L’Istituto Nazionale di Bioarchitettura partecipa al lutto internazionale per la scomparsa di Léon Ernest Krier (Lussemburgo, 7 aprile 1946 – Palma di Maiorca, 17 giugno 2025), maestro dell’urbanistica contemporanea, critico radicale del Modernismo e figura fondativa del New Urbanism. Krier si è spento nella sua casa‑studio maiorchina all’età di settantanove anni, lasciando un’eredità intellettuale che permea oggi il dibattito sul futuro delle città. Nominato Socio Onorario dell’Istituto nel 1999 e successivamente membro del nostro Comitato Scientifico Internazionale, ha sostenuto la missione dell’INBAR con lectio magistralis, corsi monografici e la consulenza al dossier “La ricostruzione della città europea”, divenuto riferimento per le nostre linee guida progettuali.
Nel 1998, a Faenza, Krier tenne per Bioarchitettura una lectio magistralis sulla città storica, pubblicata sul n. 10/1998 della rivista. Quel dialogo pose le basi per la collaborazione organica tra l’architetto e l’INBAR.
Nella rivista n. 10 di Bioarchitettura è presente l’intervista fatta a Léon Krier a cura di Ugo Sasso. I contenuti della rivista allora erano al vaglio del comitato scientifico dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura che ne accoglievano la filosofia progettuale.
Leon Krier che sovraintende il Laboratorio di bioarchitettura relativo al Parco Tecnologico Ecologico di Faenza, sugli interventi di restauro nel parco archeologico di Paestum. Krier propone la ricostruzione parziale o integrale dei templi, delle case, di qualche strada e del foro, mantenendo la distinzione filologica tra il vecchio e il nuovo. Era preferibile al mantenimento dei ruderi con tecniche sperimentali di allora dai risultati imprevedibili.
Dopo gli studi alla Technische Hochschule di Stoccarda — abbandonati per intraprendere un apprendistato diretto nei cantieri della cultura europea — il giovane Krier approdò nel 1968 a Londra, dove collaborò con James Stirling ai concorsi per la sede Siemens di Monaco e per il centro civico di Derby. Le successive esperienze con Josef Paul Kleihues a Berlino, l’attività didattica alla Architectural Association e al Royal College of Art, e il costante confronto con la teoria della città storica, lo condussero a denunciare gli esiti alienanti della zonizzazione funzionale e dell’architettura seriale, da lui definita «ideologia totalitaria dell’abitare».
Nel 1985 l’allora Principe di Galles, oggi Re Carlo III, lo chiamò a redigere il piano regolatore di Poundbury: un modello di insediamento compatto, pedonale e strutturalmente misto, fondato su tipologie tradizionali, materiali locali e filiere costruttive a basso impatto. Quel progetto, proseguito per oltre un decennio, divenne il manifesto operativo della sua critica e lo consacrò nel panorama internazionale, insieme ai successivi interventi di Cayalá (Guatemala City), Città Nuova ad Alessandria, Valenza e al recupero dell’area Ex Fiat di Novoli a Firenze.
Premiato con il Chicago Award dell’American Institute of Architects (1987), il Driehaus Prize (2003) e l’Athena Medal del Congress for the New Urbanism (2006), Krier fuse nei celebri disegni a china la chiarezza dell’analisi morfologica con la visionarietà di una città a misura d’uomo. I suoi “manifesti grafici” dimostrano che la sostenibilità nasce dalla continuità storica dei luoghi, dall’impiego di materiali durevoli e dall’equilibrio tra spazi pubblici e privati: principi che l’INBAR riconosce come fondamento della bioarchitettura.
Mallory Baches, presidente del CNU, ha ricordato «il coraggio intellettuale di chi seppe riconsegnare alla bellezza e alla razionalità delle forme tradizionali il ruolo di necessità ecologica». Parole nelle quali si riflettono le battaglie di Krier contro l’obsolescenza programmata delle periferie e per la rigenerazione del tessuto esistente attraverso artigianato locale, densità calibrata e fruibilità di prossimità, anticipando temi oggi riassunti nel concetto di 15‑Minute City.
A trarne ispirazione è stata anche la comunità italiana: non solo gli urbanisti e i progettisti che lo hanno accolto in convegni e scuole, ma gli stessi cittadini che hanno ritrovato nelle sue proposte la memoria della città mediterranea, fatta di piazze, vicoli ombreggiati e fronti continui capaci di mitigare il clima e favorire l’incontro sociale.
Nel ricordarlo, il Consiglio Direttivo dell’INBAR sottolinea come Krier abbia saputo coniugare tradizione e innovazione «non per nostalgia, ma per responsabilità verso le generazioni future», indicando un cammino etico oltre che estetico. Il suo lascito — libri, conferenze, progetti e un vasto archivio di disegni — resterà guida imprescindibile per quanti operano nella tutela dell’ambiente costruito, nella ricerca di un equilibrio fra uomo, natura e storia.
Alla famiglia, ai collaboratori e alla rete internazionale del New Urbanism giungano le più sentite condoglianze dell’Istituto: la sua opera continuerà a vivere nei principi di una bioarchitettura inclusiva, resiliente e culturalmente radicata.
Istituto Nazionale di Bioarchitettura – Roma, 22 giugno 2025
A cura della Commissione Comunicazione ed Editoria INBAR
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