Reti oncologiche: a che punto siamo?

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Agenas ha organizzato un incontro a Roma per presentare lo stato di attuazione delle reti oncologiche regionali, entrando soprattutto nel merito dei programmi di screening oncologico 

Contro il cancro si vince giocando in squadra. Non è l’ennesima frase motivazionale o uno spot pubblicitario di grido, bensì una sintesi del lavoro che si realizza nel contesto di una rete oncologica, che comprenda figure professionali di ambiti differenti, sapientemente coordinate per gestire la presa in carico dei malati oncologici. Alla fine dello scorso mese di maggio Agenas ha organizzato a Roma l’evento “Lo stato di attuazione delle Reti oncologiche”, una preziosa occasione per un confronto tra i vari stakeholder del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) su un tema di estrema rilevanza nazionale: l’approccio condiviso e integrato alla gestione dell’oncologia su scala nazionale.

Ad aprire i lavori è stata la dott.ssa Manuela Tamburo De Bella, Responsabile dell’U.O.S. Reti Cliniche Ospedaliere e Monitoraggio DM70/15 presso Agenas, che ha contribuito ad elaborare la sesta indagine sullo stato di salute delle Reti Oncologiche Regionali. In particolare, con questo termine si fa riferimento al più conosciuto modello organizzativo funzionale sul territorio nazionale - cioè quello della Rete - a cui è affidato il compito di garantire l’ottimizzazione della presa in carico in termini di percorso, processo ed esito per ciascuna patologia oncologica; le Reti si avvalgono, infatti, di strumenti tecnici ed organizzativi a garanzia di un efficace percorso condiviso, svolgendo un’attività in coordinamento funzionale che vede impegnate tanto le Regioni quanto i professionisti.

Le rilevazioni che hanno condotto alla stesura del documento diffuso da Agenas sono parte degli incarichi assegnati all’Osservatorio per il Monitoraggio delle Reti Oncologiche Regionali - di cui la dottoressa Tamburo De Bella è coordinatrice - istituito presso Agenas sulla base dell’accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2019. Tra le principali funzioni dell’Osservatorio rientrano appunto il monitoraggio e la valutazione dello stato di salute delle reti, la consulenza tecnica su aspetti cruciali del lavoro da svolgere, la formazione e la diffusione di informazioni utili. Perciò l’attività dell’Osservatorio fa riferimento a una serie di documenti approvati che forniscono precise indicazioni per il collegamento sistematico tra il livello programmatorio regionale, quello organizzativo dei Nodi di Rete e le Aziende Sanitarie, oltre a sostenere l’utilizzo di strumenti di verifica sistematicamente applicati e confrontabili a livello nazionale. 

L’indagine ha compreso aree valutative di contesto, processo e governance sulle quali è stato definito e riportato un Indice Sintetico Complessivo di Valutazione (ISCO) con approfondimenti dedicati ad alcune tematiche indicanti i risultati e le eventuali proposte di miglioramento. L’opera di monitoraggio ha dunque avuto inizio con un questionario, somministrato on line ai referenti delle Regioni tramite il sito di Agenas, ed è proseguita con il calcolo di indicatori riguardanti le sette patologie oncologiche più diffuse (mammella, colon, retto, polmone, prostata, ovaio ed utero). Tali indicatori sono riferiti al livello di presa in carico da parte di strutture della Rete, ai temi di attesa e agli indici di bacino (vale a dire la percentuale di prestazioni ambulatoriali e ospedaliere di chemioterapia e radioterapia erogate ai pazienti entro i 60 minuti o 100 km di percorrenza dal luogo di residenza, sul totale delle prestazioni ambulatoriali e ospedaliere per area territoriale di residenza).

Un lavoro scrupoloso e metodico che ha portato una serie di informazioni utili per una valutazione qualitativa e quantitativa da cui si evince come risultino avere una performance migliore in termini di esiti quelle Regioni dove la rete è stata ben strutturata ed è da tempo operativa, in modo da definire processi, meccanismi operativi, coordinamento dei centri, definizione dei PDTA condivisi e organizzazione di strutture e personale. In particolare gli esperti hanno rilevato una crescita rispetto al 2022 per alcune Regioni (Campania, Umbria, Abruzzo, Puglia, Friuli-Venezia Giulia) che, essendo partite da una riorganizzazione della rete, stanno mostrando un crescente impatto favorevole sugli esiti; tuttavia rimangono da supportare nella definizione della rete e nella sua successiva attuazione alcune Regioni (Calabria, Molise, Marche, Basilicata e Sardegna) in cui appaiono evidenti i margini di miglioramento dei processi di base di implementazione della rete.

