Osservarsi e non sentirsi completamente soddisfatti della propria immagine è piuttosto comune. Tuttavia, oggi sempre più frequentemente ci si affida alla medicina estetica, spesso per rincorrere ideali di bellezza, che sfuggono sui media e social. E lo si fa sempre prima: i ritocchi conquistano la Generazione Z e persino la Alpha, ovvero i giovanissimi nati dopo il 2010. La preoccupazione eccessiva per un ipotetico “difetto”, magari minimo o addirittura invisibile agli occhi degli altri, può essere la spia di un vero disturbo da dismorfismo corporeo. La ricerca scientifica spiega il ruolo centrale delle credenze e delle narrazioni del sé, nello sviluppo di forme di dismorfismo corporeo. Ne parliamo con la Dott.ssa Antonella Tramacere, ricercatrice del Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi Roma Tre e relatrice di I.C.O.N.S. “Muoversi verso la Pace”.
La moda e la tentazione della medicina estetica
Il valore del mercato nazionale della medicina estetica è stimato in circa 160 milioni di euro, dalla SIME Società Italiana di Medicina Estetica. Seppure la medicina estetica resti una risorsa fondamentale per preservare l’equilibrio e il benessere, anche grazie a un buon rapporto col proprio corpo, il presidente della SIME Emanuele Bartoletti denuncia una pericolosa moda o tentazione del ritocco, tra giovani e giovanissimi. Pensiamo che in Italia il 40-45% degli interventi estetici riguarda i giovani tra i 19 e i 34 anni. E un’ulteriore analisi indipendente afferma che il 30% degli under 25 si è sottoposto a interventi di chirurgia o medicina estetica.
D’altra parte, la moda per la cura estetica è diventata precocissima, addirittura con feste di compleanno per bambine di 5 anni a base di manicure e trattamenti viso a domicilio. Ma, oltre il “gioco”, il rischio è arrivare presto al botulino: il 51,7% dei professionisti intervistati dalla SIME ha dichiarato che si recano nello studio pazienti minorenni. Per contrastare questo fenomeno, che ha preso il nome di toxic teen generation, in Gran Bretagna dal 2021 sono stati vietati i trattamenti di botulino per i minori di 18 anni. In Italia, sono state invece vietate le protesi al seno per le minorenni, quando l’operazione sia desiderata per solo fine estetico.
I social network hanno una grande responsabilità in queste mode, secondo Bartoletti. Forse, perché diventano per noi uno specchio, che ci rimanda, non solo la nostra immagine, ma anche quella degli altri, spesso distorte da filtri che, in un solo secondo, appiattiscono rughe e modellano addirittura i nostri tratti. Ecco che poi, riguardandosi allo specchio, quello vero, la dolce e concreta realtà del nostro volto e corpo potrebbe non piacerci abbastanza, minando la nostra autostimaIl termine autostima indica, letteralmente, la valutazione d... Leggi. Ma il discorso della relazione possibile tra ruolo dei social e dismorfismo è complesso. E allora, proprio dallo specchio, partiamo con una riflessione insieme alla Dott.ssa Antonella Tramacere. Perché realizzare la nostra felicitàLa felicità rappresenta uno stato emotivo caratterizzato da... Leggi significa renderla reale, concreta, potremmo dire quotidiana, libera dal giogo dei filtri e della perfezione a tutti i costi.
Il nostro cervello allo specchio
Che cosa accade nel nostro cervello quando ci guardiamo allo specchio? Le neuroscienzeIl cervello umano è una delle strutture più complesse e af... Leggi cosa ci dicono?
Lo specchio è sempre stato un oggetto molto particolare per l’essere umano, perché è foriero di tantissime risposte emotive: fascinazione, curiositàLa curiosità è un'emozione fondamentale che si manifesta c... Leggi, ma anche terrore. Una ragione è che noi, in base alla nostra anatomia, non siamo abituati a vedere il nostro volto direttamente. Al massimo, possiamo specchiarci negli occhi degli altri. Prima che lo specchio, per come lo conosciamo oggi, si diffondesse nella nostra società, gli umani probabilmente si osservavano nei laghi o su altre superfici metalliche.
