Le prospettive di sviluppo dell'economia meridionale - Banca d'Italia - Format Research

Compatibilità
Salva(0)
Condividi

 23 luglio 2025

Le prospettive di sviluppo dell’economia meridionale – Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers)

L’economia meridionale è tornata a crescere a tassi superiori a quelli del Centro Nord

Dopo un lungo periodo di divergenza, nell’ultimo quinquennio l’economia meridionale è tornata a crescere a tassi superiori a quelli del Centro Nord, grazie all’incremento della produttività del lavoro e, soprattutto, alla rilevante espansione dell’occupazione.

Il ruolo delle costruzioni

La crescita è stata particolarmente forte nelle costruzioni, che hanno beneficiato dei generosi incentivi per la riqualificazione edilizia, e nei servizi con una prevalente componente pubblica (soprattutto sanità e istruzione), riflettendo il forte aumento della spesa e l’allentamento dei vincoli di bilancio per l’assunzione di nuovo personale. Segnali positivi sono però giunti anche dai servizi privati, in particolare quelli dell’informazione e della comunicazione (ICT) e quelli professionali, che sono cresciuti soprattutto nelle principali aree urbane, sostenuti anche dalla disponibilità di laureati con adeguate competenze a salari più contenuti rispetto al Centro Nord.

Segnali di rafforzamento del tessuto produttivo

La ripresa economica ha coinciso con alcuni segnali di rafforzamento del tessuto produttivo e delle condizioni di contesto in cui le imprese operano. A fronte di una limitata riallocazione del fattore lavoro verso le imprese di maggiore dimensione, sono migliorate le condizioni economico-finanziarie delle imprese. Sono stati registrati inoltre progressi nel contesto istituzionale, soprattutto con riferimento al funzionamento della giustizia civile e agli indicatori relativi alla capacità ed efficienza amministrativa.

Il divario in termini di reddito pro capite con il Centro Nord

Il divario in termini di reddito pro capite con il Centro Nord resta tuttavia eccezionalmente ampio; vi contribuiscono la minore produttività e, soprattutto, il tasso di occupazione, tra i più bassi d’Europa. Le politiche finalizzate alla riduzione dei divari territoriali in Italia dovrebbero quindi dare priorità all’incremento occupazionale nelle regioni meridionali. Si tratta di una sfida ambiziosa, perché richiede il coinvolgimento di ampie fasce di popolazione con scarse competenze ed esperienza lavorativa.

L’espansione occupazionale nei settori ad alta intensità di conoscenza

Secondo le nostre stime, politiche che sostengano l’espansione occupazionale nei settori ad alta intensità di conoscenza sono capaci di generare esternalità positive e attivare indirettamente i lavoratori meno qualificati, senza deprimere al contempo i livelli di produttività dell’area. Ad esempio, un occupato aggiuntivo nei servizi ICT genera in media cinque posti di lavoro nel resto del settore privato e si associa anche a un moderato aumento della produttività del lavoro aggregata1 . Per confronto, un addetto in più nel comparto dell’alloggio e della ristorazione avrebbe effetti occupazionali di entità comparabile, ma si assocerebbe a una lieve diminuzione della produttività media.

Incremento occupazionale

L’incremento occupazionale andrà inoltre accompagnato ad un adeguamento dello stock di capitale disponibile, affinché esso non si traduca in un deterioramento del rapporto tra capitale e lavoro e in un ulteriore ampliamento dei divari di produttività con il Centro Nord. Nostre stime indicano che un aumento del tasso di occupazione nel Mezzogiorno di 10 punti percentuali entro il 2030 richiederebbe, per mantenere la produttività del lavoro dell’area invariata, un incremento dello stock di capitale nell’ordine di 210 miliardi.

Il miglioramento delle condizioni di contesto, il rafforzamento economico e finanziario delle imprese e alcuni interventi di policy volti a sostenere l’iniziativa d’impresa nel Mezzogiorno potranno favorire il necessario rafforzamento degli investimenti privati. A questo si aggiungono ingenti risorse pubbliche già stanziate per la spesa in conto capitale, che dovranno essere impiegate al meglio, selezionando i progetti a più elevato impatto.

Il resto del lavoro è organizzato come segue. Nella Sezione 2 si descrivono le dinamiche congiunturali più recenti. La Sezione 3 analizza le principali mutazioni della struttura produttiva del Mezzogiorno e delle condizioni di contesto in cui operano le imprese. La Sezione 4 chiude il documento con alcune considerazioni sulle prospettive di sviluppo dell’economia meridionale.

La congiuntura recente

Secondo i conti territoriali dell’Istat, il PIL del Mezzogiorno è aumentato del 2,7 per cento tra il 2014 e il 2019, meno della metà rispetto al Centro Nord (5,8 per cento). In termini pro capite il differenziale di crescita è risultato meno marcato solo per effetto della significativa riduzione della popolazione meridionale.

Tra il 2019 e il 2023 il PIL del Mezzogiorno è invece aumentato del 6,7 per cento, segnando una crescita di due punti e mezzo superiore a quella del resto del Paese (Figura 1). Il PIL pro capite delle regioni meridionali è cresciuto in termini reali del 9 per cento, quasi il doppio di quanto registrato al Centro Nord.

Il contributo della produttività del lavoro è stato simile tra le macroaree, mentre l’espansione del tasso di occupazione ha fornito un supporto significativo alla crescita del reddito pro capite nelle regioni meridionali (Figura 2); la contrazione della popolazione in età da lavoro ha sottratto quasi due punti percentuali alla dinamica complessiva del PIL per abitante meridionale.

(Foto da Pexels)

Recapiti
redazione