Un argomento di interesse condiviso per i referenti del Ministero, delle Regioni, delle Aziende sanitarie, delle Associazioni dei cittadini e dei pazienti nonché dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali è stato quello degli screening oncologici per la prevenzione dei tumori della mammella, del colon-retto e della cervice uterina. I programmi di screening nascono, infatti, dall’opportunità di prevenire l’insorgenza dei tumori prima che si manifestino clinicamente (è il concetto di “prevenzione secondaria” che differisce da quello di “prevenzione primaria”, intesa come l’adozione di uno stile di vita sano e corretto); il carburante che tiene in moto i programmi di screening è la capillare divulgazione su tutto il territorio di un’informazione accorta circa l’importanza per alcune fasce di cittadini di sottoporsi ad analisi non invasive che lo Stato offre gratuitamente nell’ottica di prevenire l’insorgenza del tumore, anticipando i tempi della diagnosi in un’ottica di miglioramento del percorso terapeutico: ciò permette una più elevata qualità di vita alla persona e consente di ridurre l’impatto sanitario ed economico di malattie ancora troppo diffuse sul territorio.

Rientra tra i compiti della Rete Oncologica quello di promuovere e contribuire a realizzare i programmi di prevenzione secondaria per la diagnosi precoce dei tumori rientranti nei 3 screening oncologici attualmente previsti dai LEA (mammella, colon, cervice uterina): ciò è possibile realizzando quanto previsto dagli atti programmatici regionali, in attuazione degli obiettivi e delle linee strategiche previste dal Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025 e dal Piano Oncologico Nazionale 2023-2027. Purtroppo, uno dei problemi da affrontare è il calo dei livelli di adesione agli screening, iniziato ben prima della pandemia da Covid-19 e accentuatosi durante quel periodo di grave difficoltà non solo per il nostro Paese ma per tutto il mondo.

Per quanto riguarda, infatti, il tumore della mammella, il Rapporto di Agenas individua forti criticità in relazione a Regioni come Basilicata, Calabria, Sardegna e Valle D’Aosta. Nel 2023, l’adesione grezza media all’invito allo screening è stata pari al 50%, più alta nelle regioni del Nord (60%), in linea con la media nelle regioni del Centro (48%), più bassa nel Sud e Isole (37%). Confrontando i dati con quelli dell’Osservatorio nazionale screening nel 2019 - anno pre-Covid, in cui il valore dell’adesione grezza si attestava al 53,7% - si nota un lieve peggioramento, ciò forse dovuto ad un ancora incompleto recupero delle prestazioni. Inoltre, per quanto riguarda l’invio a screening di I a II livello la percentuale dei falsi sospetti potrebbe essere ulteriormente migliorata, attraverso la più ampia diffusione della tomosintesi: ciò ridurrebbe esami ripetuti con ricadute in termini di spesa sanitaria e di distress per le pazienti.

Nel caso del tumore del colon-retto l’adesione all’invito a livello nazionale era mediamente intorno al 32% risultando maggiore al Nord (42%), intermedia al Centro (28%) e inferiore nel Sud e Isole (18%). Anche in questo caso il confronto con i dati del 2019, il cui valore dell’adesione si attestava al 40%, denota un peggioramento. Infine, per ciò che riguarda il tumore della cervice uterina, l’adesione media allo screening è stata complessivamente pari al 38%, con valori più bassi al Sud e Isole (29%) rispetto alle altre zone della penisola; tuttavia le percentuali di adesione appaiono in linea con quelle del 2019. I margini di miglioramento sono dunque molto ampi, specie nel Sud Italia dove l’adesione ai programmi di screening oncologico può e deve crescere sensibilmente.

In ultima analisi l’indagine Agenas ha esaminato i dati relativi all’anno 2024, registrando come complessivamente nel caso dello screening per il tumore alla mammella l’estensione sia stata del 95%, a fronte di un’adesione solo del 49%, maggiore al Nord-Italia (55%), seguito dal Centro (47%) e Sud-Italia e isole (36%). Sempre nel 2024 l’estensione nazionale allo screening della colon-retto è stata del 96%, mentre l’adesione è stata solo del 32%: anche in tal caso il trend è uguale a quello del tumore alla mammella, con il Nord-Italia al 42%, seguito dal Centro (29%) e dal Sud-Italia e dalle isole (15%): quest’ultimo dato riguardante il Sud-Italia risulta nettamente inferiore rispetto al target dell’indicatore del P15Cc del NSG che deve essere ≥ 25%. Per concludere, l’estensione allo screening della cervice uterina è stata del 101% (legata probabilmente all’inclusione di una fascia di età allargata), con un’adesione solo del 41%. La suddivisione per aree geografiche rispecchia le due precedenti.

Gli screening oncologici sono uno strumento indispensabile nella lotta ai tumori e pertanto occorre perseguire uno sforzo plurale da parte di tutti - medici, amministratori, professionisti e rappresentanti del Ministero della Salute nonché dalle associazioni e dai pazienti stessi - per incoraggiare l’adesione dei cittadini. Non unicamente per un interesse personale ma anche in un quadro di sostegno generale al Servizio Sanitario Nazionale, oggi sempre più in difficoltà.

Recapiti
info@osservatoriomalattierare.it (Enrico Orzes)