Il mito di Dioniso ci dice proprio che già allora, quando lo specchio ancora non esisteva, c’era la percezione del potenziale ambiguo e pericoloso dello specchio. Lo specchio ci offre infatti un nuovo strumento di conoscenza, ma ci tende anche delle trappole: si può rimanere ossessionati con il proprio riflesso, vi si può affogare dentro, si può naufragare nelle difficoltà del rapporto che lega noi all’ immagine di noi stessi. Oggi le neuroscienze confermano quello che la filosofia e la psicologia da tanto tempo hanno teorizzato: l’incontro con la nostra immagine allo specchio è un incontro con l’altro da sé.
Nello specchiarsi, l’essere umano impara (perché il riconoscersi allo specchio non è un processo automatico, ma il risultato di un apprendimentoIl termine apprendimento - con i sinonimi imparare, assimila... Leggi) a percepirsi dall’esterno, a oggettivarsi. E questo processo di oggettivazione, per quanto sia una capacità cognitiva molto rilevante per la vita umana, è anche una potenziale trappola. Perché implica la consapevolezza di vedersi dall’esterno e di percepirsi come gli altri ci percepiscono. In questa consapevolezza si nasconde la pauraLa paura è un’emozione primaria che si attiva in risposta... Leggi del paragone con gli altri, di vedersi in un modo che non si conforma ai nostri desideri, a come ci vorremmo, o alle aspettative della società, a come dunque ci vorrebbero gli altri.
Oggi le neuroscienze ci dicono che il nostro cervello ci permette di percepire l’altro, il viso dell’altro, il corpo dell’altro, i sorrisi, le emozioniLe emozioni sono risposte psicofisiologiche complesse che ci... Leggi dell’altro, come se fossero parzialmente le nostre. Questo ce l’ha insegnato la scoperta dei neuroni specchioI neuroni specchio rappresentano una delle scoperte più imp... Leggi, su cui ho lavorato sin dall’inizio della mia carriera. I neuroni specchio, una grandissima scoperta che ha rivoluzionato il nostro modo di concepire la mente, ci dicono questo: quando percepiamo qualcun altro sorridere, in noi si attivano una serie di meccanismi neurofisiologici di rispecchiamento, che ci permettono di partecipare al sorrisoIl sorriso è un’espressione universale, presente in tutte... Leggi e alle emozioni dell’altro.
La mia ricerca si focalizza sul ribattimento di questa prospettiva. Quando noi percepiamo noi stessi allo specchio, stiamo risuonando con noi stessi. Stiamo percependo la nostra immagine allo specchio come se fosse parzialmente altro da noi. E di conseguenza si possono instaurare diversi meccanismi di rispecchiamento con noi stessi. Meccanismi che sfuggono alla nostra coscienza, al nostro controllo e alla nostra conoscenza diretta.
Queste scoperte costituiscono il punto di partenza, non solo della mia riflessione teorica, ma anche di una sorta di archeologia, un’indagine storico-filosofica della propria identità, che può essere fatta al fine di comprendere i significati che sono presenti e sedimentati fra noi e il nostro riflesso.
Il dismorfismo corporeo
Cos’è il dismorfismo corporeo e qual è la sua diffusione?
Io non sono una psicologa, ma una filosofa della psicologia. Quindi la mia ricerca si nutre dei dati sui disturbi del sé, come il dismorfismo corporeo. Per la mia riflessione, il dismorfismo corporeo è interessante perché è un disturbo che, come dice la parola stessa, deriva da dys ,“alterato” o “non normale”, e morphé, ovvero “forma” o “struttura”, quindi si riferisce a una “distorsione” o “alterazione” percepita del proprio aspetto. Le persone che sono affette da questo disordine hanno paura di vedersi brutti, deformi, in un modo che altre persone non percepirebbero. Vedono delle deformità, dove molto probabilmente queste deformità non ci sono.
È interessante notare che oggi questo disordine colpisce un numero sempre crescente di persone. Parlando del disordine psicopatologico grave, si tratta di almeno una percentuale che va dal 3 al 6% della popolazione. Però, se consideriamo anche forme più lievi (le cosiddette preoccupazioni dismorfobiche che, pur essendo diffuse, non raggiungono necessariamente i criteri diagnostici per il disturbo), queste colpiscono un numero molto più alto di persone e che, in base a diverse ricerche, può coinvolgere dal 10 al 20% della popolazione: tantissimo.
