Frammenti volontari: giovani SCU con IBO Italia

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Da oggi otto appuntamenti con le testimonianze raccolte

da IBO Italia dai giovani cooperanti SCU

Da oggi per otto appuntamenti. Pubblichiamo i racconti dei volontari del Servizio Civile Universale con IBO Italia, che ha edito la raccolta “Frammenti Volontari”, grazie al lavoro di Alessandro Caselli, giovane volontario ESC (European Solidarity Corps).

La prima testimonianza di Laura si colloca nella piccola città di El Tejar, Guatemala. Laura ha vissuto l’esperienza di Servizio Civile con l’organizzazione FUNDIT, che dal 1995 porta avanti un importante progetto educativo attraverso il centro CEDIN. In questa scuola d’infanzia, unica nel suo genere nella regione, Laura ha lavorato coi bambini per garantir loro percorsi educativi di qualità, basati sul gioco e sulla scoperta.

La seguente testimonianza racconta un’esperienza presso questa realtà, dove l’educazione diventa strumento concreto di riscatto sociale e proiezione sul futuro della comunità, ma che si rivela anche essere un segno profondo su chi l’ha vissuta.

“L’aereo è appena atterrato. Romeo dovrebbe aspettarci in macchina da almeno un’ora. Il viaggio è stato davvero lungo: troppo tempo passato seduta a riflettere su quello che sarà, ma poco per farmi un’idea della persona che ho di fianco, il mio “compagno di viaggio”. Nella pagina del mio diario dal titolo “Dìa 18” ho elencato una serie di aggettivi per descriverlo: criptico, anaffettivo, freddo, acido, fastidioso, dittatore. Ho dimenticato di aggiungere “uguale a me”.

La ciudad al buio ha un fascino particolare: non conosco ancora nulla di questa terra, ma dai finestrini oscurati del vecchio taxi di Romeo si percepisce un sottile velo fatto di mistero e insicurezza. La mia testa si riempie di pensieri e voci circa la pericolosità del paese e ad un tratto tutti gli avvertimenti ricevuti creano un’eco chiassosa nella mia mente. Le strade principali sono semi-deserte e le poche luci vengono dai grandi centri commerciali e dai fast food allineati l’uno accanto all’altro, quasi a sottolineare il tentativo di riprodurre le città americane. Sulla corsia opposta sfrecciano grandi autobus coloratissimi e stracolmi di persone, che lasciano dietro di sé una scia di smog che toglie il respiro. Più ci allontaniamo e più la capitale appare come una distesa infinita di minuscole luci. Al nostro arrivo, El Tejar sembra svuotata, nessuno cammina per strada, tutto tace; sono solo le nove di sera e già la città dorme.

La pagina “Dìa 2” del mio diario inizia con: “Non c’è altro luogo al mondo dove vorrei essere in questo momento”. È appena trascorso il primo giorno di lavoro al CEDIN e, per una volta nella vita, percepisco che questo è il mio posto nel mondo, che desidero essere qui e solo qui e soprattutto io, oggi, sono felice. Mi sento ricca perché ho provato più emozioni in una giornata come questa che in mesi nella quotidianità.

I bambini sono fantastici, così spontanei e allegri da riempirti il cuore di gioia. Ti saltano al collo appena arrivi a scuola e piangono a fine mattinata quando è il momento di tornare a casa. Ciò che colpisce fin da subito è la loro educazione: mai una parola scortese o fuori luogo, mai gesti irrispettosi. La loro purezza è disarmante. Col passare dei giorni ho capito che non puoi essere di cattivo umore qui; i loro sorrisi e i loro abbracci sono la cura di ogni cosa negativa e riescono a scacciare via i cattivi pensieri e la pesantezza della realtà che hai lasciato in Italia.

Inizio a sentirmi viva e libera. Inizio ad abituarmi a questo luogo e a sentirlo un po’ “mio”. Il Centro-America lo immaginavo esattamente così: i luoghi, la cortesia delle persone, gli scorci, i colori, la gioia e l’allegria contagiose. Ogni mattina per strada tutte le persone ti augurano buenos dias e i bambini ti ricordano la semplicità delle cose e l’importanza di un abbraccio.

È sicuramente un paese ricco di contraddizioni e particolarità: gente molto povera o molto ricca, una corruzione dilagante, criminalità e insicurezza, scarsa considerazione verso le donne e una presenza quasi ossessiva di Dio in ogni aspetto della vita quotidiana. Le persone sostengono che il Guatemala sta affrontando un momento molto difficile della sua storia, con un governo che è il più corrotto che si sia mai visto e una presenza statunitense che detta legge in ogni ambito. Tuttavia, parlare con i guatemaltechi delle tradizioni, della cultura e di ogni aspetto della loro vita è estremamente affascinante. Ogni persona che incontro ha qualcosa da darmi, un piccolo tassello che arricchisce il mio bagaglio.

I giorni se ne vanno via veloci, uno diverso dall’altro. Sulla “Lonely Planet” abbiamo segnato tutti i luoghi che vogliamo visitare, un vero e proprio “on the road” con lo zaino in spalla: Antigua, le piramidi maya di Tikal, il Rio Dulce, Livingston, le cascate di Semuc Champey, il Lago Atitlan, il mercato di Chichicastenango e magari la Capitale, in occasione della manifestazione contro la corruzione del governo. Sono luoghi talmente belli da lasciarti senza fiato, dove una natura incontaminata fa da cornice a tramonti unici. Ogni cosa che vedo e che faccio, ogni momento che vivo, ogni sguardo che incrocio rimarranno per sempre impressi nel mio cuore.

In questo mare di emozioni, la presenza del mio “compagno di viaggio” è fondamentale: lavoriamo insieme, viviamo insieme, viaggiamo insieme, ci apprezziamo e a volte ci odiamo per essere così estremamente simili. È il mio specchio, in lui rivedo i miei difetti, la mia insicurezza, la mia curiosità e la mia voglia di riprendermi in mano la vita. Grazie a lui so da dove ripartire. Perché in questo viaggio intercontinentale, il percorso più lungo e tortuoso lo sto facendo dentro di me.

Ogni ritorno porta con sé ricordi, ma soprattutto bilanci: ho imparato che non c’è nulla di più bello che viaggiare, partire per mettersi in discussione e ricominciare da quelle poche certezze che si hanno, con la consapevolezza di aver tanto da imparare dagli altri e da migliorare. È meraviglioso scoprire il mondo, perché a mano a mano si impara a conoscere anche sé stessi. Ho capito anche che non importa conoscere alla perfezione lo spagnolo o avere la stessa cultura: se sei in grado di comunicare con la “lingua” del cuore tutti riescono a capirti. Quei bambini mi mancheranno da morire. Questo campo di lavoro e solidarietà mi ha arricchita, stupita, meravigliata, resa felice.

Sull’aereo diretto a Venezia porto con me 24kg di ricordi e la certezza che sarà un arrivederci.”

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