30 Luglio 2025 – Il nuovo assetto operativo del cosiddetto “modello Albania” è un dispositivo di “detenzione amministrativa transnazionale a bassa trasparenza e ad alto potenziale lesivo dei diritti fondamentali”. Lo denuncia il nuovo report del Tavolo asilo e immigrazione (Tai), intitolato Ferite di confine, che documenta la nuova fase operativa del Protocollo Italia-Albania, con un focus sui trasferimenti coatti nel centro di Gjader, convertito di recente in Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr), aggiungendosi così agli 11 già esistenti sul territorio italiano.
Secondo quanto ricostruito dalle 47 organizzazioni aderenti al Tai – tra cui Amnesty International, Emergency, Caritas italiana, Fondazione Migrantes, Medici per i Diritti Umani, Save the Children, Arci e molte altre – il trasferimento di persone migranti già trattenute nei Cpr italiani verso la struttura albanese è avvenuto finora senza alcun provvedimento scritto e motivato. Le persone, ammanettate con fascette anche per 20-24 ore, sono state prelevate all’improvviso, spesso di notte, e condotte all’estero senza sapere la destinazione finale. Un’operazione definita nel report “illegittima, disumana e lesiva della dignità”, in aperta violazione della Costituzione e delle norme europee sui rimpatri forzati.
Ma non è solo la procedura a essere criticata. Le condizioni materiali nel centro di Gjader – spiega il Report – aggravano ulteriormente la vulnerabilità dei trattenuti. Le testimonianze raccolte dagli operatori durante le missioni di monitoraggio parlano di isolamento, carenza di mediazione culturale, accesso alle cure e alla tutela legale limitato e forte incidenza di episodi autolesivi. In poco più di un mese, si sono registrati almeno 42 “eventi critici”, di cui 21 episodi di autolesionismo o intenti suicidari.
Il TAI sottolinea anche la “grammatica opaca” con cui viene gestita tutta l’operazione: un blackout informativo che esclude Parlamento, giornalisti e società civile da ogni forma di controllo. Le richieste di accesso agli atti rimangono inevase, i parlamentari in missione ottengono risposte parziali o nulle o comunque, come ha sottolineato al parlamentare Rachele Scarpa, non congruenti con quanto rilevato nelle visite in loco.
Numeri alla mano, l’intera operazione – finora costata circa 800 milioni di euro in cinque anni – ha prodotto, al momento del Report, il trasferimento di appena 132 persone, con soli 32 rimpatri effettivi.
In sintesi, secondo il Tai, da un punto di vista giuridico, sono 3 le principali questioni confermate dal nuovo Report:
- il trasferimento e trattenimento coattivo senza provvedimento giudiziario e senza comunicazione della motivazione.
- l’enorme affievolimento o non esercitabilità dei diritti delle persone trattenute, anche se formalmente vigenti.
- la non conformità con la normativa Ue, anche quella “in cantiere”, prevista nel Patto per la migrazione e l’asilo.
Alla luce delle gravi violazioni documentate, il Tavolo asilo e immigrazione chiede la sospensione immediata dei trasferimenti, la cancellazione del Protocollo con l’Albania e l’apertura di un’inchiesta indipendente sul funzionamento del centro di Gjader.