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Accertati errori medici e omissioni nella gestione post-operatoria: riconosciuto un risarcimento di 130.000 euro agli eredi di un paziente deceduto
Con la sentenza n. 672/2025, il Tribunale di Pisa ha riconosciuto la responsabilità contrattuale di due strutture sanitarie toscane per il danno subito da un paziente di 78 anni, deceduto nel giugno 2020 dopo un lungo e travagliato iter clinico. Le due aziende coinvolte, l’Azienda USL Toscana Nord-Ovest e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, sono state condannate in solido al pagamento complessivo di € 130.000,00 (oltre rivalutazione, interessi e spese), a favore degli eredi del paziente, a titolo di risarcimento per danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in vita.
Il caso trae origine da un ricovero avvenuto all’inizio del 2019 per un’occlusione intestinale, a seguito del quale il paziente venne sottoposto a una serie di interventi chirurgici presso l’Ospedale Versilia, riportando numerose complicazioni, tra cui una lesione iatrogena prevedibile e prevenibile, che generò un quadro di peritonite. Successivamente, vennero effettuati ulteriori interventi che, secondo i consulenti d’ufficio, erano non allineati alle linee guida né alla miglior pratica medica, con scelte chirurgiche discutibili fatte in momenti chiave del percorso terapeutico. Al paziente non fu inoltre garantita una gestione nutrizionale adeguata e, soprattutto, non venne eseguito tempestivamente un intervento di ricanalizzazione dell’apparato intestinale, nonostante la situazione clinica lo rendesse necessario da tempo.
Pur non essendo stato possibile accertare con certezza un nesso causale diretto tra queste condotte e il decesso, il Tribunale ha riconosciuto che esse hanno inciso in modo significativo sulle condizioni di vita residue del paziente. In particolare, è stato accertato che le strutture sanitarie, a causa della tempestività e inadeguatezza degli interventi, abbiano privato il paziente di elevate possibilità di guarigione, stimate dai consulenti in una perdita di chance pari al 40%. La Corte ha chiarito che tale perdita costituisce un danno concreto e attuale, risarcibile in quanto ha inciso sulla possibilità effettiva di evitare un decorso tanto complesso e un esito fatale.
È stato inoltre riconosciuto un lungo periodo di invalidità temporanea – assoluta per 143 giorni e parziale per oltre un anno – durante il quale il paziente visse in condizioni gravemente compromesse. Tali condizioni, secondo quanto riferito dai testimoni e confermato dalle perizie, si riflettevano in uno stato di malnutrizione, affaticamento fisico e compromissione della qualità della vita, fino al decesso avvenuto nel giugno 2020.
La sentenza ha liquidato € 92.000,00 per il danno da perdita di chance e € 38.000,00 per invalidità temporanea, entrambi spettanti agli eredi, trattandosi di danni patiti dal paziente in vita. Il Tribunale ha inoltre evidenziato che, pur in assenza di un collegamento diretto e immediato tra la condotta inadempiente e l’evento morte, l’insieme delle omissioni e delle scelte cliniche errate, ha avuto un ruolo concausale significativo nel peggioramento delle condizioni generali del paziente.
La decisione si segnala per la sua rilevanza non solo clinica, ma anche giuridica, consolidando l’orientamento ormai costante della giurisprudenza in tema di responsabilità contrattuale: “La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose”.
Emerge in questo caso la valorizzazione della perdita di chance come categoria autonoma di danno risarcibile, alla luce dei più recenti arresti della Corte di Cassazione. Il concetto di chance viene inteso come concreta ed effettiva possibilità di conseguire un determinato risultato – in questo caso, la guarigione o il miglioramento delle condizioni di salute – la cui compromissione, quando adeguatamente provata, può legittimare un risarcimento significativo.
Lo Studio Legale Chiarini, che ha patrocinato gli eredi nel procedimento, accoglie con favore la sentenza, che rappresenta un’importante conferma della centralità del paziente e dei suoi diritti nel rapporto con il sistema sanitario. Pur non escludendo la possibilità di ricorrere in appello per una più piena valorizzazione del danno subito, lo Studio ritiene che il caso offra spunti di riflessione sia per gli operatori del diritto che per i professionisti della salute. La vicenda conferma, infatti, quanto sia determinante il rispetto delle linee guida, la tempestività degli interventi e l’approccio multidisciplinare alla gestione dei casi clinici complessi.
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