Tra i tanti spunti che la vita di fede di Pier Giorgio Frassati ci offre, c’è senza dubbio la possibilità di riflettere su come comunichiamo e viviamo oggi l’esperienza della fede. Un tempo, la mediazione ecclesiale aiutava le persone a credere. Ma, come osservava Carlo Carretto, quel “paravento della Chiesa” ha forse finito per nascondere una progressiva difficoltà a vivere un rapporto autentico e personale con Dio.
Oggi il calo nella pratica religiosa ci interroga profondamente. Se la chiamata alla santità dovrebbe essere un invito entusiasmante, dobbiamo riconoscere che spesso fatichiamo a trasmettere la bellezza della fede in modo accessibile e attraente. L’esperienza digitale ce lo insegna in modo paradigmatico: la tecnologia, per diffondersi, per diventare appannaggio della massa, ha avuto bisogno di elaborare interfacce semplici, attraenti e intuitive. Quando occorreva scrivere righe di codice, invece, solo pochi esperti potevano accedervi e giovare dei benefici.
Così anche la fede rischia oggi di apparire come un vecchio Commodore 64: noiosa, astratta, complicata e per pochi, mentre alle sue spalle c’è una tradizione viva e potente, che ha la profondità e il potenziale di una sofisticata intelligenza spirituale.
Una santità che parla di una relazione profonda con il Signore
Questa profondità, tuttavia, resterà inutilizzata se non troviamo un modo per renderla comprensibile, condivisibile, vivibile, gustabile. Serve un’interfaccia nuova e se alla parola “santità” la nostra intelligenza spirituale restituisse il volto di Pier Giorgio Frassati, saremmo già a buon punto. Nel suo volto riconosciamo i sogni e le inquietudini di noi giovani, perché la sua santità si intreccia con la vita quotidiana: studio, amicizie, carità, impegno sociale, lunghe camminate in montagna. In un tempo segnato dall’ansia da prestazione, in cui proprio noi giovani cerchiamo spazi di libertà autentica, Pier Giorgio è un esempio credibile perché in lui ci possiamo riconoscere: un giovane normale, che ha scelto di vivere la fede nella concretezza delle sue giornate.
La sua è una santità fatta di gratuità e autenticità, che nasce da un rapporto vero con il Signore. E sarà il santo dei giovani perché ha incontrato Dio da giovane, mostrando che è possibile tenere insieme serietà e leggerezza, profondità e gioia.
La santità è davvero una questione di serietà
Essere seri, diceva Susan Sontag, significa «esserci, sentire il peso delle cose». In questo senso, la santità è davvero una questione di serietà. Eppure, oggi siamo spesso tentati di offrire percorsi di fede “ambientali”, simili ai programmi radiofonici, delle sale d’attesa dei dentisti, o i programmi TV che fanno solo da sottofondo, ai nostri lavori domestici.
Così, per non spaventare o allontanare nessuno, rischiamo di proporre una fede che non chiede nulla, che non invita a osare, a impegnarsi davvero: tendiamo sempre più a proporre percorsi di fede “ambientali”, che possano essere seguiti anche nel multitasking distratto della vita e che non richiedono scelte coraggiose o impegnative. Ma Pier Giorgio ci insegna che la vera felicità nasce dalle scommesse grandi, dal gioco aperto della vita, dall’impegno che richiede sacrificio ma restituisce pienezza. Ci insegna a non vivere in difesa, a «vivacchiare», ma a scendere in campo, con il gusto del giocare la partita della vita a tutto campo, sapendo che il “bel gioco” nasce sempre da un cuore allenato al sacrificio.
Frassati: un volto di Chiesa che sa distinguere tra radicalità e radicalizzazione
Il problema, però, è che spesso confondiamo la serietà con la seriosità. E così smarriamo la capacità di proporre una fede radicale che non corri il rischio della radicalizzazione e che permetta di provare il gusto di un dialogo profondo e stratificato con Dio. Il rischio, così, diviene duplice: da un lato, proporre nei nostri cammini una santità presentata come un “santino”, irraggiungibile e distante; dall’altro, offrire una fede che non chiede nulla, che si accontenta del minimo indispensabile.
Frassati, invece, ci mostra una terza via: una santità autentica, umana, profondamente radicata in Dio e nella vita. Il suo volto ci restituisce un’immagine credibile e desiderabile di Chiesa, capace di tenere insieme esigenza e bellezza, profondità e leggerezza, tensione e grazia.
Abbiamo bisogno di un “software” nuovo per la Chiesa, capace di proporre una fede al tempo stesso radicale e radicata, aperta al dialogo ma fondata sull’incontro con Dio. Un incontro che è dolce, sì, ma che chiede un cammino impegnativo. E dobbiamo imparare a raccontare questa dolcezza senza nascondere la fatica necessaria per percorrere il cammino per raggiungerla.
Per questo venerdì 1 agosto, con la presenza del corpo di Frassati a Roma per il Giubileo, come giovani di AC ci troveremo alla chiesa di Santa Maria sopra Minerva dalle ore 17 per pregare con lui. Per lasciarci ricordare da Pier Giorgio che «vivere senza una fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere in una lotta continua la Verità non è vivere» e che la vera attrattività della fede non sta negli entusiasmi passeggeri da campo scuola, da Giubileo, da GMG, ma nella felicità duratura di chi sa per chi e per cosa vive.
È questa la sfida: mostrare che la fedeltà al cammino, anche quando costa, è la strada verso la gioia piena. Abbiamo bisogno, come ha sempre fatto Pier Giorgio, di portare sui nostri volti la luce di chi sa di essere stato salvato. Di chi ha scoperto che la vita è bello giocarsela tutta, perché, come diceva Pier Giorgio, occorre «Vivere, non vivacchiare».
Durante il Giubileo dei Giovani, presso la chiesa di Santa Maria sopra Minerva (piazza della Minerva, 42) sarà possibile far visita al Beato Pier Giorgio Frassati che il 7 settembre prossimo sarà canonizzato.
Il corpo di Frassati sarà presente dal 26 luglio al 4 agosto al presso la chiesa di Santa Maria sopra Minerva. La chiesa sarà aperta tutti i giorni dalle ore 8.00 alle ore 20.00.
Sabato 26, alle ore 18.00, messa solenne per l’arrivo delle spoglie mortali di Frassati presieduta da S.Em. Card. Baldassarre Reina, Vicario della Diocesi di Roma.