Donald Trump ha inaugurato il suo secondo mandato alla Casa Bianca con politiche isolazioniste e radicali. Riscrivendo, nel segno del sovranismo e del populismo più intransigente, l’agenda degli Stati Uniti; mettendo in crisi il fragile equilibrio geopolitico già minato da terribili crisi, tremendi conflitti e crescenti diseguaglianze. Innalzamento dei dazi e persecuzione degli immigrati, cancellazione dei finanziamenti a favore dei Paesi più poveri e ritiro dagli accordi internazionali sul clima. Il business alla stregua di leva negoziale, il negazionismo al pari di una lente con cui raccontare la realtà. Chi abitava il mondo di ieri, oggi sperimenta sgomento il mondo di oggi.
Il ritiro dall’accordo di Parigi
Subito dopo l’insediamento, a favore di tv e social, il Presidente degli Stai Uniti d’America ha emanato una gragnuola di ordini esecutivi, tra cui il Putting America first in international environmental agreements, che ha sancito il ritiro immediato dall’Accordo di Parigi, siglato alla Cop21, il 12 dicembre 2015. Quest’ultimo trattato si prefigge di limitare il riscaldamento climatico, ridurre le emissioni dei gas serra, finanziare i Paesi in via di sviluppo agevolando così la transizione ecologica. L’obiettivo a lungo termine è quello di mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto di 2° centigradi in più rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5°. Traguardando la neutralità climatica allo scoccare del 2050.
Prima l’America, poi il resto. Il sovranismo climatico che piace a Trump
A Trump sembra non interessare le questioni ambientali: prima l’America, poi il resto. Rovescia scetticismo sulle verità oggettive della scienza, proclamando che gli allarmi intorno alla rivoluzione climatica in corso siano frutto di esagerazioni e di manipolazioni orchestrate da élite corrotte. Disconosce la legittimità degli istituti sovranazionali. Considera le regolamentazioni ambientali e le misure restrittive un ostacolo alla competitività delle industrie americane, soprattutto nei settori energetici tradizionali quali quelli del carbone e del petrolio. Similmente, reputa la riduzione delle emissioni di Co2 e l’utilizzo di energie rinnovabili costose per l’occupazione e dannose per il potere d’acquisto dei cittadini.
Infine, celebra l’indipendenza energetica e condanna la dipendenza da fonti estere di energia rinnovabile. Durante la sua prima amministrazione, si già era distinto per aver incentivato l’impiego di carbone, petrolio e gas naturale; promosso le trivellazioni; allentato le restrizioni di gas serra per le automobili; tagliato i fondi alle agenzie governative che si occupano di cambiamento climatico.
Un modello alternativo
Ciononostante, nel dibattito pubblico si leva un coro ostinatamente contrario; voci e volti, storie e studi, famiglie e imprese, che credono in un modello alternativo al paradigma propagandato dall’inquilino dello Studio Ovale. Sono i fautori di uno sviluppo calibrato ed equilibrato del pianeta, sorretto da un modello di crescita sostenibile, in grado di coniugare benessere economico, equità sociale e tutela ambientale.
Sposano l’ideale per cui si debbano soddisfare i bisogni del presente senza minacciare quelli delle future generazioni. Incoraggiano il riciclo e la riduzione degli sprechi, l’economia circolare e i sistemi di stoccaggio del carbonio, il trasporto pubblico ecologico e le città (anche) a misura di ciclisti e pedoni. Invocano l’avvicendamento delle fonti fossili con le energie rinnovabili (eolico, idroelettrico, solare). In maniera pragmatica e smussando ottusità ideologiche, abbracciano la Green economy che, tramite investimenti in tecnologie pulite, mira all’efficienza energetica e alla riduzione delle emissioni. Credono nel consumo responsabile.
Votano con il portafoglio, per dirla con il professor Leonardo Becchetti. Per quanto arduo possa talvolta sembrare, sono una ragione in più che muove alla speranza per la salute di nostra madre Terra.
*L’articolo “Il sovranismo climatico che piace a Trump” è stato pubblicato nel n.2 di Segno nel mondo distribuito con Avvenire