Nella dismorfia le persone, non solo si vedono brutte, deformi, in modi che non rispecchiano come gli altri le percepiscono, ma possono presentare altri sintomi, comportamenti e abitudini. Spesso passano ore davanti allo specchio, a controllare le loro presunte deformità e bruttezze. Cercano di provare escamotage o strategie per nascondere o camuffare le parti del corpo che percepiscono come sbagliate o inaccettabili. In alcuni casi, essi possono anche sviluppare atteggiamenti aggressivi e violenti nei confronti di queste parti del proprio corpo. Possono cominciare a sognare o mettere in atto tentativi di sabotaggio e lesione. Nei casi più gravi, queste persone possono arrivare a tagliarsi, a toccare compulsivamente puntini, parti del corpo, schiacciare punti neri, brufoli, piccole imperfezioni, tanto da ferirsi in modo potenzialmente pericoloso.
Ecco, questo tipo di fenomeni chiama in causa non solo il lavoro cruciale della psicologia clinica, ma anche della filosofia che può fornire spunti utili nel capire perché non ci piacciamo e quali sono le dimensioni dell’io implicate in questo processo.
Dismorfismo e adolescenza
Il dismorfismo corporeo ha un impatto maggiore in alcune fasce di popolazione o in alcune fasi specifiche della vita?
So che la ricerca si è concentrata moltissimo sugli adolescenti. Non perché gli adolescenti siano gli unici a mostrare questo tipo di disturbi o preoccupazioni. Il concentrarsi sulla fase adolescenziale dipende dal fatto che molto spesso è l’adolescenza il periodo in cui questo tipo di problemi emerge. Inizialmente, si pensava che le preoccupazioni per il proprio aspetto riguardassero solo gli adolescenti e soprattutto le ragazze. Oggi si sa che anche i ragazzi sono molto colpiti e vulnerabili al dismorfismo e che anche le persone adulte lo sono.
L’adolescenza è un periodo molto delicato della vita, in cui non solo ci sono vari sconvolgimenti fisici e ormonali ma c’è anche il desiderio di arrivare a un’indipendenza dalla famiglia, dove di norma ci si sente accolti e accettati. E di arrivare a essere integrati nel mondo esterno, attraverso meccanismi che potrebbero tradursi in conformismo, dove le dinamiche sociali sono più complesse e la competizione e lo stressCos’è lo stress? Dal punto di vista clinico, lo stress è... Leggi per raggiungere l’accettazione sono più alti.
Dismorfismo e alimentazione
Come si relaziona il dismorfismo corporeo con i disturbi dell’alimentazioneLa vita non conosce pause: in ogni essere vivente le funzion... Leggi?
Anche qui, riporto i risultati ottenuti da colleghi e colleghe impegnati sul campo, su cui vi ragiono come filosofa, nonostante non sia impegnata direttamente nella ricerca clinica. Nei casi gravi il dismorfismo è spesso connesso con disturbi alimentari. Le persone che sono molto attente e preoccupate per il proprio corpo molto spesso hanno disturbi alimentari: mangiano troppo o troppo poco, oppure sono ortoressici e tendono a controllare in maniera eccessiva quello che mangiano, sviluppando un rapporto patologico con il cibo.
Gli esperti dicono che notare delle problematiche a livello alimentare può spesso costituire un segnale di un disturbo dismorfobico o comunque un disagio che riguarda l’immagine di sé. È pure vero che le cose possono essere indipendenti l’una dall’altra. L’impressione è che il disturbo dismorfofobico non sia mai isolato. Molto spesso è la punta di un iceberg di disagi che riguardano altre dimensioni della persona e che andrebbero approfonditi. Non è un disturbo che riguarda semplicemente l’apparenza, il proprio corpo o la percezione di sé: è qualcosa che è connesso a dimensioni più profonde dell’essere umano.
Dismorfismo e relazioni
Il dismorfismo corporeo può influire sulle relazioni e sulla socialitàLa socialità, in senso lato, si riferisce alla capacità de... Leggi?
Questo disturbo molto spesso ha conseguenze nei rapporti interpersonali e in come le persone riescono a navigare il loro ambiente sociale e questo mostra come la formazione dell’identità sia radicata nei processi di sviluppo sociale. Le persone con con dismorfie corporee faticano a uscire di casa, a concentrarsi su