide D’Atri, il founder che ha dato alla musica italiana la possibilità di scegliere

È ancora presto quando Davide D’Atri varca la soglia di Talent Garden, il nostro partner e  coworking romano dove lo aspettiamo per una colazione-talk. Ha l’aria di chi preferirebbe un backstage ad un palcoscenico, eppure basta il primo sorso di caffè perché la sala taccia: siamo lì per ascoltare la voce che dieci anni fa ha rotto un monopolio secolare, e oggi racconta di un’azienda «silenziosa» che continua a fare rumore.

«Non abbiamo un social media manager, nemmeno un addetto stampa. Soundreef funziona perché alzi la cornetta e hai in agenda il numero giusto, non perché fai hype su Instagram.» ​

Il paradosso di un business senza vetrine

Davide parte da un dettaglio che vale più di mille slide: nessuno in azienda fa marketing. In un’epoca di vanity metrics su LinkedIn, lui riporta la discussione al nocciolo: l’80 % dei ricavi dell’industria musicale italiana è in mano a «due, tremila autori ed editori», gente con cui non chat­ti nei DM ma a cui fornisci certezze: più guadagni, pagamenti rapidi, dati chiari.

«Da noi guadagnano di più, incassano prima, e sanno esattamente da dove arriva ogni euro» ​

La formula è spietata nella sua semplicità. Soundreef arriva con un foglio Excel, mostra al compositore quanto avrebbe incassato l’anno precedente e lascia che sia l’aritmetica a parlare. Funziona: dal 2016 a oggi a Roma sono tornati artisti che contavano solo su Milano, da Fedez ai Pooh, fino al repertorio di Roger Waters.

“Se pensi di mollare hai già perso”

Il tono si fa più cupo quando riaffiora il 2017, l’anno della “legge ad personam” che li mise fuori mercato per sette mesi. Davide lo ricorda come si ricorda un’influenza: sgradevole ma superata.

«Se cominci a pensare di mollare hai già perso. Io non l’ho pensato neanche per un minuto.» ​

Il trucco, dice, è non ingannare mai gli investitori: presentare i rischi prima dei numeri, tenere pronti più piani di fuga che tazze di caffè. Così, quando il Covid brucia il 45 % del fatturato in tre giorni, il board non scappa. Rilancia. «Alla fine abbiamo raccolto 25 milioni», sorride, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Reduci (stanchi) di una guerra vinta

La guerra con SIAE ha lasciato cicatrici. «Oggi sembriamo reduci del Vietnam», ammette, guardando i suoi dirigenti. Cinque gradi di giudizio, un dossier fatto anche di strani spionaggi, “hate” coordinati sui social: era impossibile, allora, pensare a mindfulness o work-life balance.

Eppure l’equilibrio mentale è la prossima infrastruttura da costruire. Benessere come KPI: se non vivi bene, se non impari a gestire i momenti di picco, non crei, non puoi fare azienda. È la lezione che il fondatore porta a casa adesso che può finalmente concentrarsi sul prodotto, più che sulle sentenze.

L’AI e il confine del lecito

La conversazione vira sull’intelligenza artificiale. Davide è pragmatico: la AI è già dovere professionale, per tradurre, analizzare, redigere. Ma guai a usarla per clonare spartiti senza licenze:

«Addestrare un modello su brani protetti, senza pagare chi li ha scritti, è un crimine contro l’arte.»

Nella visione Soundreef, l’AI è assistente super-intelligente, non ghost-writer. Una mano in più, mai un sostituto.

Dall’oceano blu allo squalo

Un partecipante chiede se, aperto il mercato, non arrivino adesso altri “squali”. Scrolla le spalle: «Ci compreremo, magari». Le barriere d’ingresso, licenze Agicom, tecnologia proprietaria, decine di milioni di capitale, restano alte. E c’è un’altra verità che raramente si dice: gli investitori diffidano delle imprese troppo uniche. Senza competitor non puoi fare shopping né farti acquistare.

Il potere di scegliere

Il momento più intenso arriva quasi in chiusura, quando Davide ricorda il senso di ingiustizia provato a vent’anni, obbligato a “bollinare” un disco senza essere iscritto a SIAE. Tutto ruota ancora lì:

«Nessuno può contestarci di aver ridato potere agli autori. Oggi possono scegliere: restare in SIAE, passare a noi o cambiare ancora. Quel potere prima non esisteva.» ​

È la frase che, più di ogni ROI, certifica la rivoluzione compiuta. L’eco resta mentre i partecipanti si accalcano per una stretta di mano, e la moka in fondo alla sala borbotta l’ultimo caffè.

Cosa ci portiamo a casa

  • Parla con i dati, non con i loghi. Gli artisti firmano quando vedono i numeri sul loro conto.
  • Racconta prima i rischi. Gli investitori preparati sono investitori fedeli.
  • Proteggi la tua lucidità. Senza energia mentale non scaldi né il team né il mercato.
  • Tecnologia + legalità. La disruption regge solo se cammina su fondamenta regolatorie.
  • Il cambiamento è compiuto quando l’alternativa diventa normale. Oggi la vera notizia non è più Soundreef, ma la libertà di scelta che esiste, e resisterà.

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