Con la risposta n. 149 del 9 giugno 2025, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’unica causa che comporta la cessazione immediata del regime forfettario è il superamento del limite di 100.000 euro di ricavi o compensi percepiti. Le altre cause, come ad esempio il trasferimento della residenza all’estero, determinano l’uscita dal regime agevolato solo a partire dall’anno successivo a quello in cui si verificano.
Il regime forfettario, introdotto dalla legge n. 190/2014 e successivamente modificato, prevede una tassazione sostitutiva agevolata applicata su un reddito imponibile determinato forfettariamente attraverso specifici coefficienti di redditività. Tra i vantaggi, si annoverano anche semplificazioni fiscali rilevanti: dal punto di vista IVA, non sussiste l’obbligo di applicare la rivalsa in fattura, mentre, per le imposte dirette, i compensi percepiti non sono soggetti a ritenuta d’acconto.
Le disposizioni normative di riferimento, in particolare il comma 71, stabiliscono che il regime forfettario cessa di applicarsi dall’anno successivo a quello in cui vengono meno i requisiti o si manifestano le cause ostative elencate nei commi 54 e 57. La circolare n. 9 del 10 aprile 2019 conferma che, diversamente dal vecchio regime dei minimi (D.L. n. 98/2011), il forfettario non prevede la decadenza nel corso dell’anno, tranne nei casi specifici.
Fa eccezione, però, il superamento del limite di 100.000 euro, che comporta la cessazione immediata del regime: dal momento stesso del superamento, si applicano le regole del regime ordinario, inclusa l’IVA, da calcolare sulle operazioni che eccedono tale soglia. Inoltre, nella dichiarazione IVA relativa a quell’anno, si può procedere alla rettifica dell’IVA non detratta durante il periodo di applicazione del forfetario.
Infine, la circolare n. 32 del 5 dicembre 2023 chiarisce che se i ricavi superano 85.000 ma non 100.000 euro, si può restare nel regime per quell’anno, ma si dovrà abbandonarlo a partire dall’anno seguente.
Redazione redigo.info