Con Mirko Zilahy ne La stanza delle ombre, tra quadri e falsari | Libri Mondadori

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Con La Stanza delle Ombre Mirko Zilahy ridefinisce i confini del thriller italiano

Nel cuore oscuro di Roma, dove ogni pietra racconta una storia, prende vita La Stanza delle Ombre, il nuovo, adrenalinico ed originalissimo thriller di Mirko Zilahy, ambientato nel mondo dell'arte e dei falsari.

Un romanzo che scava sotto la superficie della città eterna e della natura umana, tra delitti messi in scena come quadri celebri e la fascinazione inquietante per il falso.

A guidarci nel labirinto narrativo creato da Zilahy è Nemo Sperati, un professore d’arte capace di “vedere l’invisibile”. Il suo talento inquietante per smascherare il falso — nelle opere come nelle persone — lo rende il perfetto interprete di un'indagine che non è solo poliziesca, ma profondamente interiore. Perché Nemo non segue le tracce: le disegna, cadendo in una specie di tranche che lo proietta nella sua personalissima stanza delle ombre. È lì che il giovane professore “vede” ciò che gli altri non colgono: la firma invisibile dell’assassino, il dettaglio falsificato, la verità dietro la finzione.

Ma lasciamoci che a condurci ne La stanza delle ombre siano le parole di Mirko Zilahy.

Roma, l'arte, e le tenebre: Mirko Zilahy svela il cuore nero de La Stanza delle Ombre


Nell’oscuro silenzio millenario, sotto strati d’argilla e di cemento, Roma respira con i suoi polmoni di tufo, le ossa umide e doloranti. Laggiù, nell’antica memoria delle rocce, sopravvivono budelli di strade sotterranee, chilometri di mosaici e gallerie, templi e ninfei. Molti metri più su, simile a un enorme aspide d’acciaio, serpeggia il traffico fatto d’ossido, clacson e imprecazioni. Solca le strade della capitale, aggira mausolei, rovine e palazzi annusando la morte che qui ha fatto la Storia. Perché a Roma non v’è pietra, fontana ed obelisco che non abbia ricevuto il battesimo della violenza. E forse è proprio in questo connubio che dimora l’anima della città Eterna, il suo tenebroso mistero fatto di sangue e bellezza. Una bellezza che cattura, ammalia, vampirizza. 

Su questo sfavillante teatro a cielo aperto ogni monumento proietta la sua ombraoscura e sussurra le sue storie di amore e morte. Ma Roma è anche la città dell’acqua e quando sulle sponde del Tevere viene rinvenuta una donna vestita e messa in posa come l’Ophelia del celebre dipinto di Millais, il vecchio commissario Zuliani chiama Nemo Sperati, docente presso l’Accademia delle Belle Arti.

Tenebroso e solitario, Nemo ha studiato tutta la vita i falsi e come smascherarli. E se, per Theodor Adorno “ogni creazione artistica è un crimine non commesso”, l’adagio di Nemo sembra ripreso da "L’assassinio come una delle belle arti" di Thomas De Quincey: “Ogni omicidio è una creazione artistica”. D’altronde è del padre della criminologia moderna, quel John Douglas che abbiamo imparato a conoscere con la serie tv "Mindhunter", l’affermazione che “i serial killer pianificano il loro lavoro con la stessa accuratezza di un pittore”.

Ed ora che si ritrova sulla scena del crimine, Nemo, semplicemente, disegna in chiaroscuro. Mentre tutt’attorno droni e laser della Scientifica mappano la zona, lui chiude gli occhi e si lascia inghiottire nella Stanza delle Ombre, il luogo mentale dove le immagini prendono vita e svelano il loro intrinseco mistero. È laggiù che Nemo individua un elemento invisibile alle tecnologie più performanti, la firma dell’artista - assassino, e quando riapre gli occhi lo ritrova ritratto sul foglio che stringe in pugno. Comprende immediatamente che il killer sta parlando con lui. E che ha appena iniziato ad uccidere.

Mirko Zilahy


Recapiti
Redazione Libri Mondadori