Il referendum abrogativo rappresenta il più incisivo strumento di democrazia diretta nell’ordinamento costituzionale italiano. L’art. 75 della Costituzione prevede la possibilità che il corpo elettorale possa esprimersi in merito all’abrogazione, in tutto o in parte, di una legge o di un atto avente forza di una legge (decreto legge e decreto legislativo). Attraverso questo strumento, il popolo interviene direttamente sul tessuto normativo, esercitando un controllo sulla legislazione. L’istituto referendario riflette una concezione della sovranità popolare e della democrazia che non si limita al circuito della legittimazione elettorale dei rappresentanti, ma incoraggia forme di partecipazione attiva dei cittadini e delle formazioni sociali.
Storia dell’istituto referendario
Attraverso il referendum democrazia diretta e rappresentanza politica entrano in dialettica. Storicamente, infatti, l’istituto referendario – attuato solo nel 1970, con la legge n. 352 – è stato spesso utilizzato in modo oppositivo rispetto all’indirizzo politico delle maggioranze: così il referendum ha inciso sulla politica nazionale ed è divenuto «un altro modo» di articolarsi «del processo politico democratico» (come ha scritto Andrea Morrone nel suo volume La Repubblica dei referendum). La storia dei referendum ci racconta di una mobilitazione attiva e significativa dei cittadini: dal 1970 a oggi stati presentati più di 600 referendum abrogativi e 23 referendum costituzionali. I referendum votati dagli italiani sono stati 73, a cui si vanno ad aggiungere quelli del prossimo giugno.
Il referendum abrogativo
L’attivazione del procedimento referendario abrogativo può avvenire su iniziativa di 500.000 elettori italiani o di cinque Consigli Regionali. Nel primo caso è necessario che si attivi un Comitato di promotori, composto da dieci cittadini iscritti nelle liste elettorali. Dal 2022 è stata introdotta la possibilità di raccogliere le firme anche online, attraverso una piattaforma pubblica dedicata, che mira a semplificare e ampliare la partecipazione democratica (https://firmereferendum.giustizia.it/referendum/open).
E la Corte Costituzionale
Una volta raggiunta la soglia richiesta di firme o ricevuta la richiesta da parte dei Consigli Regionali, la domanda di referendum viene sottoposta all’esame dell’Ufficio Centrale per il Referendum, istituito presso la Corte di Cassazione. Questo ufficio svolge un controllo preliminare sulla regolarità formale della richiesta, verificando la conformità alla legge e la validità delle sottoscrizioni.
Successivamente al controllo della Cassazione, la Corte Costituzionale svolge un ruolo cruciale attraverso un giudizio di ammissibilità. In questa fase, la Corte verifica che il quesito sia conforme ai limiti stabiliti dalla Costituzione, in particolare dall’articolo 75, comma 2, che esclude la possibilità di sottoporre a referendum leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e indulto, nonché quelle di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali. Nel corso del tempo, la Corte Costituzionale ha esteso questi limiti attraverso la sua giurisprudenza, affermando, anzitutto, che il quesito referendario debba essere omogeneo, chiaro e univoco; ha dichiarato inammissibili anche quesiti riguardanti leggi costituzionalmente necessarie o a contenuto costituzionalmente vincolato.
Il voto dell’8 e 9 giugno e i cinque referendum abrogativi
Nel giugno del 2025, i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per esprimersi su cinque referendum abrogativi su due materie: lavoro e cittadinanza. Nello specifico, i cinque quesiti sottoposti al voto riguardano: 1. l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti illegittimi nel contratto a tutele crescenti (Jobs Act); 2. l’eliminazione del limite all’indennizzo per licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese; 3. l’abrogazione parziale delle norme sui contratti a termine; 4. l’abrogazione della norma che esclude la responsabilità solidale negli appalti per infortuni sul lavoro; 5. il dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza per la richiesta di cittadinanza italiana da parte dei cittadini stranieri non comunitari. Le richieste di referendum sono state avanzate da due Comitati promotori che hanno raccolto le firme necessarie. Si segnala che i quesiti riguardanti il lavoro hanno raggiunto oltre 4 milioni di sottoscrizioni.
Il quorum
Il referendum abrogativo rappresenta per i cittadini una preziosa opportunità di partecipare in modo attivo e diretto al processo democratico. Tuttavia, affinché l’esito di questa consultazione popolare sia considerato valido e produca gli effetti desiderati, è indispensabile che venga raggiunto un quorum strutturale, ovvero la partecipazione al voto della maggioranza degli aventi diritto (50% più uno degli aventi diritto). Nel caso in cui tale quorum venga superato e la maggioranza dei voti validamente espressi si pronunciasse a favore del “Sì”, il Presidente della Repubblica proclama l’esito della votazione, dichiarando l’abrogazione della legge (o di parte di essa). La partecipazione al voto referendario si configura quindi come un atto di cittadinanza, un canale della partecipazione effettiva ex art. 3 della Costituzione, attraverso cui ciascuno ha la possibilità di incidere concretamente sulle leggi che regolano la vita comune.
*Dopo il primo articolo dedicato al Voto fuorisede, esercizio di democrazia, pubblicato lo scorso 2 maggio, continua il viaggio attraverso l’istituto referendario con questo articolo. In particolare, segnaliamo il podcast Prospettiva democrazia, prodotto dalla Presidenza nazionale di Azione cattolica italiana – con il contributo dell’Istituto Vittorio Bachelet e la cura editoriale del Centro studi dell’Ac – su una conquista che diamo per scontata – la democrazia – ma che ha bisogno della cura di tutte e di tutti per non appassire.